CAUDIUM - MONTESARCHIO (Città scomparse)



MONTESARCHIO - CAUDIUM


CAUDIUM

Caudium (latino, in greco Καύδιον) era la principale città dei Sanniti Caudini, nominata da Plinio (Nat. hist., III, 105.) e identificata oggi forse con Montesarchio (provincia di Benevento in Campania), nota soprattutto per la vittoria dei Sanniti sui Romani del 321 a.c. nelle famose Forche Caudine (Flor., i, 16; Eutrop., ii, 9; Oros., III, 15).

Si chiamano Sanniti l'insieme delle popolazioni italiche abitanti l'area appenninica centrale e meridionale, con cultura e linguaggi simili e cioè: i Peligni, i Sabini, gli Umbri, i Volsci, i Marsi, i Piceni, i Lucani, gli Osci e gli Irpini, tutti originari per tradizione da molteplici migrazioni, secondo il modello del ver sacrum.  

I Caudini stavano ai confini della pianura campana (Monte Taburno e Monti Trebulani) nella valle dell'Isclero e lungo il fiume Volturno, con i centri di: Caudium, Saticula, Telesia, Caiatia, Cubulteria, Trebula Balliensis.

Caudium sorse attorno all'VIII secolo a.c., ricordata soprattutto per l'umiliante sconfitta delle Forche Caudine che i Sanniti inflissero ai Romani nel 321 a.c., durante la II guerra sannitica. Pochi anni dopo venne utilizzata dai Sanniti come postazione per controllare i Campani. Di Caudium non si parla durante la II Guerra Punica, mentre dei Caudini si, per cui alcuni storici ritennero che i Romani si fossero vendicati distruggendo la città, ma ne mancano le prove. 


« Conservate ora coloro che avete inaspriti col disonore: il popolo romano non è un popolo che si rassegni ad essere vinto; rimarrà sempre viva in lui l'onta che le condizioni attuali gli hanno fatto subire, e non si darà pace se non dopo averne fatto pagare il fio ad usura »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, IX, 3)

Queste sono le parole di Erennio, il padre del capo sannita a cui consiglia di consentire ai romani di andarsene illesi e con le armi, affinchè non si vendichino in modo terribile, oppure di ucciderli tutti, perchè quei soldati torneranno a combattere contro di loro. Ma il figlio non lo ascolta.

VASO CAUDINO
« Furono fatti uscire dal terrapieno inermi, vestiti della sola tunica: consegnati in primo luogo e condotti via sotto custodia gli ostaggi. Si comandò poi ai littori di allontanarsi dai consoli; i consoli stessi furono spogliati del mantello del comando. Furono fatti passare sotto il giogo innanzi a tutti i consoli, seminudi; poi subirono la stessa sorte ignominiosa tutti quelli che rivestivano un grado; infine le singole legioni. I nemici li circondavano, armati; li ricoprivano di insulti e di scherni e anche drizzavano contro molti le spade; alquanti vennero feriti ed uccisi, sol che il loro atteggiamento troppo inasprito da quegli oltraggi sembrasse offensivo al vincitore. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, IX)

Delle Forche caudine i Romani si vendicarono e non solo una volta, ma cento volte, e non solo sui Caudini ma su tutti i Sanniti, addirittura Silla li raccolse in uno stadio con l'intenzione di arruolarli, almeno così dichiarò, invece chiuse lo stadio e li fece uccidere dall'alto con le frecce. Ne uccise ben 4000.

Vero è che qualche tempo dopo Caudium, riportata sia al tempo di Augusto sia nel tardo impero, vine citata come una cittadina posta sulla via Appia, però Augusto attribuì il territorio di Caudium alla colonia di Benevento, mentre la campagna fu assegnata ai veterani (Liber Colonialis, vol. i, p. 232); pare invece che la città ne fosse esclusa: (C.I.L., ix, 2165; cfr. E. Pais, Storia della colonizzazione di Roma antica, vol. i, Roma 1923, p. 214 e s.).

Plinio il Vecchio ricorda che rimase municipio, anche se privata di parte del suo territorio in favore di Beneventum, (C.I.L., x, 1572-1573) ed apparteneva alla tribù Falerna (G.I.L., vi, 3884; 12, 1746). 

Come mansio sulla via Appia da Capua a Benevento, è ricordata da Orazio (Sat., i, 5, 51), Strabone (v, 4, 10, p. 249; vi, 3, 7, p. 283) e dagli Itineraria (Tab. Peutingeriana; Ravennate, iv, 33; Antoninum, p. iii, 9; Hyerosolimitanum, p. 610, 12). 

Le distanze indicate dagli Itineraria dimostrano come esatta la localizzazione di Caudium nella zona dell'attuale Montesarchio; il che è confermato dal rinvenimento di epigrafi nell'ambito del paese (G.I.L., ix, 2161-2163; 2171-2173; 6293). Non si sa quando e come la città finì: il suo nome è ancora citato nel IX secolo, ma non si può stabilire se all'epoca esistesse ancora.


 
LA LOCAZIONE

Attualmente la locazione di Caudium è incerta, anche se dovette trovarsi in una zona centrale della Valle Caudina, fra i territori dei comuni di Montesarchio e Bonea, in accordo con le indicazioni degli Itinerari (distava 21 miglia romane da Capua e 11 da Beneventum).

La città antica non è stata ancora individuata: gli unici resti di edifici furono rinvenuti, nel 1924, a S del paese, dal Minto, il quale rinvenne, oltre a frammenti architettonici in marmo, una moneta in bronzo di Tiberio, un'iscrizione dedicatoria che ricorda Druso figlio di Tiberio, del 33 d.c., e una copia in marmo pentelico della peplophòros di Kalamis. Ma non è certo che tali ruderi appartenessero alla città.

In questa zona sono stati rinvenuti anche vasi, gioielli, suppellettili che risalgono ai secoli dal VII a.c. al I d.c. e pure di buona fattura. Sono state individuate anche delle necropoli e un edificio termale. I reperti sono custoditi nel Museo del Sannio di Benevento e nel Museo archeologico nazionale del Sannio Caudino di Montesarchio.


LA NECROPOLI

Già nel XVIII sec. furono rinvenute nella zona di Montesarchio alcune tombe; e negli anni passati si misero alla luce alcuni corredi tombali. Dal 1965 si iniziarono sistematiche campagne di scavo che tuttora continuano. Il materiale rinvenuto è ora, provvisoriamente, nei depositi della Soprintendenza alle Antichità di Salerno e al Museo Provinciale di Benevento, in attesa di essere sistemato nell'erigendo Antiquarium di Montesarchio.

Un altro rinvenimento interessante consiste in una serie di lastrine di terracotta, di matrice tarantina, che dovevano essere incollate ad un sarcofago di legno. Su tali rilievi, che conservano tracce di policromia, sono rappresentate figure di guerriero, di Atena, cavalli, grifi.



LA STATUA DI CERERE SUL MONTE TABURNO

E' stata rinvenuta sul monte Taburno, considerato un monte sacro dai Sanniti, una statua lignea nascosta in una grotta e ricoperta dalla vegetazione a 3 chilometri dal luogo dove sono state rinvenute recentemente delle Tombe Sannite e dove quasi sicuramente si trova una necropoli di notevoli dimensioni.

Probabilmente la statua rappresentava proprio Kerres Dea, nome romanizzato in Cerere, come anche il nome di Cerreto Sannita, altro comune di origini Caudine. Esaminando il periodo storico del ritrovamento, nel 1401, e leggendo le testimonianze del tempo riportate nel vecchio libro: “Cronica della provincia de Minori osservanti scalzi” si evince che la stessa statua venisse già nascosta da secoli, quindi appare poco probabile che rappresentasse la Madonna in quanto non si avrebbe avuto motivo per nasconderla.

Probabilmente fu il cristianesimo che perseguitava il paganesimo a portare la necessità di nascondere in una grotta una statua lignea acefala di quasi due metri rappresentante una donna seduta su un trono con in mano una conchiglia, con oggi l'aggiunta, di carta pesta, della testa e del viso, e del bambino.

Viene però da notare che non si può trattare di Cerere in quanto questa Dea non aveva nulla a che fare con la conchiglia. Non si può trattare nemmeno di Venere, perchè la Dea ha si la conchiglia ma non siede mai in trono. Deve trattarsi invece di una Dea del mare e, dato il luogo, non greca ma romana, visto che ci troviamo nel Lazio e non nella Magna Grecia.

La Dea deve essere pertanto Salacia, antichissima Dea marina e dell'acqua salata, custode delle profondità dell'oceano come affermato da Apuleio ne Le metamorfosi. Fu sposa e regina di Nettuno, Dio del mare e dell'acqua salata, come riportano Varrone, Seneca, Agostino e Servio Mario Onorato. Lei era la Regina dei mari e sedeva in trono accanto a suo marito Nettuno e come simbolo aveva una conchiglia. Poichè il territorio dei Sanniti si affacciava sia sul Mar Tirreno che sul Mar Adriatico la Dea del mare ci sta in pieno. .


BIBLIO

- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - IX, 3 - Mondadori - Milano - trad.: C. Vitali -
- Flavio Biondo - L'Italia illustrata - 1474 -
- Riccardo Fubini - Biondo Flavio - Dizionario biografico degli italiani - vol. X - Roma - Istituto dell'Enciclopedia Italiana - 1968 -
- H. Nissen - Italische Landeskunde, II, 2 - Berlino - 1902 -
- A. Sogliano - in Enc. It., s. v.; A. Minto, in Not. Scavi, 1924
- A. Zazo, Gli antichi sepolcreti saticulani e caudini in una relazione del XVIII secolo, in Samnium - VII - 1934 -


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