Tiberio Claudio Attico Erode, nacque in Grecia ma fu un cittadino romano, (101 - 177). Suo padre Attico aveva rinvenuto un grande tesoro che l'imperatore Nerva gli concesse di tenere e per questo divenne immensamente ricco. Filosofo e uomo di buon carattere, a corte fu sempre ben visto, e ottenne l'amicizia personale dell'imperatore Adriano, tanto più che anche lui era omosessuale.
Adottò un bambino di 10 - 12 anni di cui si era innamorato e quando l'adolescente morì prematuramente Erode dette vita a un plateale culto della personalità del ragazzino, giungendo a farlo proclamare "eroe".
Sembra non riservasse invece alcun amore per la moglie, Annia Regilla, che Erode Attico sposò a Roma, donna nobile e parente dell'imperatrice Annia Galeria Faustina, moglie di Antonino Pio, unendo così alle sue già grandi ricchezze quelle della moglie che gli portò in dote, tra l’altro, l’immenso fondo del Triopio, situato sull’Appia antica, che lo stesso Erode dedicò alla memoria della moglie dopo la sua morte.
Annia Regilla, morì infatti in circostanze misteriose nel 160 d.c., e il fratello di lei lo portò in giudizio accusandolo, per il suo carattere violento e collerico, di averla uccisa mentre era incinta.
Il biografo Filostrato: - Fu rivolta contro Erode anche un'accusa di omicidio concepita in questi termini. Sua moglie Regilla, resa gravida da lui, era all'ottavo mese, quando egli per un futile motivo aveva ordinato al suo liberto Alcimedonte di percuoterla; colpita al ventre, la donna aveva abortito ed era morta. -
Erode fu assolto dall’accusa di omicidio ma i romani lo credettero colpevole, soprattutto proprio per l'esagerato dolore che manifestò nel lutto, che fece pensare a una grande messa in scena. L'Attico aveva avuto da sua moglie 5 figli, tre maschi e due femmine, ed in più adottò altri maschi.
Anche questo fa venire molti dubbi, visto che uno di questi figli divenne sicuramente il suo amante. Il che lascia presupporre che il suo interesse per i figli fosse concentrato sull'abuso sessuale di essi. Se tutta Roma pensò, come il fratello della moglie, che questa fosse stata uccisa è perchè si conosceva il suo violento e malvagio carattere e i suoi pochi scrupoli, nonostante l'affabilità che mostrava.
Annia Regilla fu sepolta a Roma nel Parco della Caffarella dove ancora giacciono i resti della grandiosa tenuta che egli fece costruire al posto della villa di famiglia dopo la morte della moglie. Al nuovo complesso diede lo stesso nome del santuario di Demetra a Cnido: Triopio.
Precedentemente l’area del Triopio ospitava una villa di Erode, con vastissimi giardini, ninfei e giochi d’acqua, templi e sepolcri; alla morte di Regilla il marito, per mostrare il suo grande dolore, la fece demolire edificando un parco con diversi edifici in onore di sua moglie.
A Roma rimane il ricordo dei Annia nel vasto fondo del Triopio al III miglio dell’Appia antica che Erode dedicò alla moglie: nell’attuale Parco della Caffarella si possono vedere i resti degli edifici:
- il Ninfeo di Egeria,
- il Tempio di Cerere e Faustina (attuale chiesa di S.Urbano alla Caffarella)
- la cosidetta Tomba di Annia Regilla o Tempio del Dio Redicolo, in realtà un cenotafio, cioè un sepolcro vuoto, a memoria della moglie.
IL MAUSOLEO
In realtà non è un mausoleo ma un cenotafio perchè non conteneva le spoglie della morta. Si tratta di un monumento sepolcrale situato tra il II e il III miglio della via Appia antica, ed è chiamato anche tempio del dio Rediculo.
L'edificio, ammirato da architetti rinascimentali quali Antonio da Sangallo il Giovane e Baldassarre Peruzzi, venne usato per secoli come fienile, togliendone tutti gli oggetti e ornamenti che poteva contenere, ma almeno ne garantì la conservazione grazie alla manutenzione continua.
Nei secoli XVII-XVIII venne ritenuto, interpretando Plinio secondo un'errata traduzione, un tempio dedicato al Dio protettore dei reduci di guerra (rediculi), per cui venne chiamato Aedicula Ridiculi (Tempio del Dio Rediculo).
L'edificio rettangolare misura 8,16 x 8,57 metri, edificato in laterizio a tempietto (naiskos), si erge a due piani, su alto podio, con copertura a doppio spiovente retta da una volta a crociera retta da quattro pilastri angolari.
La tomba a tempietto divenne frequente tra i sepolcri a mausoleo dopo il I secolo, con la cella sepolcrale su alto podio sormontata da un tempietto prostilo, cioè con colonne solo sulla facciata, in genere quattro, anche se le colonne della tomba di Annia Regilla sono andate perdute.
Secondo la moda architettonica allora in voga l'esterno era movimentato dal doppio colore del laterizio, giallo per le pareti e rosso per gli elementi architettonici come lesene, architravi, marcapiani e frontone. Le lesene, a mattoni rossi e fornite di capitelli corinzi, con le pareti intermedie a mattoni gialli, sono decorate da un fregio a meandro che corre a metà altezza, sopra il quale sono impostate delle finestrelle.
La parete sud è quella più ornata, forse perché si affacciava sulla strada, probabilmente basolata, che collegava la via Appia alla via Latina, oppure sulla via Asinaria, che, partendo dalla via Appia raggiungeva probabilmente la Porta Asinaria, dopo aver incrociato la via Latina.
Le lesene sono sostituite da due semipilastri poligonali, incassati nella parete, con al centro della parete la porta della cella superiore, inquadrata da colonne. La trabeazione risulta riccamente ornata anche se il tempo e i vandali l'hanno pressoché distrutta.
Il cenotafio è ornato da due semicolonne ottagonali incassate nel muro, che partiscono la parete in tre riquadri; al centro una finestra rettangolare ha una bella cornice sorretta da mensole che formano una specie di baldacchino, mentre ai lati si vedono due vani rettangolari ornati con ricche cornici, che contenevano delle iscrizioni in marmo; in basso corre una fascia decorata a meandri.
STAMPA DEL PIRANESI - XVI SECOLO
L'interno accoglie più nicchie, che dovevano ospitare le sepolture di più persone. Il pavimento che separava i due piani è crollato; al piano superiore, dove dovevano aver luogo i riti funebri, si aprivano finestre, mentre quello inferiore ne era privo.
L'ingresso è sul lato verso il fiume Almone, dove una gradinata conduce al piano superiore, formando davanti alla porta un podio largo tre metri, dove secondo alcuni autori, si alzava un piccolo pronao a quattro colonne, di cui mancano le evidenze archeologiche, anche se all'epoca era un modello invariabilmente in uso. Sopra la porta principale, una nicchia semicircolare è sormontata da un timpano ad angolo molto acuto, ed è fiancheggiata da due finestre la cui cornice superiore è sorretta da mensole.
Intorno al IX secolo l'edificio subì la sorte di ogni edificio pagano, venne cristianizzato e trasformato in oratorio. Ciò ha permesso di evitarne la distruzione e pure al suo riutilizzo in epoca successiva come fienile (documentato da un disegno di Carlo Labruzzi della fine del XVIII sec.) e si sospetta pure che per un periodo sia stato anche utilizzato come fortificazione.
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