LA BATTAGLIA DI SUESSULA (343 a.c.)


La battaglia di Suessula fu in pratica la continuazione della battaglia del Monte Gauro e con gli stessi protagonisti: Marco Valerio Corvo e i suoi uomini da una parte e i guerrieri Sanniti già sconfitti al Monte Gauro, dall'altra.

Marco Valerio Corvo, (lat. M. Valerius Maximus Corvus) fu sei volte console, più volte dittatore. Nel 346 a.c. prese Satricum e vinse i Volsci, nel 343 a.c. sconfisse i Sanniti presso il Gauro e Suessula e nel 301 a.c. trionfò su Marsi ed Etruschi. 

Nell'anno 300 promulgò la "lex Valeria de provocatione" che vietava le pene corporali o di morte contro un cittadino romano senza giudizio dell'assemblea popolare. Secondo le cronache sarebbe vissuto più di 100 anni. Le sue imprese narrate dall'annalista Valerio Anziate sono state giudicate esagerate da alcuni.



IL RIARMO SANNITA

I Sanniti, già sconfitti da Marco Valerio, non avevano accettato la disfatta, per cui avevano chiamato dalla patria tutti i giovani in età di portare le armi, desiderosi della rivincita. La notizia partita da Suessula raggiunse a Capua, da dove partirono immediatamente dei messaggeri a cavallo con una richiesta di aiuto presso il console Valerio. 

Le truppe vennero immediatamente mobilitate e, deposto l'equipaggiamento pesante che avrebbe rallentato la marcia e lasciata una adatta guarnigione a presidiare l'accampamento, si mossero verso i sanniti. 

Giunti a breve distanza dal nemico, si accamparono molto serrati in una striscia di terra ridottissima, non avendo con sé, eccetto i cavalli, né altri animali né scudieri. I Sanniti, convinti che la battaglia sarebbe iniziata di lì a poco, si schierarono in ordine di battaglia mentre i Romani iniziarono a muoversi verso il loro accampamento.

Quando i ricognitori inviati a perlustrare i lati dell'accampamento tornarono riferendone le modeste dimensioni, l'esercito romano chiese che si riempisse il fossato, abbattesse la palizzata e si irrompesse nell'accampamento. I comandanti erano più prudenti, ma si resero conto di non avere le salmerie per nutrire i soldati, per cui inviarono dei soldati a rifornirsi di frumento nei campi, mentre il nemico, restava barricato nell'accampamento. 

MARCO VALERIO CORVINO


LA CARICA

Infine venne dato il segnale della carica, i legionari irruppero nel campo, e dopo aver ucciso più uomini dentro le tende che davanti alle porte e sulla palizzata, ordinò di ammassare le insegne nemiche in un unico punto. 

Lasciate due legioni a presidiare il campo e diffidati gli uomini dalle razzie di bottino almeno fino al suo ritorno, ripartì con l'esercito mandando avanti la cavalleria ad accerchiare i Sanniti dispersi, ne massacrò un'infinità, perché i sanniti terrorizzati non trovarono un'insegna sotto cui raccogliersi e non sapevano se rifugiarsi nell'accampamento o fuggire lontano.

«...una vasta strage: essi infatti, in preda al terrore, non sapevano attorno a quali insegne si potessero stringere né in quale modo raggiungere l'accampamento né se dovessero cercare scampo fuggendo più lontano...»

I Romani consegnarono al console circa quarantamila scudi e centosettanta insegne militari, tra le quali c'erano anche quelle catturate nell'accampamento. Ai soldati vincitori tornati al campo venne concesso l'intero bottino. 

IL TRIONFO DI MA RCO VALERIO CORVINO


LE CONCLUSIONI

L'esito favorevole di quella guerra indusse non solo i Falisci, con i quali era in atto una tregua, a chiedere un trattato al senato, ma spinse anche i Latini, le cui truppe erano già pronte alla battaglia, a spostare il loro attacco dai Romani contro i Peligni. 

Perfino i Cartaginesi inviarono degli ambasciatori per congratularsi coi Romani e per offrire loro in dono una corona d'oro del peso di venticinque libbre da collocare nella cella del tempio di Giove sul Campidoglio.
«Anzi la fama di quella impresa non restò circoscritta all'Italia, anche i Cartaginesi mandarono un'ambasceria a Roma per congratularsi e portare in dono una corona d'oro del peso di venticinque libbre da collocarsi nel tempio di Giove sul Campidoglio

A entrambi i consoli venne accordato il trionfo sui Sanniti e dietro di loro nella sfilata veniva Decio, coperto di decorazioni e i soldati, nei cori, ne citarono il nome un numero non inferiore di volte rispetto a quello del console. 

In seguito vennero ascoltate le delegazioni dei Campani e degli abitanti di Suessula: la loro richiesta, accolta positivamente da Roma, era di ottenere una guarnigione armata che potesse stare con loro per la durata dell'inverno al fine di proteggerli da eventuali incursioni dei Sanniti.

Ma Capua era così piena di attrattive che i legionari, mentre erano negli accampamenti invernali, progettavano di togliere Capua ai Campani, come essi l'avevano strappata ai suoi antichi abitanti. Nel 339 a.c. Suessula divenne dominio romano come civitas sine suffragio.


BIBLIO

- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - VII - Mondadori - Milano -
- Piganiol André - Le conquiste dei romani - Milano - Il Saggiatore - 1989 -
- Gaetano De Sanctis - II - La conquista del primato in Italia - Milano-Torino - 1907 -
- Andrea Frediani - I grandi generali di Roma antica - Newton e Compton - Roma - 2003 -
- Giovanni Brizzi - I duci dei Sanniti nelle guerre contro Roma - Studi storici per l'antichità classica - I - Pisa - 1908 -
- G. Urso - Cassio Dione e i magistrati - Le origini della repubblica nei frammenti della Storia Romana - Milano - 2005 -

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