S. PRASSEDE E IL PAVIMENTO COL PORFIDO D'ETA' IMPERIALE |
La chiesa prende il nome da S. Prassede, sorella di S. Pudenziana e figlia del senatore romano Pudente, che si dice fu discepolo di S. Paolo. Secondo la leggenda Prassede e Pudenziana sarebbero state uccise perché davano sepoltura ai martiri delle persecuzioni di Antonino Pio (peraltro molto tollerante con le varie religioni) nei pozzi situati nel vasto terreno di proprietà del padre.
Seppellire nei pozzi significa far decomporre i corpi nell'acqua provocando almeno nel giro di un KM un fetore insopportabile e inquinando terreni e acque di tutta la zona, pertanto impossibile. Ora Traiano non aveva ordinato alcuna ricerca attiva dei cristiani, ma, in caso di denuncia, essi dovevano essere condannati solo se avessero rifiutato di sacrificare agli Dei e le denunce anonime andavano respinte.
Adriano e il suo successore Antonino Pio (86 – 161) confermarono Traiano, stabilendo per giunta pene severe per chi avesse avanzato un'accusa falsa di cristianesimo. I romani conoscevano molto bene i rischi dei corpi insepolti tanto è vero che avevano degli ustrini dove si cremavano i cadaveri quando non avevano parenti che potessero pagare dei funerali.
Ma c'è una variante della leggenda, che però è ancora più horror, perchè narra che la giovane non gettava i corpi nei pozzi ma invece raccoglieva il sangue dei martiri vuotandolo in un pozzo. Ora tutti sanno che con la morte il sangue cessa di fluire a causa del mancato pompaggio del cuore, pertanto non ci sarebbe riuscita nemmeno sgozzandoli con le sue mani.
COLONNE DI SPOGLIO |
SOTTO LA CHIESA
La chiesa ha conservato poco del suo aspetto medioevale. Ma prima di essere medievale il luogo fu abitato e fu romano, trovandosi nel cuore del rione esquilino. Per aver idea del luogo, in Via di S. Martino ai Monti si trova un altare in marmo, scoperto nel 1888, dedicato a Mercurio, divinità dei viaggiatori, degli oratori e delle attività commerciali. Sull’altare c'è l' iscrizione:
La chiesa ha conservato poco del suo aspetto medioevale. Ma prima di essere medievale il luogo fu abitato e fu romano, trovandosi nel cuore del rione esquilino. Per aver idea del luogo, in Via di S. Martino ai Monti si trova un altare in marmo, scoperto nel 1888, dedicato a Mercurio, divinità dei viaggiatori, degli oratori e delle attività commerciali. Sull’altare c'è l' iscrizione:
“IMP CAES DIVI F AVGVST PONTIF MAXIMVS COS XI TRIBVNICIA POTEST XIIII E STIPE QVAM POPVLVS ROMANVS K IANVARIIS APSENTI EI CONTVLIT IVLLO ANTONIO AFRICANO FABIO COS MERCVRIO SACRVM“,
ovvero “L’imperatore Cesare Augusto, figlio del divo Giulio, Pontefice Maximo, Console per l’undicesima volta, investito del potere tribunizio per la quattordicesima volta dedicò questo monumento con il denaro che il popolo romano donò il primo gennaio, mentre lui era assente, durante il consolato di Iullo Antonio e Fabio Africano. Consacrato a Mercurio”.
L’altare venne dedicato nel 10 a.c. per volere di Augusto, che aveva ripristinato la festività delle divinità poste al crocevia delle strade, la Compitalia.La basilica conserva comunque il protiro di accesso situato lungo via di S.Martino ai Monti, (che collega via Merulana con la piazza di S.Martino ai Monti), e che immette, dopo una lunga scala, in un cortile nel quale si erge la semplice facciata in mattoni della chiesa come fu voluta da Papa Pasquale I. Il cortile conserva i resti di un colonnato con capitelli corinzi appartenuto probabilmente alla basilica del V secolo. L’accesso alla chiesa avviene anche attraverso un ingresso laterale su via di S. Prassede.
SARCOFAGI ROMANI |
Una lapide del 491 informa di un titulus Praxedis riferito alla famiglia del senatore Pudente (I secolo d.c.), uno dei primi convertiti a Roma dall'apostolo Paolo, a seguito del quale si convertirono al cristianesimo anche le figlie Pudenziana e Prassede.
Pudente possedeva una villa i cui resti sono posti ben nove metri sotto l'attuale basilica, nella quale nascondeva i cristiani perseguitati (secondo alcune fonti anche l'apostolo Pietro). Quando Pudente subì il martirio, Prassede e Pudenziana, con il consenso del Papa Pio I fecero costruire un battistero per battezzare i i nuovi cristiani. Ma anche Prassede e Pudenziana subirono il martirio durante le persecuzioni di Antonino Pio.
Alla morte di Pudenziana, Prassede utilizzò il patrimonio di famiglia per costruire una chiesa "sub titulo Praxedis". Nascose molti cristiani perseguitati, quando questi, furono scoperti e martirizzati, raccolse i corpi per seppellirli nel cimitero di Priscilla sulla Via Salaria, dove anche lei trovò sepoltura insieme alla sorella e al padre.
Si racconta che Prassede, raccoglieva con una spugna il sangue dei martiri per versarlo in un pozzo, il che vista la proprietà coagulante del sangue per fortuna è impossibile, a meno che non si invochi un miracolo, anzi due miracoli, perchè la santa doveva anche potersi accostare ai martirizzati. E' come se durante un'esecuzione sulla pubblica piazza qualcun andasse e bagnare una spugna nel sangue del condannato. Qualcuno però disse che il sangue non lo versava nel pozzo ma lo custodiva in apposite ampolle, ma anche questo ha qualcosa di inquietante.
Oppure che il disco di porfido del pavimento ricoprirebbe il pozzo nel quale la santa avrebbe raccolto stavolta sia i resti ed il sangue di diverse migliaia di martiri, che costituirebbe da un lato il lavoro di una vita e dall'altro la fine di Roma per invasione di putrescina e cadaverina con relativi colera.
D'altronde le notizie agiografiche su Prassede derivano da alcuni "Leggendari" romani, ossia racconti composti tra il V e il VI secolo, particolarmente diffusi in epoca medievale. Il periodo in cui sarebbe vissuta sarebbe forse nel II secolo, forse al tempo di Antonino Pio. Il che significa che tre o quattrocento anni dopo la sua morte qualcuno avrebbe raccontato la storia della martire per sentito dire. E' ovvio che nulla si tramanda così a lungo per sentito dire.
D'altronde le notizie agiografiche su Prassede derivano da alcuni "Leggendari" romani, ossia racconti composti tra il V e il VI secolo, particolarmente diffusi in epoca medievale. Il periodo in cui sarebbe vissuta sarebbe forse nel II secolo, forse al tempo di Antonino Pio. Il che significa che tre o quattrocento anni dopo la sua morte qualcuno avrebbe raccontato la storia della martire per sentito dire. E' ovvio che nulla si tramanda così a lungo per sentito dire.
Altra versione
La chiesa attuale si deve al rifacimento operato da papa Pasquale I nell'817, che costruì un nuovo edificio sacro al posto del precedente, per accogliere, e qui la versione è più accettabile, le ossa dei martiri sepolti nel cimitero di Priscilla. Fin dal IX secolo la chiesa era inserita nel tessuto edilizio a tal punto che la facciata non era visibile dalla strada, come lo è tuttora.
LA FACCIATA |
La chiesa oggi è gestita da una comunità di monaci benedettini. fondata nel 1039 a Vallombrosa, che, nei secoli, lottarono contro la simonia, contro la corruzione e la mondanità della Chiesa, sensibili alla tutela del creato e, in particolare, "monaci forestali" dato che per lungo tempo (dall'XI al XIX secolo) hanno gestito la foresta di Vallombrosa.
Papa Innocenzo III assegnò la basilica, nel 1198, ai monaci di Vallombrosa, che ancora oggi la possiedono. Il cardinale Lodovico Pico della Mirandola, su indicazione del sinodo romano del 1725, fece cercare le reliquie antiche nel presbiterio e nella cripta. Nel 1918 fu rifatto il pavimento in stile cosmatesco, e nel 1937 venne tolto l'intonaco della facciata per ripristinare l'antica struttura.
Lo stile cosmatesco è adottato in genere per i pavimenti antichi romani che spesso vengono spezzati in opus sectile, unitamente però a grandi tondi di porfido rosso o verde serpentino, di sicura provenienza romana e imperiale.
DESCRIZIONE
La pianta della Basilica prende come modello la pianta della primitiva Basilica di San Pietro, con una navata centrale, due navate laterali divise da colonne, un transetto e un'abside, all'esterno un portale con scalinata e un portico.
La facciata della basilica, non visibile dalla strada, è all'interno di un cortile quadrangolare che rimarca in parte l'antico quadriportico paleocristiano nel quale sono state ritrovate delle antiche colonne romane. Vi si accede attraverso una lunga scalinata in discesa in via di San Martino ai Monti con l'antico protiro (portico a cuspide del portale) con volta a botte romanica sorretto da due colonne, ancora di spoglio, con capitelli ionici, quello di sinistra originale romano, quello di destra rifacimento medioevale.
Dalla facciata è stato rimosso l'intonaco lasciando a vista il paramento di mattoni e fu chiusa la finestra barocca al centro, possiede ancora le tre monofore ad arco a tutto sesto paleocristiane e, nella parte inferiore, il portale barocco con timpano marmoreo e cornicione riccamente scolpito.
La pianta della Basilica prende come modello la pianta della primitiva Basilica di San Pietro, con una navata centrale, due navate laterali divise da colonne, un transetto e un'abside, all'esterno un portale con scalinata e un portico.
La facciata della basilica, non visibile dalla strada, è all'interno di un cortile quadrangolare che rimarca in parte l'antico quadriportico paleocristiano nel quale sono state ritrovate delle antiche colonne romane. Vi si accede attraverso una lunga scalinata in discesa in via di San Martino ai Monti con l'antico protiro (portico a cuspide del portale) con volta a botte romanica sorretto da due colonne, ancora di spoglio, con capitelli ionici, quello di sinistra originale romano, quello di destra rifacimento medioevale.
FACCIATA DEL CORTILE - COLONNE ROMANE |
La basilica è a tre navate di cui la navata centrale è divisa dalle laterali da ventiquattro colonne che sorreggono l'architrave, con il corpo originale e i capitelli trasformati alla fine del XVI secolo.
Per consolidare la struttura pericolante, nel XIII secolo furono costruiti tre archi trasversali, inglobando e sacrificando sei colonne. Gli archi dividono il corpo della Basilica in quattro sezioni di uguali dimensioni.
Le colonne di marmo greco risalenti al I - II secolo, già inglobate nei muri, sono state rimesse in luce rivelando l'antichità dell'edificio. I capitelli già modificati nel Medioevo, sono stati riadattati per sostenere l'architrave.
Il ciborio a pianta quadrata, è sostenuto da quattro colonne in porfido rosso sicuramente appartenute alla domus romana del senatore. Sotto il poggiolo di destra, una lapide del 1743 è dedicata a Lodovico Pico Della Mirandola, il cui corpo venne trasportato nella chiesa del SS. Nome di Maria alla Colonna Traiana, dove si trova ancora oggi una placca nei pressi dell'altare maggiore con le sue armi.
Il suo cuore, invece, venne sepolto nella chiesa di Santa Prassede. Tali smembramenti piuttosto orrifici, come l'estrazione del cuore, intervenivano per aumentare il numero delle reliquie nelle varie chiese, in quanto esse producevano soldi da parte dei fedeli.
Anche la cripta venne rifatta. In precedenza esisteva una camera con le reliquie, a cui si accedeva tramite due scale; essa conservava anche due sarcofagi, le cui iscrizioni indicavano che essi contenevano i corpi di Prassede e Pudenziana. Oggi l'ingresso è unico, e porta ad un corridoio, dove sono collocati quattro sarcofagi (di chi?), che termina con un altare cosmatesco, ove è presente un affresco, rifacimento settecentesco di quello esistente nell'antica camera reliquiaria e andato distrutto.
Anche la cripta venne rifatta. In precedenza esisteva una camera con le reliquie, a cui si accedeva tramite due scale; essa conservava anche due sarcofagi, le cui iscrizioni indicavano che essi contenevano i corpi di Prassede e Pudenziana. Oggi l'ingresso è unico, e porta ad un corridoio, dove sono collocati quattro sarcofagi (di chi?), che termina con un altare cosmatesco, ove è presente un affresco, rifacimento settecentesco di quello esistente nell'antica camera reliquiaria e andato distrutto.
IL GIACIGLIO DELLA SANTA
Sul fondo è inserita una lastra di marmo nero: la leggenda vuole che sia la pietra sulla quale Prassede dormiva (perchè soffrire è un grande merito presso il Signore) e con la quale fu chiusa la sua tomba. Ai lati dell'edicola sono due affreschi raffiguranti i genitori della santa, Pudente e Sabina.
LA COLONNA DELLA FLAGELLAZIONE
Custodita in un reliquario di bronzo dorato si conserva quella che si ritiene la colonna della flagellazione
di Gesù Cristo, una colonna però un po' bassina, alta solo 63 cm (quasi un terzo di un uomo per cui incorse nell'ironia di Gioacchino Belli) e con un diametro che varia da 13 a 20 cm, portata da Gerusalemme a Roma dal cardinale Giovanni Colonna nel 1223. Colonne che vengono associate alla flagellazione di Cristo e considerate autentiche ce ne sono, oltre a quella di S. Prassede, una a Gerusalemme, una a Istanbul, e una nella basilica del Santo Sepolcro di Bologna.
Si tratta di una colonna di quarzo-diorite, bianca e nera, a forma di colonnetta ornamentale, rastremata, con collarino e capitello. Ne mancano alcune parti, asportate poco a poco per farne doni, una parte più consistente fu donata da Sisto V nel 1585 ai fedeli di Padova. Secondo alcuni la colonna aveva un anello in cima a cui veniva legata la corda, e in effetti è ancora visibile il punto in cui l'anello era fissato. Fu donato al re Luigi IX di Francia in cambio di tre spine della corona che aveva appena comprato.
Sono presenti altri piccoli frammenti di questa colonna in varie chiese di Roma e altri luoghi. Una targa enuncia che la colonna fu portata da Gerusalemme, nel 1223, dal Cardinale Giovanni Colonna, legato apostolico in Oriente durante la V Crociata (1217-1221), incaricato da Onorio III di portare a Roma tutte le reliquie possibili per salvarle dagli infedeli. Al suo ritorno fece custodire la colonna (che dopo 1200 sapevano fosse quella della flagellazione e se l'erano messa da parte) nella basilica di Santa Prassede, della quale era titolare.
Custodita in un reliquario di bronzo dorato si conserva quella che si ritiene la colonna della flagellazione
di Gesù Cristo, una colonna però un po' bassina, alta solo 63 cm (quasi un terzo di un uomo per cui incorse nell'ironia di Gioacchino Belli) e con un diametro che varia da 13 a 20 cm, portata da Gerusalemme a Roma dal cardinale Giovanni Colonna nel 1223. Colonne che vengono associate alla flagellazione di Cristo e considerate autentiche ce ne sono, oltre a quella di S. Prassede, una a Gerusalemme, una a Istanbul, e una nella basilica del Santo Sepolcro di Bologna.
Si tratta di una colonna di quarzo-diorite, bianca e nera, a forma di colonnetta ornamentale, rastremata, con collarino e capitello. Ne mancano alcune parti, asportate poco a poco per farne doni, una parte più consistente fu donata da Sisto V nel 1585 ai fedeli di Padova. Secondo alcuni la colonna aveva un anello in cima a cui veniva legata la corda, e in effetti è ancora visibile il punto in cui l'anello era fissato. Fu donato al re Luigi IX di Francia in cambio di tre spine della corona che aveva appena comprato.
Sono presenti altri piccoli frammenti di questa colonna in varie chiese di Roma e altri luoghi. Una targa enuncia che la colonna fu portata da Gerusalemme, nel 1223, dal Cardinale Giovanni Colonna, legato apostolico in Oriente durante la V Crociata (1217-1221), incaricato da Onorio III di portare a Roma tutte le reliquie possibili per salvarle dagli infedeli. Al suo ritorno fece custodire la colonna (che dopo 1200 sapevano fosse quella della flagellazione e se l'erano messa da parte) nella basilica di Santa Prassede, della quale era titolare.
La colonna veniva dalla chiesa dei Santi Apostoli sul Monte Sion di Gerusalemme, portata forse dai cristiani dopo la distruzione della città del 70. Non sappiamo che fine fecero le altre reliquie della primitiva chiesa, nè dove stava la colonna nè chi gliela diede. Il tipo di marmo però proviene dall’Egitto, vicino a Bir Kattar, e si trova solo lì. Le importazioni dall'Egitto finirono con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente.
- Paola Gallio - La Basilica di Santa Prassede - Genova - Ed. d'Arte Marconi - 2000 -
- Francesco Salvestrini - Disciplina Caritatis. Il monachesimo vallombrosano tra Medioevo e prima età moderna - Roma - Viella - 2008 -
- A. Ballardini, M. Caperna - A Santa Prassede, nella Gerusalemme nuova. L’assetto architettonico dello spazio absidale, l’arredo e la disposizione liturgica - illustr. R. Ragione a cura di C. Bordino, C. Croci, V. Sulovsky - Rome on the Bordes - Convivium - Masarykova universita - Brno 2020 -
- Claudio Rendina - Le Chiese di Roma - Newton & Compton Editori - 2000 -
- Paola Gallio - La Basilica di Santa Prassede - Genova - Ed. d'Arte Marconi - 2000 -
- Francesco Salvestrini - Disciplina Caritatis. Il monachesimo vallombrosano tra Medioevo e prima età moderna - Roma - Viella - 2008 -
- A. Ballardini, M. Caperna - A Santa Prassede, nella Gerusalemme nuova. L’assetto architettonico dello spazio absidale, l’arredo e la disposizione liturgica - illustr. R. Ragione a cura di C. Bordino, C. Croci, V. Sulovsky - Rome on the Bordes - Convivium - Masarykova universita - Brno 2020 -
- Claudio Rendina - Le Chiese di Roma - Newton & Compton Editori - 2000 -
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