LICINIO CRASSO |
Morte: 19 settembre 91 a.c.
Console: 95 a.c.
Iniziò la sua carriera di oratore molto giovane, a ventuno anni (119 a.c.), quando Gneo Papirio Carbone, un uomo nobile ed eloquente, odiato dagli aristocratici, cui apparteneva Crasso, fu citato da lui in tribunale.
Crasso dimostrò grande onestà in questa causa, in quanto ricevette da uno schiavo di Carbone delle lettere sigillate sottratte dal tavolo del suo padrone, ma rimandò l'uomo a Carbone assieme alle lettere ancora chiuse.
Fu però Marco Antonio Oratore che mise sotto accusa, non si sa quale, Carbone che si suicidò per evitare l'onta della condanna. Si sa solo che Marco Antonio pubblicò un'opera, il De ratione dicendi, come riferito da Cicerone (De Oratore I, 21) che comprendeva un discorso contro Gneo Papirio Carbone, sconfitto dai Cimbri nel 113 a.c..
- Nel 118 a.c. si oppose al proprio partito su una legge che proponeva l'istituzione di una colonia romana a Narbona. Infatti il Senato osteggiava la proposta perché avrebbe causato una diminuzione degli introiti dell'erario, ma Crasso preferì sostenere la legge, per tutelare le classi più povere, che avrebbero ottenuto da questa i maggiori profitti. Fu lo stesso Crasso a provvedere alla fondazione della colonia.
- Venne eletto console assieme a Scevola per l'anno 95 a.c. e insieme promulgarono la lex Licinia Mucia de civibus redigundis, che portò ad una revisione degli elenchi dei cittadini Romani per depennare coloro che negli anni precedenti si erano fatti illegalmente inserire o si spacciavano per cittadini.
- Durante il consolato difese Quinto Servilio Cepione (figlio del console del 106), che era stato accusato di majestas da Gaio Norbano e ne ottenne il proscioglimento.
- Intorno al 93 a.c. partecipò ad una famosa causa legale, quella tra Manio Curio, che lui difendeva e Marco Coponio, difeso da Scevola, riguardo ad una eredità: Crasso difese Curio, mentre Scevola difese Coponio. La causa riguardava il testamento di un uomo che riteneva la moglie incinta di pochi mesi, e che lasciava i suoi beni al nascituro, a meno che non fosse morto prima dei quattordici anni, nel qual caso l'eredità sarebbe andata a Curio. Il figlio non nacque e per Scevola la clausola era annullata. Crasso, invece, affermò che il testatore non poteva distinguere tra: il non verificarsi della clausola per morte del figlio, o perchè il figlio non fosse nato, e quindi chiese l'eredità per il suo cliente. La corte diede ragione a Crasso, e Curio ereditò.
LA MORTE
Nel 91 a.c. sostenne i progetti riformistici del tribuno della plebe Marco Livio Druso e nel settembre di quell'anno, dopo aver pronunciato un ardente discorso di accusa contro il console Lucio Marcio Filippo (avversario di Druso), si ammalò di polmonite e nel giro di pochi giorni morì.
La data di morte si deduce da Cic. De orat. III 1, dove si legge che Crasso morì nove giorni dopo la conversazione rappresentata nei libri II e III del De oratore, cioè il 10 settembre.
- 'Coelius Antipater, Lucius,' - in Oxford Classical Dictionary -
- T. Robert. S. Broughton - The Magistrates of the Roman Republic - Volume I e II -
- H. Rackham, E.W. Sutton - "Cicero. De oratore" - Cambridge Harvard university press - 2018 -
- T. Robert S. Broughton - The Magistrates of the Roman Republic - Volume II -
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