TEMPIO DI SPES

COLONNE DEL TEMPIO DI SPES

Il Tempio della Speranza, o della Dea Spes, oggi su un lato della chiesa di S. Nicola in Carcere, è uno dei tre tempi contigui posti sul Foro Olitorio, sulla posizione dei templi c'è qualche dubbio, ma non sul tempio dedicato a Giano, che si dice fosse situato "iuxta Theatrum Marcelli", dalla parte del Teatro Marcello, e fu fondato al tempo della I guerra punica.

L'opinione più accreditata, su cui non tutti concordano, è che in posizione centrale ci fosse il Tempio di Giunone Sospita, a sinistra il Tempio di Spes e a destra il Tempio di Giano. Il Tempio di Giunone sarebbe stato il più grande fra i tre templi.

Negli ambienti sotterranei della chiesa, usati in epoca medioevale come cimitero, sono visibili, e visitabili, i podi dei tre templi e i due stretti vicoli che li separavano, nonché delle murature medioevali successive. Sulle basi dei templi, prima del 1000, fu costruita la Chiesa, poi dedicata a San Nicola, nel 1128, chiamata di S. Nicola in Carcere.


I podi dei tre templi sono interrati, ma potrebbero essere scavati e posti alla luce se il Vaticano, che è proprietario del terreno dove sorge la Chiesa di S. Nicola in carcere desse il consenso agli scavi che sarebbero a spese dell'Italia. Purtroppo a tutt'oggi questo consenso non è ancora arrivato.

Nel podio del tempio centrale sono presenti piccole celle coperte a volta che hanno presumibilmente originato la leggenda del carcere di San Nicola e la confusione di questo sito con il Tullianum, cioè il Carcere Mamertino che era l'unico carcere esistente a Roma, in quanto serviva solo come camera d'attesa per il processo o come camera d'attesa per la pena capitale. 

I Romani non contemplavano la pena della reclusione, le pene si scontavano come le multe, o la fustigazione o la morte. In realtà le presunte celle erano piccole botteghe, soprattutto di cambiavalute (Roma era la più grande metropoli dell'epoca) che si trovavano presso i templi e presso il Teatro Marcello.



CARCER AD ELEPHANTUM

Costruita sulle rovine del Foro Olitorio, prese il nome da un carcere, che dal XIII secolo, si ritenne il Carcere Tulliano, invece risalente all'epoca medievale ed era denominato "Carcer ad Elephantum", nome dovuto dalla presenza, al centro del Foro Olitorio, dell' "Elephas erbarius".

Trattavasi dell'Elefante delle Erbe, cosiddetto  in quanto sorgeva nella Piazza delle Erbe, e cioè la statua in bronzo dorato di un elefante che rappresentò la vittoria dei Romani sui Cartaginesi a cui peraltro vennero requisiti gli ultimi elefanti da guerra.

SOTTO SAN NICOLA IN CARCERE

Detti elefanti sfilarono per Roma nel corteo trionfale e molti romani li videro per la prima volta, in seguito entrarono a far parte degli animali da guerra delle legioni. La statua di bronzo rimase per svariati secoli al suo posto, per sparire poi misteriosamente, probabilmente fusa (sig!). Dall'elefante erbario, la contrada venne chiamata "ad Elephantum".

Secondo il prof. di "Storia romana, Rome and the Universal, Storia sociale del mondo antico e Storia dell’Impero romano", Alessandro Cristofori, ipotesi ampiamente condivisa, la denominazione di San Nicola in Carcere Tulliano, sarebbe sbagliata poiché il Carcere Tulliano corrisponde al Carcere Mamertino, che si trova ai piedi del Campidoglio

SOTTO SAN NICOLA IN CARCERE

S. NICOLA IN CARCERE

Occorre infatti tener presente che S. Nicola venne imprigionato e subito dopo esiliato nel 305 durante la persecuzione di Diocleziano (303-311), e poi si dice liberato da Costantino nel 313, ma è errato, perchè l'Editto di Galerio, emesso il 30 aprile 311 aveva già reso "religio licita" tutte le religioni seguite nell'Impero Romano, cristianesimo compreso. 

Evidentemente all'abdicazione per malattia di Diocleziano avvenuta il I maggio del 305 (l'unica abdicazione che sia mai avvenuta in tutta l'era imperiale), la prigionia di Nicola, che durò solo pochi mesi, venne trasformata in esilio solo per impedire eventuali tumulti.


Il tempio in questione, posto oggi in Via del Teatro Marcello, era di di stile attico, del II sec. a.c. dove la cella era preceduta da un pronao colonnato esastilo nella facciata, fornita di trabeazione su cui venivano scolpite e dipinte le immagini dei miti della Dea Spes.

Nel giardino che circonda i tre edifici contigui, tempio di Spes, tempio di Giunone Sospita, e tempio di Giano, giacciono capitelli, cornicioni e varie parti lavorate sempre in peperino, lasciate alle intemperie senza tener conto che il peperino, al contrario del marmo, è una pietra deperibile all'azione della pioggia.

Le colonne che oggi si trovano nella chiesa di S. Nicola sono con evidenza oggetto di spoliazione dell'antico tempio e degli altri due adiacenti, come si evince dalle diverse qualità di marmi, dalle diverse decorazioni e dai diversi capitelli nonchè dalle diverse altezze delle stesse colonne.

Il tempio di Spes è di ordine dorico, cioè con le colonne rastremate e largamente scanalate e i capitelli a due volute svolgentesi a destra e a sinistra. Aveva un portico di quattro colonne in facciata, e sei sui lati del tempio, ed era costruito in travertino. Sei delle sue colonne con parti della trabeazione rimangono, costruite nel muro sud della chiesa.



BIBLIO

- M. Eramo - S. Nicola in Carcere - Ricerche di Storia dell'arte - 1988 -
- G. B. Proja - S. Nicola in Carcere - Roma - 1970 -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
- Robert Maxwell Ogilvie - The Romans and their gods in the age of Augustus - 1970 -
- Robert Turcan - The Gods of Ancient Rome - Routledge - 1998, 2001 -


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