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Nome: Lucius Aelius Lmia
Nascita: 45 a.c.
Morte: 33 d.c., Roma
Genitori: Lucio Elio Lamia
Figli: Tiberio Plauzio Silvano Eliano
Genitori: Lucio Elio Lamia
Figli: Tiberio Plauzio Silvano Eliano
Professione: Politico (Console, Governatore in Germania,Siria e Pannonia, Proconsole in africa)
Il padre di Lucio Aelio Lamia era affetto da una deformazione scheletrica che lo invalidava pesantemente, per cui affidò il figlio all'amico Cicerone perchè da lui ricevesse educazione, cultura e avvio alla carriera politica, cosa che Cicerone fece ampiamente si che il grande oratore lo nominò più volte e con molto affetto nelle sue numerose epistole ai familiari e ad Attico, appellandolo, in due sue lettere spedite da Formia nel 54 e nel 51 a.c., “Lamia eques” e ” Lamia noster”.
Lucio Aelio aveva a Formia molte proprietà ereditate dai suoi avi, ma aveva splendide proprietà a Roma sull’Esquilino. Si trattava dei famosi ” Horti Lamiani ” che divennero in epoca successiva di proprietà dell’imperatore Tiberio.
Le decorazioni rinvenute all’Esquilino, sono di ispirazione omerica, con particolare attenzione ai Lestrigoni e tre di esse rappresentano tratti del litorale di Formia, dove è ben attestata la presenza della gens Lamia.
Lucio Aelio figlio ebbe per Cicerone un vero affetto filiale tanto che, quando quest’ultimo nel 58 a.c. fu condannato all’esilio, non solo si attivò per aiutarlo ma lo seguì volontariamente nell’esilio. Per questo comportamento venne condannato dal Senato di Roma come offesa alle leggi romane.
Pertanto al pari di Cicerone che fu privato della proprietà della casa romana al Palatino , della villa del Tuscolo e di quella di Formia, anch'egli subì la confisca di sue proprietà immobiliari. Dopo la morte di Cicerone a Formia nel 43 a.c. , morte che gli causò molto dolore, ne raccolse il cadavere mutilato e lo seppellì in un sepolcro provvisorio.
LA TERRIBILE MORTE
Nel 42 a.c., da poco tempo eletto Pretore, ebbe un malore che lo colpì gravemente fino al punto di essere considerato morto. Si trattava invece di una morte apparente, ma nessuno se ne accorse.
Fu deposto sulla pira e, solo alle prime fiamme, si riprese gridando di dolore come un disperato, ma pure se fu sottratto alle fiamme fu troppo tardi e finì così la sua vita terrena tra le grida disperate dei suoi congiunti.
Lucio Aelio Lamia, fu membro stimatissimo della Gens Lamia, una famiglia originaria di Formia e famosa a Roma per almeno tre generazioni. La stessa gens riteneva di discendere dall’antico re di Formia: Lamo, figlio di Poseidone e re dei Lestrigoni, per cui Formia venne chiamata:
- Hormiae (da cui Formia)
- Telepilo (come la chiama scherzosamente Cicerone in una sua lettera ad Attico)
- Lamia (da Lamo, suo fondatore all'epoca della guerra di Troia nel XII secolo a.c.).
- Lestrigonia.
"Odisseo giunse alla terra dei Lestrigoni governati da re Lamo, e taluni dicono che tale terra si trovasse nella parte nordoccidentale della Sicilia, altri nei pressi di Formia in Italia, dove la nobile gente di Lamia si vanta di discendere da re Lamo; e la cosa pare credibile, perché chi si vanterebbe di discendere dai cannibali se ciò non fosse noto a tutti?
Nella terra dei Lestrigoni il giorno e la notte si susseguono così rapidamente che i pastori i quali riconducono le greggi al chiuso al calar del sole danno la voce a quelli che si preparano a uscire all’alba. I capitani della flotta di Odisseo entrarono a vele spiegate nel porto di Telepilo che è chiuso tutt’attorno da rocce scoscese, e spinsero le navi in secco presso un sentiero che serpeggiava su per la vallata. Odisseo, più cauto dei suoi compagni, legò la propria nave a un albero all’imboccatura del porto e mandò tre uomini in ricognizione nell’interno dell’isola.
Essi seguirono il sentiero finché si imbatterono in una fanciulla che attingeva acqua a una fonte. Era la figlia di Antifate, capitano dei Lestrigoni, e li guidò alla sua dimora. Ma colà essi furono assaliti da un’orda di selvaggi che afferrato uno di essi lo uccisero per cucinarlo; gli altri due fuggirono a gambe levate e i selvaggi, anziché inseguirli, afferrarono grosse pietre dai fianchi dei monti e le scagliarono sulle navi in secco fracassandole prima che potessero riprendere il mare.
Poi, calati sulla riva, fecero strage tra gli equipaggi divorando chiunque capitasse loro tra le mani. Odisseo riuscì a fuggire recidendo con un colpo di spada la gomena che tratteneva la sua nave e incitò i compagni a vogare se era loro cara la vita".
(Robert Graves - Miti Greci)
Lo stesso Orazio parla della Gens Lamia di Formia riferendosi ad un certo Aelio Lamia discendente dal mitico Lamo, primo re dei Lestrigoni.
DOMUS VIA GRAZIOSA - I LESTRIGONI |
LA STORIA
Il padre di Lucio Aelio Lamia era affetto da una deformazione scheletrica che lo invalidava pesantemente, per cui affidò il figlio all'amico Cicerone perchè da lui ricevesse educazione, cultura e avvio alla carriera politica, cosa che Cicerone fece ampiamente si che il grande oratore lo nominò più volte e con molto affetto nelle sue numerose epistole ai familiari e ad Attico, appellandolo, in due sue lettere spedite da Formia nel 54 e nel 51 a.c., “Lamia eques” e ” Lamia noster”.
Essendo colto e intelligente il giovane Lucio Aelio Lamia piacque a Giulio Cesare che lo nominò edile e pretore, per poi fargli ricoprire la carica di senatore, quando il dittatore portò il numero dei senatori da 600 a 900 nominando quelli che giudicava affidabili e dalla sua parte.
Lucio Aelio aveva a Formia molte proprietà ereditate dai suoi avi, ma aveva splendide proprietà a Roma sull’Esquilino. Si trattava dei famosi ” Horti Lamiani ” che divennero in epoca successiva di proprietà dell’imperatore Tiberio.
DOMUS DI VIA GRAZIOSA
Nel 1848, a Roma, vennero alla luce resti di una Domus in Via Graziosa all’Esquilino databile al I sec. a.c. appartenuta ai Lamia, con splendide pitture murarie in cui si riconosce la costa che da Formia porta a Sperlonga.
Le decorazioni rinvenute all’Esquilino, sono di ispirazione omerica, con particolare attenzione ai Lestrigoni e tre di esse rappresentano tratti del litorale di Formia, dove è ben attestata la presenza della gens Lamia.
L'ESILIO
Lucio Aelio figlio ebbe per Cicerone un vero affetto filiale tanto che, quando quest’ultimo nel 58 a.c. fu condannato all’esilio, non solo si attivò per aiutarlo ma lo seguì volontariamente nell’esilio. Per questo comportamento venne condannato dal Senato di Roma come offesa alle leggi romane.
Pertanto al pari di Cicerone che fu privato della proprietà della casa romana al Palatino , della villa del Tuscolo e di quella di Formia, anch'egli subì la confisca di sue proprietà immobiliari. Dopo la morte di Cicerone a Formia nel 43 a.c. , morte che gli causò molto dolore, ne raccolse il cadavere mutilato e lo seppellì in un sepolcro provvisorio.
LA TERRIBILE MORTE
Nel 42 a.c., da poco tempo eletto Pretore, ebbe un malore che lo colpì gravemente fino al punto di essere considerato morto. Si trattava invece di una morte apparente, ma nessuno se ne accorse.
Fu deposto sulla pira e, solo alle prime fiamme, si riprese gridando di dolore come un disperato, ma pure se fu sottratto alle fiamme fu troppo tardi e finì così la sua vita terrena tra le grida disperate dei suoi congiunti.
GENS LAMIA |
LUCIO AELIO LAMIA FIGLIO
Il figlio di Lucio Aelio Lamia, con lo stesso nome del padre, intorno all’anno 30 a.c. si rivolse ad Augusto che benevolmente lo perdonò, anche perchè l'imperatore non aveva odio verso Cicerone, infatti l'ordine di esecuzione non venne da Augusto ma da Marco Antonio. Rientrò pertanto di tutti i suoi beni tra cui i famosi Horti Lamiani.
Grazie alla benevolenza di Augusto e assieme al figlio di Cicerone, curò la costruzione a Formia di quel sepolcro che oggi è chiamato appunto la Tomba di Cicerone, posto sul margine dell’Appia Antica e sul terreno che fu di proprietà dello stesso Oratore.
Il fenomeno della morte apparente era abbastanza diffuso tanto che Valerio Massimo e Plinio il Vecchio, oltre a questo episodio capitato a Lucio Lamia, riportano altri otto casi tra cui quello del console Aviola, di Ermotimo, di Clazomene e di Gaio Elio Tuberone, ma quest'ultimo, pur tra le fiamme della pira funebre, riuscì a salvarsi miracolosamente.
Tanto fu l'affetto e la stima di Cicerone per il figlioccio che così scrisse di Lucio Aelio Lamia ai tempi in cui officiò come Edile:
"Vir summo splendore, summa gratia, magnificentissimo munere Aedilitatis".
(Uomo di grande splendore, di somma grazia, grande e magnifico ufficiale edile)
Il figlio di Lucio Aelio Lamia, con lo stesso nome del padre, intorno all’anno 30 a.c. si rivolse ad Augusto che benevolmente lo perdonò, anche perchè l'imperatore non aveva odio verso Cicerone, infatti l'ordine di esecuzione non venne da Augusto ma da Marco Antonio. Rientrò pertanto di tutti i suoi beni tra cui i famosi Horti Lamiani.
Grazie alla benevolenza di Augusto e assieme al figlio di Cicerone, curò la costruzione a Formia di quel sepolcro che oggi è chiamato appunto la Tomba di Cicerone, posto sul margine dell’Appia Antica e sul terreno che fu di proprietà dello stesso Oratore.
Il fenomeno della morte apparente era abbastanza diffuso tanto che Valerio Massimo e Plinio il Vecchio, oltre a questo episodio capitato a Lucio Lamia, riportano altri otto casi tra cui quello del console Aviola, di Ermotimo, di Clazomene e di Gaio Elio Tuberone, ma quest'ultimo, pur tra le fiamme della pira funebre, riuscì a salvarsi miracolosamente.
Tanto fu l'affetto e la stima di Cicerone per il figlioccio che così scrisse di Lucio Aelio Lamia ai tempi in cui officiò come Edile:
"Vir summo splendore, summa gratia, magnificentissimo munere Aedilitatis".
(Uomo di grande splendore, di somma grazia, grande e magnifico ufficiale edile)
BIBLIO
- Mario Enzo Migliori - L’Origo Gentis Romanae. Ianiculum e Saturnia - 2015 -
- Maddalena Cima - Horti Lamiani - E. M. Steinby (a cura di) - Lexicon Topographicum urbis Romae - Roma - Quasar - 1996 -
- Maddalena Cima - Eugenio La Rocca (a cura di) - Le tranquille dimore degli dei: la residenza imperiale degli horti Lamiani - Venezia - Marsilio - 1986 -- Cicerone - De re publica - (Sulla repubblica), sul modello della Repubblica di Platone -
- J. Carcopino - Giulio Cesare - traduzione di Anna Rosso Cattabiani - Rusconi Libri - 1993 -
- Plinio il Vecchio - Storia Naturale - XVI - Einaudi - 1982 -
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