VIA CECILIA



LA VIA CECILIA

La via Cecilia (in latino: Via Caecilia) era una antica via romana che staccandosi dalla via Salaria (diretta da Roma a Porto d’Ascoli) al 35º miglio da Roma, correva verso la costa adriatica raggiungendo Amiternum e Hatria (oggi Atri), superando l'Appennino centrale nel passo oggi chiamato delle Capannelle. 

La via ricalcava l’antico tratturo che i pastori guerrieri, percorrevano per recarsi nel Tirreno a procurarsi il sale ed effettuare poi la transumanza. Sono così riemerse le testimonianze, a volte imponenti, di questa via tra i cui resti c'è un antico ponte monumentale di straordinaria fattura che ingloba un tratto di mura poligonali ancor più antiche. 

La via venne ricordata solo in occasione di un restauro come riporta una lapide rinvenuta nell’Ottocento a Roma. Essa collegava Roma e Castrum Novum (odierna Giulianova), nell'antichità importante per la pastorizia come percorso di transumanza per le greggi del massiccio del Gran Sasso.

In un’altra iscrizione, trovata in Abruzzo, si riporta il nome di Lucio Caecilius Maetellus, suo probabile patrocinatore e progenitore della gens Caecilia. Altri miliari annunciano restauri della via anche in tarda epoca imperiale (seconda metà del IV sec.), nonostante l'isolamento di queste aree montane. 

Vi sono dubbi sul tracciato della via, per alcuni studiosi la biforcazione dalla Salaria avveniva poco prima di Rieti, per altri all’altezza di Antrodoco. Dopo un impervio percorso montano le due strade dovevano congiungersi ad Amiternum, presso L’Aquila. La Cecilia superava poi l’Appennino al passo delle Capannelle e raggiungeva Interamnia, ovvero l’attuale Teramo. 


STRADA COLLE CAPANNELLE

LA STORIA
La realizzazione della strada consolare Cecilia risale al 293 a.c. durante la conquista del territorio Sabino e Pretuzio, ottenuta con grande successo da Manio Curio Dentato, un grande eroe di Roma che pose fine alle guerre sannitiche.

La romanizzazione del territorio dei Pretuzi avvenne mediante le fondazioni della colonia latina Hatria (Atri) e Castrum Novum (Giulianova), nel 268 -284 a.c. dove si crearono nuovi assi viarii per l'esercito e per il commercio.

Questa necessità probabilmente nacque anche dallo sfruttamento delle saline adriatiche, enormemente importanti  all'epoca non solo per salare i cibi, ma per mantenere gli stessi sotto sale, dal momento che era l'unico modo per una lunga conservazione di carni e di pesci.

Inoltre ormai le saline ostiensi non potevano più essere sufficienti al fabbisogno dello stato romano che era in rapida espansione.



IL COLLE DEL VENTO

Il tratto terminale lungo la valle del Vomano ha lasciato diversi resti ma un unico reperto stradale, giusto alle Capannelle, dove la via transitava a maggior altitudine, a quota 1299, sotto le pendici orientali della dorsale del Gran Sasso 

MURAGLIA PREROMANA
L’area intorno a Piano Vomano ha restituito invece tracce di un santuario votivo e di un abitato medievale poi abbandonato, elementi che giustificano il transito di un’antica via, forse una diramazione della Via Cecilia, magari poco distante ma a una quota altimetrica inferiore. 

Il sito, chiamato Colle del Vento, aveva anche un importante ruolo strategico, come testimonia una poderosa muraglia appartenente a una fortificazione di epoca pre-romana (VI-IV sec. a.c.).

Nel primo tratto la Via Cecilia ricalcava la già presente Via Salaria raggiungendo Interocrium (Antrodoco), che iniziò nel 27 a.c. da una mansio, una stazione di posta sulla via Salaria. 

Il centro che da essa si sviluppò accolse tra i suoi ospiti l'imperatore Vespasiano e i suoi figli Tito e Domiziano. Fonti latine menzionano anche le proprietà terapeutiche delle sue acque solfuree

Da qui la via Caecilia si distaccava dalla via Salaria e proseguiva verso Amiternum per poi risalire verso l’Appennino.

Presso l’abitato romano di Poggio Umbricchio, cadeva il miliari CIII, si proseguiva poi fino al paese di Montorio al Vomano. 

La Cecilia, continuava da qui un doppio itinerario in funzione delle due colonie adriatiche di nuova fondazione: un asse, attraverso Valle San Giovanni (miliario CXIII) raggiungeva Inteamniae (Teramo) e poi proseguiva, seguendo più o meno il corso del basso Tordino, fino a Castrum Novum.

L’altro braccio, invece, seguendo il Vomano proseguiva verso Hatria (Atri).

 


MONTORIO

Lungo il fiume Vomano, si trovava il tempio romano di Ercole, di notevole importanza storico-archeologica, scoperto nel 1865. Della struttura si conservavano resti cospicui della cella con pavimento a mosaico, realizzato in opus tessellatum con tessere di calcare bianche e riquadratura a tessere nere. 

Il pavimento riporta l'iscrizione dedicatoria della coppia consolare, datata al 55 a.c., la dedica ad Ercole, e la realizzazione dell'edificio ad opera di tre magistri di un vicus, nell'area di Montorio. A circa mezz'ora di cammino, dal piccolo centro di Piano Vomano di Crognaleto, appaiono le mura megalitiche di Colle del Vento, in opera "quasi quadrata", a controllo dell'alta valle del Vomano, lungo cui si snodava l'antica Via Cecilia.

 


TERAMO

Anche a Interamnia le aree sepolcrali si disponevano lungo le vie extra urbane, con le sepolture di Ponte Messato (o Madonna della Cona) sull’antica via Caecilia, che da Interamnia conduceva ad Amiternum (San Vittorino). 

Un’altra necropoli doveva ubicarsi lungo la via che da Interamnia si dirigeva a Castum Novum (Giulianova), da cui provengono, due iscrizioni funerarie di Archipeta Eunuchus e Valeria Praetuttiana, e un’altra di Quinto Poppeo, patrono del municipio e della colonia, riadoperata come coperchio di una tomba. 

A Ponte Messato, una vasta area sepolcrale con grandi monumenti funerari del tipo a circolo con fossa centrale e ricchi corredi, che vanno dal IX secolo a.c. fino all’età imperiale. La necropoli italica, del IX-VI secolo a.c., è a inumazione mentre quella romana, a mausolei,  è a incinerazione fino al II secolo d.c., quando si ritorna all’inumazione con tombe alla cappuccina.


Il mausoleo più imponente era di Sextus Histimennius, alto m 3 di con due cippi gemelli ai confini dell’area sepolcrale, con una statua in marmo bianco (oggi dispersa sicuramente venduta), del I secolo d.c., di un defunto togato. 

Gli edifici abitativi, con murature in opera incerta, hanno pavimentazioni in cocciopesto dipinto di rosso e decorazioni geometriche a tessere bianche a reticolato o a doppio meandro. Dal III sec. d.c., si installò un impianto artigianale, probabilmente una fullonica per la tintura dei panni, utilizzata fino al V sec. d.c., abbattuta per adibire l'area ad esercitazioni militari.

Sotto Palazzo Melatino è comparsa una domus romana del I secolo a.c. utilizzata sino al IV secolo d.c.. Ne restano tre ambienti, due laterali e uno centrale più grande e dalle decorazioni più sfarzose, un prezioso pavimento a mosaico, e i resti di pareti affrescate e marmi policromi

Sotto piazza Sant’Anna, reperiti edifici privati con mosaici in tre ambienti pertinenti ad un edificio privato in uso dal I sec. a.c. al II sec. d.c. con vari rimaneggiamenti. I mosaici si collocano esternamente all’antica cattedrale e si affacciano su un’area scoperta, un peristilio circondato da colonne con vasca per la raccolta dell’acqua piovana.

ANFITEATRO DI AMITERNUM


AMITERNUM

Ad Amiternum, che sorgeva sul colle di San Vittorino, a circa 11 km dall’Aquila, si trovano i resti di un teatro, un anfiteatro e la pianta di una domus, e sono il sito archeologico principale di epoca romana. Venne traversata nel 211 a.c. da Annibale col suo esercito che marciava verso Roma, ma fu conquistata dai Romani guidati dal console Manio Curio Dentato, (330 – 270 a.c.) l'eroe plebeo di Roma antica, che pose fine alle guerre sannitiche.

Sul loro territorio vennero distribuite molte terre ai cittadini e soprattutto ai soldati romani, ai quali si assimilarono del tutto i Sabini, accolti poi nel 268 a.c. nella cittadinanza romana con l'inclusione in due nuove tribù, la Quirina e la Velina.

 



GIULIANOVA

Le origini di Giulianova risalgono agli anni immediatamente successivi alla conquista da parte di Roma della fascia medioadriatica, con la fondazione, intorno al 290 a.c., di Castrum Novum Piceni. Si pensa che Castrum Novum Piceni, venne fortificato assecondando le difese naturali del terreno e si collegasse a Roma per mezzo della via Cecilia, e mediante la Salaria verso i centri della costa adriatica.

La città, dotata di un impianto portuale esteso alla sinistra e alla destra del fiume, è ricordata come centro potente e fortificato da Plinio, Tolomeo, Velleio Patercolo e Strabone. In età imperiale ebbe i bagni termali, e nel suo agro furono dedotte colonie militari da Augusto e da Nerone.


BIBLIO

- Dionigi di Alicarnasso - Antiquitates Romanae -
- Plinio il Vecchio - Naturalis Historia -
- Strabone - Geografia -
- Riccardo Di Cesare - Interamna Praetuttianorum -Sculture romane e contesto urbano - Bari - 2010 -
- Alessandro Mucciante - Amiternum - loc. San Vittorino: le indagini nell'area del Teatro - Quaderni di Archeologia d'Abruzzo - Firenze - 2016 -
- Simonetta Segenni - Amiternum e il suo territorio in età romana - Pisa - Giardini - 1985 -


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