ASTRONOMIA ROMANA


IL MEDIO ORIENTE

A molti filosofi e matematici greci vennero attribuite in genere scoperte astronomiche che in realtà provenivano da Sumeri e Babilonesi che vennero sottomessi dai Greci grazie alle conquiste di Alessandro Magno nel IV secolo a.c.

Delle eclissi, in particolare, ci giungono notizie fin dai tempi più remoti. I primi a tenere precise registrazioni scritte sulle eclissi furono i Sumeri, seguiti da Babilonesi e Caldei. Da quando salì al trono il re Nabonassar, intorno al 747 a.c., vennero tenuti dagli astronomi babilonesi dettagliati rapporti mensili di ogni fenomeno astronomico.

Non dimentichiamo che i re Magi che seguirono la stella cometa erano orientali. Nell'anno 614, la Palestina fu occupata dai Persiani guidati dal re Cosroe II. Essi distrussero quasi tutte le chiese cristiane, ma risparmiarono la Basilica della Natività di Betlemme poiché, si dice, sulla facciata della basilica vi era un mosaico con i Magi in abito tradizionale persiano.

ECLISSI DI SOLE

CICLO DI SAROS

Ad essi si deve anche la scoperta del ciclo di ripetibilità delle eclissi, il cosiddetto “ciclo di Saros”, che consta in 223 mesi lunari o lunazioni (esattamente ogni 18,03 anni, o 18 anni e 10 o 11 giorni, a seconda del numero di anni bisestili in questo intervallo di tempo). Questo ciclo era ben conosciuto dai matematici greci, che avevano ereditato le conoscenze babilonesi. 

ASTRONOMI BABILONESI

CICLO METONICO

Un altro ciclo che collega le lunazioni all’anno tropico solare è il cosiddetto “ciclo metonico”, un ciclo di 19 anni basato sull’osservazione che 19 anni solari corrispondono quasi esattamente a 235 mesi lunari (o 6940 giorni). Questo calcolo permette di sincronizzare aritmeticamente il calendario lunare a quello solare. 

Secondo gli astronomi greco-romani esso fu scoperto dall’ateniese Metone attorno 432 ac. e perfezionato da Callippo di Cizico attorno al 330 a.c.  Il ciclo metonico, tuttavia, era già conosciuto in Mesopotamia almeno dal VI secolo a.c. e su di esso si basava il calendario babilonese, dal quale fu derivato il calendario ebraico ancora in uso in Israele. Ancora oggi il ciclo di Metone viene tenuto in conto dalla Chiesa di Roma per calcolare la data della Pasqua. 

Esso è molto importante nel calcolo degli orientamenti lunari delle strutture antiche (da quelle megalitiche a quelle più recenti) permettendo infatti di capire in quale giorno solare la Luna avrebbe avuto la stessa fase e la stessa posizione nel cielo. 

Il ciclo metonico viene menzionato dallo storico Diodoro Siculo (I secolo a.c.) nella sua "Bibliotheca historica" in cui, riportando un resoconto di Ecateo di Abdera (IV-III sec. a.c.) che descriveva la terra degli Iperborei, afferma: 

Essi dicono che la Luna vista da questa isola pare rimanere molto prossima alla terra e che mostra montagne che si possono osservare con semplice vista. Si dice che il Dio visita l’isola ogni diciannove anni, periodo nel quale si realizza la stessa volta celeste e la medesima situazione in cielo e per questo il periodo di diciannove anni è chiamato dai Greci anno di Metone. Nel momento dell’apparizione del Dio tocca l’orizzonte e danza tutta la notte dall’equinozio di primavera alla salita delle Pleiadi.” 

ASTRONOMIA EGIZIA

I PRIMI ASTRONOMI 

I primi astronomi si servirono unicamente della propria vista o di qualche strumento rudimentale per calcolare la posizione degli astri. In base a questi calcoli venne creato il primo calendario che in ogni parte del globo fu non solare ma lunare, legato soprattutto all'agricoltura. 

Sapere in anticipo il passaggio da una stagione all'altra era di fondamentale per l'uomo per sapere quando arare o seminare, ma pure per stabilire i viaggi e le guerre.

L’osservazione della volta celeste e dei suoi fenomeni ha caratterizzato tutte le civiltà antiche, anche perchè molti astri, a cominciare dai cosiddetti luminari maggiori, il Sole e la Luna, avevano un’influenza diretta sul clima, sulle stagioni, sulla crescita della vegetazione e pertanto sull'agricoltura, fonte primaria della sopravvivenza. 

Si pensò quindi che gli astri celesti fossero la personificazione di spiriti o divinità a cui rivolgersi per ottenere aiuto o per stornare calamità. 



LA TERRA SFERICA

- Secondo il filosofo Diogene Laerzio, Pitagora fu il primo greco a chiamare la terra rotonda, anche se Teofrasto attribuisce ciò a Parmenide e Zenone ad Esiodo.
- Platone insegnava ai suoi studenti che la Terra era una sfera, pur dichiarandosi incapace di fornirne una dimostrazione razionale.
- Aristotele osservava che ”ci sono stelle viste in Egitto e a Cipro che non si vedono nelle regioni settentrionali”. Dal momento che ciò può accadere solo su una superficie curva, anche lui credeva che la Terra fosse una sfera "non molto grande, perché altrimenti l'effetto di un così piccolo cambiamento di luogo non sarebbe stato così evidente.”
- Seleuco di Seleucia (150 a.c.), della regione mesopotamica della Seleucia, dichiarò che la Terra è sferica e che, secondo la teoria eliocentrica di Aristarco di Samo, orbita realmente attorno al Sole.
- Nel 77 a.c. Cicerone vide nell'isola di Rodi un meccanismo planetario costruito da Poseidonio. (135-51 a.c.) e ne fu così colpito che citò la rotazione della terra: "Terra circum axem se convertit" nel celebre brano del trattato "De republica", composto nel 54 a.c.. Ma si riferì pure al movimento di rivoluzione planetaria promulgata da Ipparco (II sec. a,c,)

LA TERRA PIATTA


ERASTOTENE DI CIRENE (275 -195 a.c.)

Lo scienziato che per primo misurò la lunghezza del meridiano terrestre fu Eratostene di Cirene, in Egitto, nel III secolo a.c., che fu un matematico, astronomo, geografo, poeta, filologo e filosofo greco. Il metodo che adottò non è noto. Si è però tramandata una versione semplificata, descritta da Cleomede nel suo "De motu Circulari Corporum Caelestium".

Eratostene, sostenitore della Terra sferica,  era riuscito a calcolare la circonferenza della Terra che secondo lui  all'equatore era di 39000 km e non aveva sbagliato di molto, dal momento che la circonferenza all'equatore è di 40000 km.



APOLLONIO DI PERGA  (262 a.C., – 190 a.c.)

Apollonio di Perga per descrivere con precisione il moto della Terra e degli altri pianeti, introdusse il sistema degli epicicli e dei deferenti, un modello matematico, in cui i pianeti descrivevano un'orbita circolare con velocità costante, chiamata epiciclo, mentre il centro della stessa orbita avrebbe ruotato attorno ad un cerchio immaginato detto deferente. 

Con epiciclo si indica una circonferenza il cui centro è collocato sulla circonferenza di un cerchio di raggio maggiore detto deferente. Per considerare le differenze tra i luoghi osservativi venne introdotto il modello eccentrico, con la Terra non perfettamente al centro del deferente. Si poteva così calcolare con precisione la rivoluzione dei pianeti, spiegando i moti retrogradi e persino le variazioni di luminosità del pianeta.

 

ELIOCENTRISMO

ARISTARCO DI SAMO  (310 a.c. - 230 a.c.)
 
Si sa che il sistema eliocentrico era già noto nell'antica Grecia al tempo del filosofo, astronomo e fisico Aristarco di Samo, noto soprattutto per avere per primo intuito il Sistema Eliocentrico e cioè che il Sole e le stelle fisse sono immobili mentre la Terra ruota attorno al Sole. 

Inoltre Aristarco, come Eraclide Pontico, riconosceva alla terra anche un moto di rotazione diurna attorno ad un asse inclinato rispetto al piano dell'orbita intorno al Sole, il che spiegava l'alternarsi delle stagioni.

I suoi contemporanei obiettarono che le stelle fisse non modificavano la posizione reciproca nel corso dell'anno, ma Aristarco ipotizzò, e con ragione, che la distanza tra la Terra e le stelle fisse fosse infinitamente maggiore del raggio dell'orbita annuale terrestre. L'idea che le stelle siano ad una distanza enormemente superiore a quella del Sole venne ripresa da altri autori (come Cleomede nel I secolo a.c.).



SELEUCO DI SELEUCIA (190 - 150 a.c.)

Secondo la testimonianza di Plutarco, mentre Aristarco proponeva l'eliocentrismo come un'ipotesi, questo era una certezza per Seleuco di Seleucia, sostenitore della teoria eliocentrica di Aristarco di Samo (della quale, secondo Plutarco, aveva fornito anche una dimostrazione) e dell'infinità dell'universo.

Aveva inoltre studiato il fenomeno delle maree e in particolare il ciclo annuale delle diseguaglianze diurne (cioè delle differenze tra le due alte maree giornaliere) osservabile nel Mare Arabico. La sua teoria delle maree era certamente basata sull'azione della Luna, che egli pensava mediata dal pneuma presente tra la Terra e la Luna. 

La teoria eliocentrica era stata rifiutata con forza un secolo prima da Platone e dal suo allievo Aristotele, e fu respinta quattro secoli dopo Aristarco, anche da Claudio Tolomeo, le cui concezioni dominarono incontrastate la tarda antichità e il medioevo. 

Si crede però che la teoria di Aristarco fosse accettata per i primi secoli, dato che Plinio il Vecchio (23 - 79) e Seneca (4 a.c. - 65 d.c.) si riferiscono al moto retrogrado dei pianeti come a un fenomeno ottico e non reale, concezione più in linea con l'eliocentrismo che con il geocentrismo.

DEA ROMA CON IN MANO LA TERRA SFERICA

PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI

Ai Greci si deve la codificazione dell’astrologia e dei segni zodiacali così come li conosciamo ora. Nel corso dei secoli però la relazione tra la Terra e le costellazioni si è modificata per lo spostamento dell’asse terrestre, per cui il passaggio del Sole fra le costellazioni avviene con un mese di ritardo rispetto a 2000 anni fa, quando furono disegnate le carte e le tavole degli astrologi. Infatti oggi il Sole all’equinozio di primavera (21 marzo) non si leva più nella costellazione dell’Ariete ma in quella dei Pesci. 

Sembra che si debba ad Ipparco di Nicea (o Ipparco di Rodi, 190-120 a.c.), la scoperta della “precessione degli equinozi”, cioè il lento spostamento retrogrado dell’asse terrestre, che descrive un moto conico sul cielo determinando un cambiamento della stella verso cui punta l’asse terrestre. Ciò fa retrocedere i punti di intersezione fra il piano dell’equatore terrestre e l’eclittica, che si spostano tra le costellazioni zodiacali. 

Ma la precessione degli equinozi era già conosciuta dalla cultura assiro-babilonese, che però vi imbastiva significati mitici e religiosi, mentre i Greci dell’Età Classica tendevano a guardare i fenomeni astronomici attraverso metodi scientifici. Fenomeni come le comete o le eclissi di Sole e Luna, apparivano agli orientali come segni o messaggi degli Dei. 


Eclisse

Narra lo storico greco Erodoto (484-425 a.c.) nelle sue "Storie", l' “eclisse di Talete”, (l’astronomo egizio del I secolo a.c. che lo aveva previsto), il 28 maggio 585 a.c., si verificò durante una sanguinosa battaglia tra le forze del re dei Lidi, Aliatte II, e quelle del re dei Medi, Ciassare. 

L'oscuramento del disco solare durò 6 minuti e 4 secondi e le due schiere di combattenti: “Lidi e Medi, quando videro le tenebre sostituirsi alla luce, smisero di combattere e si affrettarono entrambi a stipulare un trattato di pace. sollecitarono anche un giuramento solenne e combinarono un matrimonio incrociato: stabilirono che Aliatte concedesse sua figlia Arieni al figlio di Ciassare, Astiage, perché se non ci sono solidi legami di parentela i trattati, di solito, non durano.” (Storie, I, 74, Creso e Ciro). 

Marco Tullio Cicerone (106 - 43 a.c.) nella sua "De Re Publica" narra di un’eclisse di Sole del 3 agosto del 431 a.c., quando Pericle (495 – 429 a.c.) dovette tranquillizzare i  suoi soldati: “…in quella lunghissima guerra, poiché ateniesi e spartani combatterono, si dice che il celebre Pericle, calate le tenebre e oscuratosi il sole repentinamente, e avendo un grandissimo timore invaso gli animi degli ateniesi, abbia insegnato ai suoi cittadini ciò che egli stesso aveva appreso da Anassagora, di cui era stato discepolo.

Lo stesso episodio è raccontato da Plutarco (46 – 127) nelle sue 'Vite Parallele': «Quando già le navi erano state riempite e Pericle stesso si era imbarcato sua trireme, si verificò un’eclissi di sole e calarono le tenebre. Tutti rimasero sbigottiti, come davanti a un grande prodigio. Pericle, vedendo il suo pilota atterrito ed esitante, levò il mantello davanti ai suoi occhi coprendogli il volto e gli chiese se quel gesto gli sembrava qualcosa di terribile o il segno di qualche temibile avvenimento. "No" rispose il pilota. "E allora che differenza c’è tra questo fenomeno e quello, se non che ciò che ha provocato queste tenebre è più grande del mio mantello?" (Pericle e Fabio Massimo, Pericle, XXXV, 1-3) 

Nonostante il fatto che i meccanismi di un’eclisse di Sole fossero già noti da tempo, durante tutta l’epoca medievale e fino alle soglie dell’età moderna rimase dominante l’idea che le eclissi di Sole preannunciassero sventure divine. 

CLAUDIO TOLOMEO

CLADIO TOLOMEO  (100 - 175)

Il greco Claudio Tolomeo è stato un astronomo, astrologo e geografo, autore di varie opere scientifiche, di cui fu famosissimo il trattato astronomico noto come Almagesto, basato soprattutto sul lavoro svolto tre secoli prima da Ipparco di Nicea, anche lui astronomo, astrologo e geografo, noto anzitutto per la scoperta della precessione degli equinozi.

Tolomeo formulò un modello geocentrico, in cui solo il Sole e la Luna, al pari dei pianeti, avevano il proprio epiciclo, e cioè seguivano una circonferenza centrata sulla Terra. Questo modello del sistema solare, chiamato «sistema tolemaico», rimase di riferimento per tutto il mondo occidentale e arabo, fino a che non fu sostituito dal modello solare eliocentrico dell'astronomo polacco Niccolò Copernico (1473 -1543).

L'Almagesto, con le illustrazioni dei suoi metodi di calcolo, come la stragrande maggioranza dei libri antichi, venne in gran parte distrutto dall'epurazione cristiana insieme a tutti i libri pagani, ma venne invece salvato dagli arabi musulmani insieme ai libri di matematica e scienze generali, non avendo questi nulla contro gli scritti degli antichi.

I calcoli dell'Almagesto, seppure con visione impropria del sistema solare, si dimostrarono di una precisione sufficiente per i bisogni di astronomi, astrologi e navigatori almeno fino all'epoca delle grandi scoperte geografiche.

L'Almagesto contiene anche un catalogo di stelle, probabilmente l'aggiornamento di un analogo catalogo compilato da Ipparco. L'elenco di quarantotto costellazioni che vi è contenuto è il precursore del sistema di costellazioni moderne, ma non poteva coprire l'intera volta celeste, non del tutto accessibile dalle latitudini del Mediterraneo, presso cui vissero vissero Ipparco e Tolomeo.

I manuali astrologici, e soprattutto i documenti papiracei ‘restituiti’ dall’Egitto romano, rivelano infatti che dal I sec. a.c. al VI d.c. fiorì una tradizione di astronomia predittiva al servizio dell’astrologia che riuscì a inglobare al suo interno le tavole tolemaiche, e le opere di Tolomeo divennero oggetto di studio di per sé. 

Nel giro di un secolo e mezzo dalla sua stesura, l’Almagesto era letto come testo scolastico e svolgeva per l’astronomia, nell’educazione umanistica, pressappoco lo stesso ruolo che gli Elementi di Euclide ricoprivano nella matematica. Sia lo studente che si cimentava con le difficoltà del ragionamento deduttivo di Tolomeo, sia l’astronomo alle prese con le complesse tavole predittive, avevano bisogno entrambi di un apparato di commenti esplicativi. 

Questa voluminosa letteratura, che rese l’Almagesto e le Tavole manuali comprensibili e utili a uomini assai distanti dal tempo e dal contesto intellettuale di Tolomeo, esercitò una profonda influenza sul corso dell’astronomia medievale.

Ma c'è di più; il modello di Tolomeo fu infine incorporato da San Tommaso d’Aquino nella visione cristiana del mondo. Se la Terra non era al centro del mondo come unico pianeta abitato, che senso aveva il sacrificio sulla Croce fatto da Gesù Cristo per gli uomini? Per questo vennero perseguitati e arsi sul rogo tutti coloro che asserivano una pluralità di mondi, come Giordano Bruno che venne arso vivo nel 1600 in Piazza Campo de' Fiori.



ASTRONOMIA E ASTROLOGIA NELL'IMPERO ROMANO

Nell’antichità astronomia e astrologia sono state per lunghissimo tempo strettamente legate. Gli scrittori latini risentirono in questo della filosofia greca, soprattutto nelle contrapposizioni tra le varie correnti di pensiero, tra le quali spiccano quella degli stoici e quella degli epicurei. 

Ma siccome i romani erano più portati per le cose pratiche che per le teorie di pensiero, dovettero necessariamente trovare nell’astronomia una scienza adatta alle applicazioni pratiche nella vita di tutti i giorni. Nacquero così le previsioni del tempo calendaristiche e astronomiche, che sbiadirono un po' dopo il periodo ellenistico, rimpiazzate però dalla amplissima diffusione dell’astrologia. 

Ogni bambino romano veniva dotato di un oroscopo alla sua nascita che in parte descriveva il suo destino futuro, soprattutto per ciò che concerneva la costellazione in cui transitava, non il sole al momento non della sua nascita come si usa oggi, nè il sole nel momento del suo concepimento nel ventre di sua madre, come si usò in tempi antichi ma più recenti, ma la costellazione in cui transitava la luna al momento della sua nascita.

Così si spiega il Capricorno di Augusto nato per altro in Bilancia e il Toro di Cesare nato per altro in Cancro. Tale segno zodiacale relativo alla luna era considerato tanto importante che veniva ricamato sui vessilli di guerra portati dalle legioni create dal loro generale, e che riguardava appunto il suo segno zodiacale. 

Anticamente la luna era considerata con più attenzione del sole, in quanto responsabile, a quanto si riteneva, della crescita della vegetazione, e quindi dell'agricoltura, del menarca delle donne e soprattutto delle maree, così importanti per la navigazione, del resto tutti i calendari più antichi non sono solari ma lunari e a tutt'oggi il calendario islamico e quello ebraico sono lunari. 

Giulio Cesare incaricò un astronomo di estrazione culturale greca, Sosigene di Alessandria, di preparare una riforma del calendario romano nel 45 a.c., cioè solo dopo il suo contatto con i Druidi. Esistono documenti storici che confermano scambi culturali tra i filosofi pitagorici e i Druidi, i quali si incontravano nelle colonie greche della Francia meridionale (Massilia, l’odierna Marsiglia). 


TITO LUCREZIO CARO

Tito Lucrezio Caro che rappresenta uno dei massimi esponenti epicurei di Roma. Lucrezio, rifacendosi ad Empedocle e allo stesso Epicuro, invita i Romani a lasciare da parte le superstizioni e le paure indotte dalle religioni, che sono la causa di ogni male. La ratio, la ragione, è per Lucrezio l’unico strumento che può operare questa liberazione. 

Secondo Lucrezio l’universo, costituito di materia aggregata e spazi di vuoto, vive dell’incessante moto degli atomi che si aggregano e si disgregano dando origine ad una serie infinita di mondi e composti materiali. La morte non è altro che un cambiamento di stato, la dissoluzione di un corpo fisico nelle parti che lo compongono, l’Universo è infinito, gli astri traggono nutrimento ed energia dall’etere, così come il mare trae forza dalle sorgenti e dai fiumi che gli portano acqua.

Egli quindi immaginava la Terra, immobile al centro dell’universo, di forma arrotondata e piatta che si assottiglia nella parte inferiore fino ad unirsi con l’aria sottostante che volge così anche una funzione di sostegno. Il diametro reale del Sole e della Luna erano gli stessi di quelli che sembrano apparire all’occhio umano, cioè non più grandi di qualche pollice; e il fatto che il Sole si alzava e si abbassava stagionalmente nel cielo doveva essere spinto da correnti d’aria che cambiavano di direzione al cambiare delle stagioni, trascinandolo dal tropico del Cancro al tropico del Capricorno e viceversa.

L’alternarsi del giorno e della notte veniva spiegato in base a due teorie: il Sole si spegneva ad occidente la sera per riaccendersi ogni mattina ad oriente, grazie all’opera dei fuochi celesti, o che venisse trascinato al di sotto della Terra da quella stessa forza che ne guidava il moto di giorno. Ma nella sua opera Lucrezio non cerca tanto di erudire i lettori quanto quello di trasmettere l’utilizzo della conoscenza e del progresso culturale come strumento per liberare gli uomini dall’oppressione e dalla degradazione morale. 

SISTEMA ELIOCENTRICO

LE FILOSOFIE

Così i Greci e i Romani diedero luogo alle varie filosofie, soprattutto quella degli stoici e degli epicurei e il poeta latino Tito Lucrezio Caro, nella sua opera De Rerum Natura (La natura delle cose) scrive: “Dunque non solo delle cose celesti dobbiamo indagare la norma, secondo quale legge si compiano i moti del Sole e della Luna, e quale forza governi ogni cosa sulla Terra; ma più ancora dobbiamo vedere con la ragione sagace di che sia fatta l’anima e la natura dell’animo …” 

Ma l'ambizione di ogni filosofia era soprattutto la gestione delle emozioni, il soldato non doveva cedere alla paura, il politico all'ambizione, l'innamorato alla concupiscenza, ma soprattutto era importante dominare la paura della morte. Tanta era la voglia di dominare gli istinti che spesso si staccarono da essi divenendo talvolta "apatici".


RAZIONALISMO

Le conoscenze scientifiche romane derivarono anzitutto da quelle greche, a iniziare dallo stoicismo, creata da Zenone di Cizio a partire dal 308 a.c., basata sul razionalistico e sul  panteismo. Per il razionalismo la ragione umana poteva essere la fonte di ogni conoscenza di tipo intuitivo o sperimentale. Il sistema conciliava scienza e religione, per cui, tramite la geometria, la meccanica e la fisica poteva spiegarsi ogni processo di natura materiale e di natura spirituale. 

Ciò derivava dal fatto che l'uomo, staccatosi dall'istinto primitivo, si era mentalizzato costruendosi un'immagine di se stesso come unica creatura intelligente del pianeta Terra. Così gli stoici credevano in una ragione universale da cui era emanata anche l’anima umana, creando così una insanabile frattura tra animali e uomo. 

Gli animali sarebbero soggetti agli impulsi e all’istinto per la loro sopravvivenza, mentre l’uomo sarebbe l’unico dotato di razionalità, cioè di Logos, essendo un microcosmo nel quale era riprodotto l’Universo, e per conseguire la felicità doveva usare la ragione per capire le leggi naturali dell’universo conformandosi ad esse.

Era pertanto legge divina il diritto dell'uomo di dominare gli animali usandoli come cibo e fornitura di oggetti utilitari, o di poter giungere allo sterminio di essi quando minacciavano la sua integrità ma pure per opportunismo. La ragione umana poteva essere la fonte di ogni conoscenza, attraverso un sistema intuitivo o sperimentale, giungendo per deduzione alla spiegazione scientifica e razionale di natura materiale e spirituale. Perciò ricercare una vita di virtù significava per loro ‘seguire la natura’ e non la ricerca dei piaceri come gli epicurei.


STOICISMO

Gli stoici sostenevano l’autocontrollo e il distacco dalle cose terrene, l’apatia che permette all’uomo di distaccarsi dai condizionamenti della società e dalla ricerca di ricchezze e gloria mondana. Il vero saggio era indifferente al dolore e al piacere. Il fato governava le attività degli uomini. Se i problemi sembravano schiaccianti, piuttosto che compromettere la propria integrità morale gli stoici consideravano anche il suicidio. 

« Sii come il promontorio contro cui si infrangono incessantemente i flutti: resta immobile e intorno ad esso si placa il ribollire delle acque. "Me sventurato, mi è capitato questo". Niente affatto! Semmai: "Me fortunato, perché anche se mi è capitato questo resisto senza provar dolore, senza farmi spezzare dal presente e senza temere il futuro". Infatti una cosa simile sarebbe potuta accadere a tutti, ma non tutti avrebbero saputo resistere senza cedere al dolore. Allora perché vedere in quello una sfortuna anziché in questo una fortuna?» (L’imperatore Marco Aurelio - 121-180 -)


EPICUREI

La dottrina degli Epicurei (filosofo greco Epicuro - 342 - 270 a.c.) era fondata sulla concezione materialistica e meccanicistica della realtà, alla ricerca di un sapiente equilibrio interiore. In greco apátheia, dal suffisso privativo 'a' e da 'páthos', passione, indica uno stato di indifferenza verso emozioni e sentimenti raggiungibile attraverso la consapevolezza dei propri bisogni fisici e materiali per disfarsi del timore della morte e degli Dei, nonchè delle superstizioni religiose.

 “Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi.” (Lettera sulla felicità)  Per il timore delle divinità, gli epicurei pensavano che gli Dei fossero troppo lontani dalla Terra per interessarsi dell’uomo e che pregarli o far loro sacrifici non servisse a nulla. 

Gli Dei non avevano creato l’universo, non davano punizioni nè benedizioni. La vita era un caso in un universo meccanico, mentre la morte liberava dall’incubo della vita. L’anima era composta di atomi e si dissolveva alla morte del corpo. 

Il pensiero epicureo della vita intesa come un “dono amaro” (Epicuro), porterà poi alcuni seguaci alla ricerca dei piaceri della vita, a volte a costumi licenziosi, riassunti nella celebre frase “mangiamo e beviamo perché domani morremo”, ma era difficilmente accettabile dalla più rigida tradizione di Roma. 

I Romani, almeno inizialmente, consideravano deleterio spendere la propria vita nella vana ricerca di un sapere che non portava alla patria né ricchezze né gloria. La nobilitas senatoriale vedeva nella filosofia greca un allontanamento dei giovani dalla vita politica e dal bene della patria.

Il principio del “mangiamo e beviamo perché domani morremo” e il non rendere conto a nessuna divinità, nel 173 a.c., avevano indotto il senato romano ad espellere dall’Urbe due filosofi epicurei, Alcio e Filisco. Stessa sorte subirono, nel 161 a.c., altri filosofi ateniesi in visita alla città, tra cui Diogene, Carneade e Critolao. Per i primi cristiani queste filosofie erano non solo uno spreco di tempo ma un pericolo per la morale cristiana, tesa sempre all'adorazione di Dio e al sacrificio. 

SISTEMA GEOCENTRICO

L'ASTROLOGIA

Dopo la filosofia stoica, la conoscenza scientifica razionale, il logos, lasciò  il posto alla gnosis, la conoscenza dell’irrazionale tramite la visione e la rivelazione. È col filosofo stoico Posidonio di Apamea, in Siria (135 - 50 a.c.) che l’astrologia raggiunse l’apice anche in Grecia. L'apertura filosofica all’astrologia influenzerà anche il campo della mitologia, dove tra le antiche divinità si inseriscono sempre più i culti di Tyche, Dea della fortuna, e di Ananke, l’inesorabile destino a cui ognuno doveva soggiacere. 

Nel I secolo a.c. tra tutte le scuole filosofiche, solo quella degli epicurei resistette al fascino arcano del culto degli astri. Gli antichi vedevano negli astri la presenza degli Dei; il Sole, la Luna, i pianeti e la Terra stessa erano raffigurati come divinità che influivano sugli eventi umani.


I Giorni della Settimana

Non a caso ancora oggi noi chiamiamo con il nome degli Dei gli astri del sistema solare, i nomi dei giorni furono assegnati dai Babilonesi ed ereditati dai Romani. Hanno origine dai nomi del Sole e dei pianeti perché gli astrologi dell’epoca pensavano che i corpi celesti “governassero” a turno la prima ora di ogni giorno:
- Luna, lunedì - ("dì" da dies, cioè giorno della Luna ecc.) 
- Marte, martedì 
- Mercurio, mercoledì 
- Giove, giovedì 
- Venere, venerdì - 
Fanno invece eccezione Sabato e Domenica. 
- Sabato viene da Shabat, il nome del giorno sacro ebraico adibito al riposo. Avrebbe dovuto essere intitolato a Saturno (Saturni dies) tanto che la denominazione si ritrova nell’inglese Saturday. Però, con il diffondersi in Occidente del cristianesimo, il termine ebraico “shabat”, ovvero “giorno di riposo”, sostituì in molte lingue il nome pagano.
- Il settimo giorno avrebbe dovuto essere intitolato a Sol Invictus (Sole invitto) ma venne dedicato al Signore, al Dominus. La domenica, come giorno di riposo, nacque il 7 marzo 321, con un decreto dell'Imperatore Costantino I (272-337) che sostituì il dies Solis (giorno del Sole, conservato nell'inglese Sunday e nel tedesco Sonntag) connesso al culto del Sol Invictus, di cui Costantino fu seguace fino all'ultimo festeggiandone il Natalis Solis Invicti.
Fino ad allora il giorno di riposo dei cristiani era il sabato, sulla scia dello shabbat ebraico. Dopodiché, nel 383, l'imperatore Teodosio I, che aveva già dichiarato il cristianesimo religione ufficiale dell'Impero con l'editto di Tessalonica (27 febbraio 380), proibì tutti i culti pagani e il giorno del Sole assunse il definitivo nome di giorno del Signore (dies dominica) o, appunto, domenica, divenendo il giorno di festa per eccellenza.


Eliocentrismo

- Alcuni astronomi come Aristarco di Samo. (310 – 230 a.c.) credevano che la Terra girasse intorno al Sole. Egli riteneva immobili il Sole e le stelle fisse mentre la Terra ruotava attorno al Sole percorrendo un’orbita circolare. 

Aristarco, come Eraclide di Ponto (387-312 a.c.), attribuiva alla Terra un moto di rotazione diurna attorno ad un asse inclinato rispetto al piano dell’orbita attorno al Sole (eclittica), il che spiegava l’alternarsi delle stagioni. 

Archimede di Siracusa (287 - 212 a.c.), nella sua opera Psammites (o L’arenario), parlando di Aristarco afferma: “Le sue ipotesi sono che le stelle fisse ed il Sole rimangono immobili, che la Terra gira attorno al Sole con la circonferenza di un cerchio e il Sole giace al centro della sua orbita” 

I suoi contemporanei gli chiesero allora come mai le stelle fisse non modificassero la propria posizione nella volta celeste nel corso dell’anno, come avrebbero dovuto fare se la Terra fosse stata in movimento, ma Aristarco ipotizzò che la distanza tra la Terra e le stelle fisse fosse infinitamente maggiore del raggio dell’orbita annuale terrestre. 

L’idea che le stelle siano ad una distanza enormemente superiore a quella del Sole è ripresa da altri autori ma Aristarco ricevette grande ostilità ad Atene. Fu sostenuto, un secolo più tardi, solo da Seleuco di Seleucia (II secolo a.c.), che non trovò sostenitori, perché se la Terra non era il centro dell’Universo faceva dubitare che i pianeti stessi fossero delle divinità. 

L’odio che tali filosofi si attirarono culminò con l’introduzione di una legge, il Decreto di Diopite (432 a.c.), la quale stabilì che “ la pubblica accusa sarebbe stata mossa contro persone che non credevano negli Dei o che si facevano portavoce di dottrine riguardanti i cieli.” (Plutarco, Pericle, 32. 1). Infine Aristotele e Platone fecero valere il peso della loro autorità, e ogni via di sostegno al sistema eliocentrico fu preclusa. 

- Anche l’astronomo Claudio Tolomeo (II secolo d.c.) rifiutò le teorie eliocentriche di Aristarco e, soprattutto a Roma, l’astrologia trovò la sua espansione, in quanto la divinazione faceva già parte del patrimonio politico-religioso dell'Urbe. Nessun provvedimento di Stato veniva preso senza aver consultato gli esperti delle pratiche divinatorie. La religione romana era infatti una commistione di antichi culti della natura italici e di miti derivati dagli Etruschi e dai Greci. 

I Romani temevano il fato, per cui ricorrevano alle arti divinatorie. Lo storico Plutarco nelle sue "Vite parallele", sulla vittoria di Gaio Mario che nel 101 a.c. aveva sbaragliato i Cimbri nella battaglia dei Campi Raudii, riferisce che prima dello scontro Mario fece eseguire un sacrificio, dove gli aruspici trassero indicazioni dalle interiora dell’animale.  

Personaggi come Cicerone, Orazio e Properzio scrissero saggi in cui deridevano l’insulsa sapienza di astrologi e cartomanti che il popolo amava consultare in ogni occasione, salvo che poi Cicerone, che nel 53 a.c. aveva ricevuto la nomina di “augure”, scrisse in seguito il De divinatione (Sulle profezie) e il De natura deorum (Sull’essenza degli Dei), in cui propugnava la fede negli Dei e nei rituali. 

Gli imperatori romani anche se ufficialmente si dichiararono ostili all’astrologia e alla magia, in realtà nel privato vi si affidarono ampiamente, influenzando ogni campo delle scienze fino al Rinascimento. Tra le antiche culture mediterranee, i romani non furono grandi innovatori nelle conoscenze astronomiche, ma le misero a frutto come pochi. 

CALENDARIO ROMANO

LA SCIENZA APPLICATA

In realtà i Romani guardavano la scienza applicata piuttosto che a quella pura, non si perdevano nelle disquisizioni filosofiche sul moto dei corpi celesti come facevano i Greci. I Romani eccellevano nella tecnologia, erano abili ed ingegnosi costruttori di strade, di ponti, di acquedotti, di edifici innovativi, di poderose macchine da guerra, che fecero dell’Urbe la capitale del più potente impero che la storia occidentale abbia mai conosciuto. 

Questo implicava più che una semplice conoscenza dei fenomeni fisici o dei materiali da costruzione. La navigazione all’interno del Mediterraneo raggiunse l’apice sotto il dominio romano, sia per il numero delle navi, sia per la quantità di merci trasportate.  Un simile prospero commercio marittimo sarebbe stato impossibile senza un’ottima conoscenza dell’astronomia.

Un altro scopo pratico dell’astronomia era di stabilire un calendario per determinare il tempo e le stagioni. Vedi la riforma del calendario attuata da Gaio Giulio Cesare, che durante la guerra di Gallia, era venuto a contatto con le conoscenze dei sacerdoti dei Celti, i Druidi. 

Giulio Cesare incaricò così l’astronomo alessandrino Sosigene di riformare il calendario romano, che propose un anno di 365,25 giorni con l’introduzione un giorno in più ogni quattro anni, che venne inserito come ulteriore sesto giorno prima delle calende di marzo, e chiamato quindi giorno bis-sextus. 

In tutto il territorio dell’Impero Romano le meridiane erano ampiamente diffuse. Una delle più antiche è quella nel foro di Roma del III secolo a.c. e, successivamente, i luoghi pubblici e gli edifici delle famiglie più abbienti ne possedevano una. Nella sola Pompei ne sono state ritrovate almeno una trentina. Sicuramente la più imponente fu quella fatta costruire da Ottaviano Augusto nel 30 a.c. e posta nel Campo di Marte, a ricordo della sua vittoria in Egitto. 

Lo gnomone era un obelisco di Eliopoli, di 22 metri, sovrastato da una sfera bronzea, oggi collocato nella piazza di Montecitorio a Roma. Su ordine di Augusto il progetto avviato da Giulio Cesare fu ripreso da Marco Agrippa che organizzò un servizio di rilevamento topografico che durò circa venti anni e da cui derivò in seguito la Tavola Peutingeriana, un rotolo di pergamena lungo sette metri e largo trenta centimetri. 


MARCO TULLIO CICERONE (106 a.c. - 43 a.c.)

Cicerone narra un sogno raccontatogli da Scipione Emiliano, il Somnium Scipionis, dove, con gli occhi di Scipione Emiliano, vede l’Universo ordinato in nove sfere concentriche; nella più esterna sono “confitte le sempiterne orbite circolari delle stelle e ruota più rapidamente rispetto alle altre, emettendo un suono più acuto che si abbassa di frequenza man mano che ci si sposta sulle sfere sottostanti; la sfera più bassa e vicina alla Terra è quella lunare, che ruota meno velocemente e quindi emette un suono più grave. Questi suoni creano una armoniosa melodia, ma talmente intensa che le orecchie degli uomini non le percepiscono; udite invece dai trapassati degni della vita celeste.

Cicerone, però, nella descrizione delle otto sottostanti sfere celesti dissente dalla visione platonica che collocava i pianeti Mercurio e Venere al di là della sfera del Sole, sostenendo invece che le sfere dei due pianeti sono posizionate tra la Terra ed il Sole, avvalorando così l’ordine dei pianeti proposto da un altro greco, Posidonio. 

Sempre da Posidonio, che si rifà a Cratete di Mallo (II sec. a.c.), Cicerone prende l’idea delle quattro parti abitate del mondo, separate esternamente da un oceano e da una zona torrida, sostenendo inoltre che “gli abitanti della Terra sono disposti, rispetto a noi, alcuni in senso obliquo, altri trasversalmente, altri ancora si trovano addirittura agli antipodi”, asserendo così la sfericità del pianeta.  


MARCO MANILIO (I sec. a.c. I sec. d.c.)

Il poeta, Marco Manilio, vissuto tra il I secolo a.c. ed il I secolo d.c. fu autore del poema didascalico "Astronomica" (Poema sugli astri) e dedicato ad Augusto, che tratta di astronomia, con una dettagliata descrizione dell’universo e di come esso si sia formato, sulla natura delle stelle, dei pianeti e delle comete. Secondo Manilio però, i diversi influssi astrali alle diverse latitudini operavano una influenza non solo sui singoli individui, ma addirittura sul carattere di interi popoli. 

Dal libro II al V, all’astronomia segue l’astrologia nel tentativo di darle una certa scientificità, non priva di una filosofia stoica. Nella struttura dell’universo vi sarebbe un ordine universale, che attraverso i meccanismi celesti regola la vita degli uomini. Solo con la ragione l’uomo può capire l’ignoto, e la ragione è un dono della stessa divinità che regola l’universo. Manilio descrive così la sfericità della Terra e l’alternarsi di giorni e notti della durata di sei mesi ai poli. 


SENECA (4 - 65 d.c.)

Lucio Anneo Seneca nel 26 si recò in Egitto e qui scrisse Naturales quaestiones (cioè Argomenti naturali, IV, 2, 1-8), studiando fenomeni meteorologici e astronomici, ma anche fisici e geografici. Di grande valore soprattutto il settimo libro, "De cometis", dove l’autore ipotizza il ritorno delle comete nelle vicinanze del Sole, quindi la loro periodicità, ipotesi convalidata dalla scienza 17 secoli più tardi. 

Seneca sostiene l’utilità di tenere una costante ed aggiornata registrazione delle comete che attraversano il cielo, invito che nessun astronomo del tempo però accolse. In altri passi egli afferma che l’osservazione e lo studio delle comete era stato completamente trascurato in Egitto, infatti non esistono registrazioni note di oggetti cometari osservati dagli astronomi egiziani.  

Volgendo lo sguardo sulla minuscola Terra, l’anima potrà rendersi conto di quanto siano inutili tutti gli affanni ed ogni avidità tipica della vita materiale: “È quel puntino [la Terra] che viene diviso col ferro e col fuoco fra tanti popoli? Oh quanto ridicoli sono i confini posti dagli uomini!”. 


OVIDIO  (43 -17 d.c.)

Publio Ovidio Nasone scrisse i Fasti, di carattere astronomico-calendariale, che doveva essere composta da 12 libri, uno per ogni mese dell’anno secondo il calendario introdotto da Giulio Cesare, ma di questi ne furono scritti solo sei a causa del suo esilio decretato da Ottaviano Augusto. Nonostante incompleta, è una notevole fonte sulle credenze religiose romane e ci dà modo di conoscere i relativi riti ed i fenomeni astronomici ad essi associati.  

Nell'opera "De Astronomia" divisa in quattro libri, il libro I riguarda la Terra e le costellazioni zodiacali, la definizione di sfera, la dimensione del mondo e del polo. Il libro II  i miti riguardanti il cielo, le costellazioni, i pianeti e la Via Lattea. Il libro III della posizione e della composizione delle costellazioni. Il libro IV il moto e il percorso degli astri, i circoli della sfera, l’alternarsi del giorno e della notte, l corso del Sole e dei pianeti e la reciprocità tra il sorgere e tramontare delle varie costellazioni rispetto alle zodiacali. 


PLINIO IL VECCHIO (23 - 79 d.c.)

Gaio Plinio Secondo, detto “il Vecchio”, scrisse la Naturalis historia (Storia naturale), monumentale compendio delle conoscenze scientifiche romane in tutti i campi dello scibile, Il motivo centrale della sua filosofia è la convinzione che la natura esista per l’uomo.

Il II libro è dedicato all'astronomia, dove i cieli vanno concepiti come essere una divinità, cioè eterni, senza confini, né creati, né soggetti alla distruzione. Il mondo è un globo perfetto, non è soggetta ad alcuna fine o ad alcun inizio delle sue parti, essere in ogni sua parte convessa verso il centro, ben adatta al movimento di rotazione. 

L’approccio di Plinio ricalca in questo passo quello del Somnium Scipionis di Cicerone. Unica differenza è che Cicerone usa il termine Deus, mentre Plinio usa il termine Numen. Plinio sostiene che l’universo è costituito da quattro elementi: il fuoco, che fa brillare gli astri; l’aria, indispensabile alla vita, permea tutto l’universo; al centro delle sfere celesti c’è la terra insieme al quarto elemento, l’acqua. 

Per Plinio:
- Saturno, avendo l’orbita più alta e più lontana dal Sole, ha un clima estremamente gelido;
- Marte, essendo al contrario più vicino al Sole, ha un clima torrido, confermato dal suo colore rossastro; - Giove, situato in mezzo ai due, ha un clima temperato; 
- Venere fa la spola avanti e indietro rispetto al Sole e quando lo precede (la prima stella del mattino) viene chiamata Luciferus (che per i cattolici diventa il diavolo) e quando lo segue (ultima stella della sera) viene chiamata Vesperus. Quest’ultimo pianeta è così luminoso da essere l’unico (oltre al Sole e alla Luna) a formare ombre sulla Terra.

Plinio passa poi alla natura e le orbite dei due astri maggiori, i mutui fenomeni delle eclissi, l’ombra terrestre di forma conica, e le modeste dimensioni della Terra rispetto al Sole e alla Luna. Poi si dedica ai fenomeni meteorologici, alla trattazione dei moti delle stelle e di altri oggetti celesti  e a tematiche astronomico-geografiche.


MATERNO (metà IV secolo d.c.)

Giulio Firmico Materno nacque all’inizio del IV secolo e scrisse il De Nativitatibus Matheseos libri VIII,  il più vasto trattato di astrologia antica giunto fino a noi, presentato come una religione con funzione purificatrice sulla moralità umana, dal momento che solo un animo puro e libero da ogni peccato può accostarsi a questa disciplina che mette in contatto con la divinità.  

Essa costituisce l’ultimo baluardo a difesa di queste pratiche, ampiamente praticate in quel tempo ma avversate dalla crescente cristianizzazione dell’impero. La sua seconda opera, il "De errore profanarum religionum" (L’errore delle religioni pagane), scritto una decina di anni dopo, indica una conversione di idee che diventerà conversione alla religione cristiana. 

C'è un duro attacco al paganesimo attraverso la dimostrazione dell’assurdità dei culti naturalistici degli elementi e cerca di associare etimologicamente alcune frasi e formule dei rituali delle religioni misteriche a quelle della storia biblica. 


COMMENTATORI DEL IV SECOLO D.C.

Dei commentatori del IV sec. conosciamo Pappo di Alessandria, Teone di Alessandria e sua figlia Ipazia (m. 415), tutti e tre attivi ad Alessandria, legati culturalmente tra loro, ma soltanto Ipazia aveva un interesse rilevante per la metafisica e l’etica.

IPAZIA

IPAZIA

L’influenza che essa esercitò nell’insegnamento, tanto matematico quanto filosofico, può essere avvertita nelle lettere del suo allievo Sinesio di Cirene, che divenne vescovo della cattedra di Cirene probabilmente nel 411 e morì due anni prima che Ipazia venisse assassinata. 

La grande scienziata alessandrina venne trucidata dai monaci cristiani con un mandante vescovo molto potente, sadico e feroce, di una donna colpevole di non voler essere cristiana ma assertrice della filosofia e della scienza greca. 
Cirillo viene proclamato santo e «dottore della chiesa» per aver escogitato lo stravagante dogma che proclamò Maria «madre di Dio», in quanto madre di Gesù, cioè del «figlio». La "Mater Dei" era un espediente per soppiantare il culto della "Mater Deorum" titolo ufficiale con cui, dal 204 a.c., venne venerata in Roma la dea frigia Cibele.

Socrate Scolastico 370-430 d.c., storico ecclesiastico e cristiano coevo dei fatti, nel VII libro della sua "Storia Ecclesiastica" narra la tragedia di Ipazia con molta onestà, denunciando che il linciaggio di Ipazia fu, per Cirillo, già promotore della beatificazione di Ammonio, un monaco brutale e violento, che il prefetto Oreste, vittima di una sua aggressione, aveva fatto giustiziare.
 
Per vendicarsi di Oreste fece assassinare Ipazia, amica di Oreste, da una squadra di monaci delinquenti detti «parabolani» capeggiati dal lector Pietro che costituivano, per Cirillo, una specie di «guardia del corpo». Catturata per strada, venne denudata, lapidata, fatta a pezzi e bruciata. Commenta Socrate, al termine di quel capitolo: «Questo misfatto procurò non poco biasimo a Cirillo e alla chiesa di Alessandria.»



TEONE

Teone sembra aver originariamente fornito solo esempi per le operazioni di conversione del tempo e di computo dell’ascendente, del punto d’intersezione dell’eclittica sul meridiano e delle longitudini dei corpi celesti, insomma per i calcoli necessari a un oroscopo.

In pratica sia Pappo sia Teone sono attenti soprattutto alle singole dimostrazioni geometriche e aritmetiche. La tradizione dei manoscritti medievali tendeva a favorire la conservazione delle opere che si riferivano all’Almagesto e alle Tavole manuali, ma sappiamo che sia Pappo che Teone redassero anche altri scritti astronomici, di cui ci restano solo i titoli.


PAPPO

Le sue opere sono in gran parte andate distrutte; l'unica pervenutaci è intitolata Synagoge, (o Collectiones mathematicae) un compendio di matematica di otto volumi, dei quali, però, il primo e quasi tutto il secondo sono andati distrutti. L'opera accoglie svariatissimi argomenti, tra cui geometria, matematica ricreativa, duplicazione del cubo, poligoni e poliedri.

Tra i suoi teoremi ricordiamo: 
- il Teorema del centroide di Pappo (per calcolare il volume di solidi di rotazione, quando si conoscono le coordinate del baricentro), 
- la Catena di Pappo (sequenza infinita di circonferenze inscrivibili nel piano compreso tra due circonferenze di diverso raggio tra loro tangenti internamente), 
- il Teorema armonico di Pappo (un quadrilatero di vertici A, B, C, D, in cui G è il punto d’intersezione delle diagonali, ogni lato è diviso dalle rette passanti per G e condotte dai punti E e F in cui si intersecano i prolungamenti dei lati); 
- il Teorema dell'esagono di Pappo (un teorema di geometria proiettiva del piano);
- il Teorema di Pappo-Pascal, (mediante il calcolo dei segmenti, è possibile fondare una teoria delle similitudini indipendente dall'assioma di Archimede);
- Teoremi di Pappo-Guldino (per calcolare una superficie).


MARZIANO CAPELLA ( IV e V secolo d.c.)

Del cartaginese Marziano Capella ci è noto il "De nuptiis Philologiae et Mercurii" (Le nozze della Filologia con Mercurio), in cui l’autore descrive l’ascesa al cielo di una fanciulla eruditissima (la Filologia), con le sette arti liberali (del trivio: grammatica dialettica, retorica, e del quadrivio: geometria, aritmetica, astronomia, musica), per sposare Mercurio (l’Eloquenza). 

Nel libro VIII, di astronomia, afferma che solo il Sole e La Luna hanno movimenti diretti, mentre gli altri cinque hanno stazioni e retrogrediscono, cioè in alcuni periodi invertono il corso rispetto alle stelle fisse in senso opposto alla rotazione celeste.

Inoltre, il Sole e Luna sarebbero soggetti alle eclissi, ma non gli altri pianeti, e il Sole illumina sempre metà del globo lunare, che ci appare rischiarato solo parzialmente per buona parte del suo periodo sinodico perché il suo lato illuminato non è rivolto alla Terra. 

Nel XIII giorno la Luna volge alla Terra la sua faccia buia diventando invisibile. Essa compie una rivoluzione in 27,66 giorni, ma impiega 29 giorni e mezzo per completare il periodo delle sue fasi perché deve raggiungere il Sole che nel frattempo si è spostato nel segno zodiacale successivo o, talvolta, due segni più avanti.

Solo cinque pianeti (Sole, Luna, Marte, Giove e Saturno) girerebbero attorno alla Terra, mentre Venere e Mercurio girerebbero attorno al Sole, e tutti e tre attorno alla Terra. Nel periodo medievale questa tradizione di Capella unita a un’altra di Plinio, produrranno disegni di orbite di Venere e Mercurio che effettuano la loro rivoluzione attorno al Sole. 


MACROBIO (inizi del V secolo d.c.)

Ambrogio Teodosio Macrobio, rivestì alti incarichi governativi sotto il regno di Onorio. Le sue due opere più famose sono i Saturnalia ed il Commentariorum in Somnium Scipioni. I Saturnalia, in sette libri, narra le conversazioni di un gruppo di amici uniti in un simposio in onore del Dio Saturno, dove emergono informazioni su opere antiche andate perdute, e su religioni dell’antichità. 

Riprendendo la teoria di Cratete di Mallo, Macrobio sostiene che la Terra è divisa dagli oceani in quattro parti, tutte abitate. Nell’enumerare l’ordine dei pianeti, Macrobio fa un po’ di confusione, probabilmente per il rispetto che nutre per i suoi sommi maestri: Platone e Cicerone. 

Infatti prima espone l’ordine secondo la dottrina platonica (Luna, Sole, Mercurio e Venere), poi secondo quello più recente di Cicerone derivato da Posidonio, cioè Luna, Sole, Venere e Mercurio. La confusione sull’ordine esatto, precisa, è dovuto alle diverse fonti: Platone si era basato sulle osservazioni egizie, mentre Cicerone su quelle caldee. 

Basandosi su Cicerone, egli afferma che le sfere planetarie più lontane dalla Terra emettono suoni acuti per la velocità altissima dei pianeti nelle loro orbite, e tale suono diventa più grave nella sfera lunare poiché ha una velocità molto bassa. Secondo Macrobio, i percorsi dei pianeti, pur deviando leggermente dall’eclittica, sono confinati nella fascia dello zodiaco. 

L’eclittica, inoltre, interseca due volte lo zodiaco, e deve il suo nome al fatto che un’eclissi si può verificare solamente quando sia il Sole che la Luna si muovono entrambi in questo circolo celeste: si può avere un’eclisse di Luna solo al 15° giorno lunare ed un’eclisse di Sole solo al 30° giorno lunare. 

Macrobio fu ben reputato nel Medioevo perchè considerato un cristiano, per cui le sue opere vennero lette, studiate e copiate dagli amanuensi nei monasteri. In realtà egli non parla mai del cristianesimo o non menziona mai di essere cristiano, anzi, nei Saturnalia sembra quasi nutrire ammirazione per i pagani. 

L’unico accenno alla sua religiosità è nella frase in cui afferma di credere in un’essenza creatrice, senza specificare quale, se il Dio del cristianesimo o il logos della filosofia stoica, oppure quello del neoplatonismo. 


BOEZIO (476 - 525 d.c.)

Tra la fine del V e l’instaurarsi nell’Europa occidentale di regni barbari, come quello dei Goti, ricordiamo Anicio Manlio Torquato Severino Boezio, tra le cui opere scientifiche c'è il Quadrivium, le quattro scienze fondamentali del tempo: il  De institutione arithmetica ed i perduti De institutione geometrica e De institutione astronomica. 


COMMENTATORI DELL'ASTRONOMIA GRECA

Sino al XIX sec. la documentazione relativa all’astronomia greca si basava sugli scritti di Tolomeo e dei suoi più tardi commentatori, I documenti in questione sono costituiti principalmente da frammenti di rotoli papiracei e di codici scavati o rinvenuti in vari siti egizi.

I papiri astronomici, quasi tutti in greco, vanno dal I sec. a.c. al VI d.c., ma il maggior numero appartiene al II e al III secolo del mondo greco-romano. Vennero praticate tre forme di astrologia, ciascuna con specifiche esigenze astronomiche:
- la astrologia ‘generale’, che ricavava previsioni locali dai prodigi celesti, derivata dai testi mesopotamici del I millennio a.c. sui presagi celesti, filtrata però attraverso gli egizi.
- l’astrologia ‘catarchica' consisteva soprattutto nella valutazione dei giorni fausti o infausti per intraprendere un’attività, specifica o generica. Significative le posizioni della Luna e dei pianeti nello Zodiaco. Nelle effemeridi più tarde, a partire dal V sec., apparvero colonne con la valutazione del giorno, per conoscere i dati significativi in anticipo alla data cui si riferivano; quindi tutte le posizioni e le date astronomiche significative erano calcolate e non osservate.
- l’astrologia 'oroscopica individuale' in cui i dati astronomici considerati miravano a predire il carattere e il destino di una persona, e includevano la posizione zodiacale del Sole, della Luna e dei pianeti, nonché la situazione dello Zodiaco rispetto all’orizzonte locale, al momento della nascita.

STELE FUNERARIA DI PROCLO

PROCLO

Nella Tarda Antichità gli esponenti principali dell’astronomia furono i filosofi neoplatonici delle scuole di Atene e di Alessandria. Proclo di Atene, fu il primo a inserire tra le competenze richieste al filosofo nozioni di geometria e astronomia. 

I suoi Elementi di teologia costituiscono il primo tentativo di applicazione del metodo della dimostrazione euclidea alla metafisica. Per lui, astronomia significa l’astronomia dell’Almagesto. Il metodo è l’opposto di quello di Pappo e Teone: mentre essi ampliano il testo di Tolomeo per rendere comprensibile il livello speculativo allo studente di matematica, Proclo elimina la parte matematica.


IL DECADIMENTO DELL'ASTRONOMIA

Sappiamo dall’attività di Menelao di Alessandria e da Galeno che nel II sec. d.c. Roma era un importante centro di astronomia e di astrologia; nella Tarda Antichità si verifica un cambiamento, perchè molti scrittori si dedicano all’astronomia, ma quasi nessuno di loro si riferisce alla scienza astronomica negli ultimi quattro o cinque secoli. Calcidio nel IV sec., Macrobio e Marziano Capella all’inizio del VI sembrano evitare quasi deliberatamente di conoscere i testi di Tolomeo e dei suoi immediati predecessori. 


NICCOLO' COPERNICO

Lo scienziato polacco Niccolò Copernico nel 1500 sostenne la teoria eliocentrica nel trattato intitolato "De Revolutionibus orbium coelestium", da lui dedicato a papa Paolo III, ma la sua teoria era in contrasto con le Sacre Scritture e se si fosse dimostrato un errore biblico i fedeli avrebbero potuto dubitare della Bibbia. 

In un passo dell'Antico Testamento, infatti, si legge in un passo di Giosuè "Fermati, o Sole...", parole da sempre state interpretate come dimostrazione del geocentrismo. Copernico non venne accusato di eresia perchè il suo trattato conteneva una prefazione del teologo Andrea Hosemann  in cui si sosteneva che il sistema di Copernico era solo uno strumento matematico e che non voleva rappresentare la realtà, tuttavia nel 1616 la sua opera venne messa all'Indice.



GALILEO GALILEI

La teoria copernicana fu poi rivisitata da Galileo Galilei, considerato il padre della scienza moderna e del metodo scientifico. Il Santo Uffizio inquisì Galileo, sospettato di eresia e accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture, perché egli aveva esposto quelle che fino ad allora erano solo ipotesi come tesi scientifiche.

Galileo fu processato e condannato dal Sant'Uffizio, nonché costretto, il 22 giugno 1633, agli arresti domiciliari a vita nella propria villa di Arcetri, a recitare preghiere quotidiane e a pronunciare un atto di abiura in cui dovette sconfessare come falso il proprio operato.
 

BIBLIO

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