LUCIO VALERIO POTITO - L. VALERIUS POTITUS (V - IV SEC. A.C.)



TRIBUNO CONSOLARE

Nome: Lucius Valerius Potitus
Nascita: V secolo a.c.
Morte: IV secolo a.c.
Gens: Valeria
Professione: Tribuno consolare per cinque volte nel: 414 - 406 - 403 - 401 - 398 a.c.


Lucio Valerio Potito, eminente esponente patrizio della gens valeria, raccolse molti consensi alla sua persona, non solo perchè valentissimo generale, ma pure per la sua sensibilità ai problemi degli altri, sia della sua truppa che del popolo romano, tanto che perfino la plebe lo stimava e lo votava. Non per nulla venne eletto per ben 5 volte tribuno consolare nella Repubblica Romana.


I TRIBUNATO CONSOLARE

Nel 414 a.c. fu eletto tribuno consolare con: 
- Quinto Fabio Vibulano Ambusto II, Gneo Cornelio Cosso e poi Marco Postumio Regillense e Publio Postumio Regillense. 
Ma Tito Livio, nel suo "Ab Urbe Condita", V, 1, cita 8 consoli per quell'anno: 
- Marcus Aemilius Mamercus, Lucius Valerius Potitus III, Appius Claudius Crassus, Marcus Quinctilius Varus, Lucius Iulius Iulus, Marcus Postumius, Marcus Furius Camillus, Marcus Postumius Albinus.

L'anno precedente i Romani avevano occupato Bola e progettavano di inviarvi coloni romani, ma presto venne riconquistata e fortificata dagli Equi, per cui il Senato romano vi inviò l'esercito romano guidato dal generale Marco Postumio.

Marco Postumio vinse la battaglia contro gli Equi, ma fece un grosso torto ai soldati, perchè, nonostante le promesse, non divise con loro il bottino di guerra. Richiesto del suo comportamento a roma minacciò e insultò i suoi soldati per cui tornato al campo i legionari gli si rivoltarono e lui volle pulirli mettendoli a morte, ma i soldati lo presero a colpi di pietre da cui si salvò a stento.

I tribuni consolari volevano prendere provvedimenti contro i legionari ma i tribuni della plebe posero il veto sull'apertura dell'inchiesta.

ASSEDIO DI VEIO

SECONDO TRIBUNATO CONSOLARE

Nel 406 a.c. Lucio fu eletto per la seconda volta tribuno consolare con:
- Publio Cornelio Rutilo Cosso, Numerio Fabio Ambusto e Gneo Cornelio Cosso.

Il senato decise di dichiarare guerra a Veio, ma nonostante i bandi non si riuscì ad organizzare una leva militare per questa guerra, sia per il protrarsi delle operazioni militari contro i Volsci, sia per l'opposizione dei tribuni della plebe, che vedevano nelle campagne militari un mezzo con cui i patrizi evitavano di discutere delle riforme richieste dalla plebe.

Si decise comunque di continuare la guerra contro i Volsci; mentre Gneo Cornelio rimaneva a difesa di Roma, Lucio Valerio e Publio Cornelio conducevano i loro eserciti rispettivamente verso Anzio ed Ecetra, quest'ultima antica città del Latium e capitale dei Volsci ecetrani, forse ubicata sui Monti Lepini, che, come alleata degli Equi che stavano in territori adiacenti, promosse per tutto il V secolo a.c. gli scontri tra Roma e i Volsci in età sia regia che repubblicana.

« I tre tribuni, quando risultò evidente che i Volsci non erano accampati da nessuna parte e che non avrebbero affrontato il rischio di una battaglia, divisero in tre l'esercito e quindi si sparsero a devastare la zona. Valerio si diresse su Anzio, Cornelio su Ecetra »
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 4, 59)

Intanto Numerio Fabio si dirigeva verso Anxur (Terracina), che conquistava e saccheggiava, un'importante conquista per la sua estensione e perchè centro volsco, conquistato definitivamente dai Romani alla fine del V secolo a.c..

In quell'anno il Senato emanò finalmente una legge a favore dei soldati abolendo quella iniqua che li aveva obbligati fino a quel momento:
« ..il senato decretò che i soldati venissero pagati attingendo direttamente alle casse dello Stato, mentre fino a quel giorno ciascun soldato prestava servizio a proprie spese. »
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 4, 59)



TERZO TRIBUNATO CONSOLARE

Valerio Potito venne ancora eletto, e per la terza volta, nel 403 a.c. tribuno consolare con:
Marco Quintilio Varo, Manio Emilio Mamercino, Appio Claudio Crasso, Lucio Giulio Iullo, Marco Furio Fuso.

« Dopo essersi assicurati la pace sugli altri fronti, Romani e Veienti erano pronti allo scontro con un accanimento e un odio reciproco, tali che era chiaro sarebbe stata la fine per chi ne fosse uscito sconfitto. »
(Tito Livio,Ab Urbe Condita, V,1)

I Romani, decisi ad abbattere i Volsci una volta per tutte, assediavano Veio, costruendo terrapieni, torri, testuggini, e tettoie mobili riparate sui lati da vimini formando corridoi coperti per proteggere i soldati che si avvicinavano alle mura, oltre a vari fortini per controllare il territorio. Intanto i Veienti tentarono inutilmente di ottenere aiuti dalle altre città etrusche contro Roma.

Si giunse così all'inverno, l'epoca in cui gli eserciti cessavano le ostilità ma Roma decise di mantenere l'esercito nell'assedio di Veio, per impedire che tutte le opere realizzate e tutti i progressi realizzati fossero vanificati dai Veienti, per giungere alla fine di Veio. Però i tribuni della plebe si opposero:

«Era stata messa in vendita la libertà della plebe: i giovani, tenuti in continuazione lontani dalla città ed esclusi dalla partecipazione alla vita politica, ormai non si ritiravano più nemmeno di fronte all'inverno e alla cattiva stagione, né tornavano a vedere le proprie abitazioni e i propri averi. Quale pensavano fosse la causa di un servizio militare che durava all'infinito?»
(Tito Livio,Ab Urbe Condita, V, 2)

I Veienti disperati fecero una sortita per distruggere le opere d'assedio romane, tutto ciò per cui si era combattuto rischiava di andare perduto, i plebei compresero che occorreva mantenere l'esercito in armi anche per l'inverno.

RICOSTRUZIONE TEMPIO DI ANXUR

QUARTO TRIBUNATO CONSOLARE

Nel 401 a.c. il popolo ancora rielesse Potito tribuno consolare, apprezzato sia dai patrizi che dai plebei per la propria onestà ed equanimità, come colleghi ebbe: 
Lucio Giulio Iullo, Marco Furio Camillo, Manio Emilio Mamercino, Gneo Cornelio Cosso e Cesone Fabio Ambusto.

Mentre Veio era ancora sotto assedio, venne soccorsa da contingenti di Capenati e Falisci, seguiti da rinforzi Veienti che attaccarono la postazione di Sergio Fidenate, ma costui, per l'astio che nutriva
contro Lucio Verginio che comandava l'accampamento vicino, causò la disfatta per l'esercito romano, causando la distruzione del proprio accampamento.

« L'arroganza di Verginio era pari all'ostinazione di Sergio, il quale, per non dare l'impressione di chiedere aiuto al suo avversario, preferì lasciarsi vincere dal nemico piuttosto che vincere grazie all'intervento di un concittadino. Il massacro dei soldati romani presi nel mezzo durò a lungo. »
(Tito Livio - Ab Urbe Condita)

Il Senato decise di sbarazzarsi dei due tribuni consolari anticipando la nomina dei nuovi alle calende di ottobre, invece che alle idi di dicembre, come di prammatica. Intanto i Volsci conquistano Anxur, la situazione è grave. L'anno dopo sia Sergio che Lucio Verginio, portati a processo dai tribuni della plebe per la pessima conduzione della guerra, vengono condannati ciascuno ad una pena pecuniaria di 10.000 assi pesanti (327 g. ognuna = = 3.270 kg di bronzo).

I tribuni della plebe sobillano la popolazione per la cattiva conduzione della guerra, per aver mantenuto i soldati in servizio durante l'inverno, con la necessità di nuovi tributi per sostenere le spese di guerra.
« E visto che i tribuni non permettevano di incassare il tributo militare e ai comandanti non arrivava denaro per pagare gli uomini che reclamavano con impazienza le proprie paghe, poco ci mancò che anche l'accampamento venisse contagiato dai torbidi scoppiati in città. »

Intanto i romani riconquistarono le posizioni perse l'anno a Veio, mentre Valerio Potito ottenne di guidare la campagna contro i Volsci per riconquistare Anxur, che fu posta sotto assedio.
« Nel territorio dei Volsci, invece, dopo aver saccheggiato le campagne, tentarono di espugnare Anxur che era situata su una collina. Quando però si resero conto dell'inefficacia dell'azione di forza, guidati da Valerio Potito cui era toccato in sorte il comando dell'operazione, cominciarono ad assediare la città costruendo un fossato e una trincea di protezione »
(Tito Livio - Ab Urbe Condita)



QUINTO TRIBUNATO CONSOLARE

Nel 398 a.c. ancora venne eletto Valero potito tribuno consolare con:
Marco Valerio Lactucino Massimo, Marco Furio Camillo II, Lucio Furio Medullino III, Quinto Servilio Fidenate II, Quinto Sulpicio Camerino Cornuto II.

I Romani continuarono nell'assedio di Veio e, sotto il comando di Valerio Potito e Furio Camillo, i due migliori comandanti in assoluto, saccheggiarono Falerii, ovvero Falerii Veteres (ora Civita Castellana) una delle dodici città principali dell'Etruria, a circa 2 km a ovest dell'antica via Flaminia, ca. 50 km a nord di Roma, e Capena, città alleate degli etruschi.

Innalzamento del lago

Durante l'anno si verificò lo straordinario innalzamento delle acque del lago Albano, e per interpretarne il significato furono inviati degli ambasciatori all'oracolo di Delfi, anche se un vecchio vate di Veio aveva predetto:
«i Romani non si impadroniranno mai di Veio prima che le acque del lago Albano non siano tornate al livello di sempre.»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 15)

Dionigi di Alicarnasso: “un lago distante da Roma non meno di centoventi stadi, posto tra i cosiddetti monti albani subì un tale incremento, nonostante l’assenza di piogge o nevicate o d’altra causa evidente, che allagò buona parte della regione montana circostante, distrusse molte case di campagna e alla fine si aprì il cammino tra le gole delle montagne e riversò una fiumana impetuosa sulle pianure sottostanti”.

Nella “Vita di Camillo” Plutarco: “Poco dopo, al culmine della guerra, si verificò il caso del lago Albano Si era in autunno; l’estate che stava finendo non si era segnalata né per piovosità né per asprezza di venti meridionali. Invece il lago Albano, senza alcun motivo se non divino, crebbe e si gonfiò a vista d’occhio, lambì le falde dei monti e arrivò a toccarne le più alte cime con le sue acque lisce, crescendo senza agitarsi o ribollire. Quando la massa e il peso dell’acqua infranse per così dire l’istmo che separava il lago dal paese sottostante, un enorme fiotto scese verso il mare attraverso i campi e le piantagioni”

Tito Livio: "il lago nella selva Albana crebbe fino ad un livello insolito. Furono inviati ambasciatori all’oracolo delfico, per domandare che cosa volessero significare gli dei con quel prodigio, ma la sorte offerse un interprete più vicino in un vecchio veiente il quale cantò in modo profetico che i Romani non si sarebbero impadroniti di Veio prima che l’acqua fosse stata scaricata dal lago Albano, quando arrivarono gli ambasciatori da Delfi portarono il responso dell’oracolo, che concordava con la profezia del vate prigioniero.”

Non si hanno più notizie di Lucio Valerio Potito, uomo valente che seppe farsi apprezzare, seppure patrizio, anche dai plebei che spesso difese per onestà.


BIBLIO

- Tito Livio - Ab Urbe Condita - IV -
- Fr. Münzer - De gente Valeria, dissert. - Berlino - 1891 -
- D’Ambrosio, E., Giaccio, B., Lombardi, L., Marra, F., Rolfo, M.F., Sposato, A., 2010. L’attività recente del centro eruttivo di Albano tra scienza e mito: un’analisi critica del rapporto tra il vulcano laziale e la storia dell’area albana. - Sesto Incontro di Studi sul Lazio e Sabina - Roma - Ed. Quasar Roma.
- A. Frediani - Le grandi battaglie di Roma antica - Roma - 2009 -


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