PLANIMETRIA DELLA CHIESA |
Caligola fece edificare e dedicare nella zona il tempio in onore del divo Augusto e i testi precisano che dietro al tempio di Augusto, di solito identificato nella grande Aula occidentale, c’era la biblioteca, da situare verosimilmente negli spazi dell’attuale atrio della chiesa.
La chiesa di Santa Maria Antiqua venne dunque fatta sorgere negli ambienti che costituiscono l’ampliamento della domus tiberiana verso il Foro, ambienti realizzati da Caligola e, successivamente, rifatti da Domiziano che riconfigurò completamente l’area occupata dalla domus di Caligola, cambiandone l’orientamento e costruendo il complesso le cui strutture si conservano ancora per grande altezza.
Il complesso domizianeo era costituito da quattro vani comunicanti:
- 1) la grande Aula occidentale, uno degli ambienti più vasti dell’architettura flavia, chiusa su due lati da un portico, dalle pareti animate da nicchie, forse per ospitare delle statue. La sua identificazione come tempio del divo Augusto resta ancora assai discussa;
- 2) l’ambiente più piccolo a est, dalle alte pareti scandite da nicchie, che oggi funge da atrio di Santa Maria Antiqua, dove in età domizianea forse si trovava la biblioteca ad Minervam ricostruita da Domiziano e dove, sulle pareti, erano esposti, secondo le fonti letterarie, i diplomi militari;
- 3) il quadriportico voltato a cui si accedeva dall’attuale atrio, organizzato intorno ad un cortile con impluvio;
- 4) i tre vani a sud del quadriportico. con ampi resti di una decorazione pittorica costituita da riquadrature rosse e da tondi, databile in età adrianea o di poco successiva.
Tutto il complesso è, poi, chiuso ad oriente da una rampa, che conduceva al sovrastante palazzo imperiale. Per la sua posizione strategica, esso rivestì sempre un ruolo importante di collegamento tra il Foro e il soprastante Palazzo imperiale. Gli autori antichi forniscono notizie fondamentali per l’identificazione dei monumenti sui quali fu edificata Santa Maria Antiqua.
Gli ambienti domizianei subirono vari restauri nel corso dei secoli, in particolare sotto Antonino Pio. Essi, tuttavia, rimasero in funzione fino ad epoca tarda, quando furono trasformati nel complesso di Santa Maria Antiqua.
L’aula orientale del complesso domizianeo, dal VI al IX secolo, svolse la funzione di atrio di Santa Maria Antiqua e continuò ad essere utilizzata per altri due secoli anche dopo l’abbandono della chiesa a causa del terremoto dell’847.
Infine delle costruzioni di Caligola, distrutte dagli incendi del 64 e dell’80 d.c., non resta quasi nulla, tranne una grande vasca rettangolare rivestita di marmo nell’ambiente dell’Atrio, scavata da Giacomo Boni agli inizi del 1900.
ORATORIO DEI 40 MARTIRI |
GLI SCAVI
Il 17 Marzo 2016, dopo oltre 30 anni di lavori per il restauro e interdizione al pubblico, venne riaperta grazie alla mostra “Santa Maria Antiqua. Tra Roma e Bisanzio” promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area Archeologica di Roma con Electa.
Gli scavi operati da Giacomo Boni hanno riportato alla luce anche una vasta zona cimiteriale in uso tra l’VIII e il IX secolo. Durante questo periodo, l’atrio e gran parte della superficie sottostante il pavimento della chiesa erano occupati da numerose sepolture.
I DIPINTI |
Gli scavi di Boni evidenziarono che tutta l’area era piena di sepolture di epoca tarda: tombe povere, ad eccezione di quelle relative ai sarcofagi, tutti riutilizzati e trasportati qui da altri luoghi.
Per alcune di queste sepolture, forse di esponenti che ricoprivano alte cariche del clero oppure politiche dell’epoca, vennero infatti reimpiegati antichi sarcofagi di marmo, reperiti da altri contesti, del tutto pagani. Le loro decorazioni erano pertanto profane e databili tra la metà del II e il III secolo d.c., per la volontà dei defunti di qualificarsi come appartenenti ad una élite di classe.
Era di grande decoro essere degni di essere inumati in pregevoli sarcofaghi con bassorilievi stupendi che nessuno in epoca cristiana era più capace di fare, e poi per ritenersi tanto importanti da essere inumati nella chiesa. Ma c'era un altro fattore, se non si era importanti prelati si poteva pagare il privilegio dell'inumazione sotto la chiesa, che si supponesse potesse riservare un certo riguardo nell'immissione dell'anima nel mondo dei cieli.
IL DRAGONE
- Giuseppe Lugli - Foro Romano e Palatino - Bardi ed. - Roma - 1966 -
- Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1984.
- Pietro Romanelli, Jonas Nordhagen - S. Maria Antiqua - Ist. poligrafico dello Stato - Libreria dello Stato - Roma - 1999 -
- Otto Demus - L'arte bizantina e l'Occidente - Einaudi - 2008 -
All'epoca le chiese all'interno delle mura avevano come titolo i nomi dei proprietari delle case in cui veniva fondata una chiesa, mentre le nuove chiese sorgevano fuori le mura per il culto sulle tombe dei martiri. Una leggenda infatti che in quel luogo papa Silvestro I avesse ucciso un "dragone", alludendo alla Dea Vesta, effigiata con un "dragone" nel vicino tempio a lei dedicato.
Ora c'è da tener conto che il termine draco per i romani era simbolo di serpente, e che nel tempio di Vesta, come in tutti i templi della Madre Terra, si usava allevare un serpente, che era appunto un simbolo della Dea, oltre che di saggezza.
In tutti i culti antichi e moderni i serpenti sono stati da sempre considerati sacri, dall'India, alla Cina, alle religioni precolombiane, alla Grecia antica e nella Roma antica. la religione cattolica è l'unica che considera il serpente diabolico. Tutti i dragoni uccisi dai vari santi o papi sono pertanto leggende.
Le leggende cristiane fiorivano così: " Si dice che nel IV secolo d.c. vivesse in una caverna del monte Palatino un terribile drago, che con il suo alito uccideva chiunque gli passasse vicino per poi divorarlo. Stanchi, gli abitanti del luogo decisero di chiedere aiuto a Papa Silvestro I, che già in precedenza si era incaricato del caso di una bestia simile a Poggio Catino.
Il santo Pontefice, vedendo che si trattava di un compito arduo, decise di chiedere consiglio ai santi Pietro e Paolo. (Pietro era però morto nel 67 e Paolo tra il 64 e il 67, evidentemente si consultò con i loro spiriti). Su consiglio dei santi si diresse alla grotta del mostro totalmente disarmato, solo con un crocifisso in mano, invocando l’aiuto della Vergine Maria. Qui si tratta però di un'altro drago, ma la storia è la stessa.
Il santo Pontefice, vedendo che si trattava di un compito arduo, decise di chiedere consiglio ai santi Pietro e Paolo. (Pietro era però morto nel 67 e Paolo tra il 64 e il 67, evidentemente si consultò con i loro spiriti). Su consiglio dei santi si diresse alla grotta del mostro totalmente disarmato, solo con un crocifisso in mano, invocando l’aiuto della Vergine Maria. Qui si tratta però di un'altro drago, ma la storia è la stessa.
La chiesa, continuamente restaurata, venne invece abbandonata dopo che un terremoto nell'847 fece franare sopra di essa parte dei palazzi adiacenti. Sui ruderi venne costruita nel XIII secolo una chiesetta, riedificata poi nel 1617. Gli scavi eseguiti alla fine dell'Ottocento, riportarono alla luce tracce degli antichi affreschi recentemente restaurati e dal novembre 2012 la chiesa è stata aperta al pubblico.
BIBLIO
- M. Andaloro, G. Bordi, G. Morganti (a cura di) - Santa Maria Antiqua tra Roma e Bisanzio - Electa - 2016 -- Giuseppe Lugli - Foro Romano e Palatino - Bardi ed. - Roma - 1966 -
- Filippo Coarelli, Guida archeologica di Roma, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1984.
- Pietro Romanelli, Jonas Nordhagen - S. Maria Antiqua - Ist. poligrafico dello Stato - Libreria dello Stato - Roma - 1999 -
- Otto Demus - L'arte bizantina e l'Occidente - Einaudi - 2008 -
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