BASILICA DI SAN VITALE


Percorrendo il lunghissimo rettifilo di via Nazionale, superando l’Altare della Patria con le sue vittorie alate fino al Palazzo delle Esposizioni, costruito nel 1883, durante i lavori umbertini che hanno trasformato la città di Roma per adeguarla a nuova capitale d’Italia, ci imbattiamo nella Basilica di San Vitale in Fovea

La chiesa ha un tetto a doppio spiovente con una tettoia di mattoni, dai colori più scuri e antichi.  La chiesa si trovava in origine a una quota diversa rispetto al piano stradale attuale, notevolmente più in alto, poichè i lavori per la via Nazionale innalzarono artificialmente il livello. Ci si arriva mediante una scalinata fatta costruire da Pio IX, nel 1859.


La Basilica Parrocchiale dei Santi Vitale, Valeria, Gervasio e Protasio è una Chiesa di epoca Imperiale risalente al IV secolo dedicata originariamente, come Oratorio, ai Santi Gervasio e Protasio, due giovani soldati Martiri di origini milanesi, figli di San Vitale, soldato consolare, cioè sotto-ufficiale alle dipendenze dirette del governatore provinciale, marito di Santa Valeria, il cui martirio fu di finire sepolto vivo in fovea, cioè nella fossa. Per questo venne chiamata "basilica di S. Vitale in fovea".

L'oratorio è una parte della Domus offerta da una matrona romana durante l'impero di Onorio, sotto il pontificato di Papa Siricio, per onorare il ritrovamento, definito miracoloso, ad opera di sant'Ambrogio dei Corpi di Gervasio e Protasio.

Nel 386, la pia matrona Vestina lasciò tutti i suoi averi all'Oratorio che verrà ristrutturato in Basilica a tre navate senza pareti e consacrato da Papa Innocenzo I nel 402, per evangelizzare il popolo romano della Suburra.

LA BASILICA IN UNA STAMPA DEL 1700

La Basilica di San Vitale è corredata da un gran numero di colonne (ancora visibili esternamente) che sorreggevano un tetto a capriate con una navata centrale, fiancheggiata su ogni lato da un corridoio stretto, sempre porticato. La ragione per cui i muri vennero sostituiti dalle molte colonne è che esse erano gratuite, in quanto di spoglio, e così si formò uno spazio anticamente aperto all'esterno senza pareti ma con ampio colonnato.

Gervasio e Protasio (morti a Milano nel III secolo), detti anche Gervaso e Protaso, furono due fratelli milanesi, martiri cristiani che la tradizione vuole fossero figli di san Vitale e santa Valeria.

In realtà non si sa nemmeno quando vissero: secondo una tradizione sotto Nerone, secondo altri nella metà del III secolo, durante le persecuzioni di Decio (che durarono solo per il 251) o Valeriano (253 - 260) che però attaccò la gerarchia ecclesiastica e non i fedeli, oppure durante la persecuzione di Diocleziano (284 - 305).

Durante un periodo del V secolo un anonimo scrisse una certa Passio, dove si racconta che il padre Vitale venne ucciso a Ravenna e la madre Valeria fu assassinata sulla via di ritorno per Milano. Venuti a conoscenza della morte dei genitori i figli vendettero i beni a beneficio dei poveri, ma quando il generale Anastaso passò con le sue truppe nella città, li denunciò come cristiani. I fratelli furono arrestati e torturati. A Protasio fu tagliata la testa, mentre Gervasio morì fustigato.



LE RELIQUIE
RAFFIGURAZIONE DEI SANTI
PROTASIO E GERVASIO

I loro corpi furono ritrovati nel 386 nell'antica zona cimiteriale, corpi di cui, scrive Santo Ambrogio «tutte le ossa erano intatte, moltissimo era il sangue». 

Nell'835 in occasione del rifacimento della basilica di Sant'Ambrogio le spoglie dei due fratelli e quelle di Ambrogio furono rimosse dai loculi e poste in un'unica urna di porfido.

Nel 2018 è stata fatta una ricognizione delle spoglie dei tre santi, coordinata dalla professoressa Cristina Cattaneo. Gli scheletri attribuiti a Gervasio e Protasio mostrano una significativa somiglianza morfologica e segni compatibili con il martirio ricordato dalla tradizione (?).

La basilica ebbe successivi rifacimenti e abbellimenti fino al 1475 e poi nel 1595, dopo la cessione della chiesa ai Gesuiti da parte di Clemente VIII Aldobrandini. 

Come già Vestina, ancora una donna rese possibile questi nuovi lavori con le sue donazioni: Isabella Della Rovere, principessa d’Urbino. 

Le navate furono ridotte a una sola e il protiro paleocristiano chiuso e trasformato in vestibolo, poi restituito alla fine degli anni Trenta del secolo scorso.

GLI INTERNI

SAN VITALE

Le prime notizie che si hanno di Vitale e Valeria provengono da un opuscolo scritto da un certo Filippo, che si nomina ‘servus Christi’ rinvenuto accanto ai martiri Gervasio e Protasio, ritrovati da s. Ambrogio nel 396. L’opuscolo oltre a narrare il martirio dei due fratelli, descrive quello dei genitori Vitale e Valeria e del medico ligure Ursicino.

Vitale viene arrestato, incoraggiato dal medico e dopo aver subito varie torture per farlo apostatare dal cristianesimo, il giudice Paolino ordina che venga gettato in una fossa profonda e ricoperto di sassi e terra; così anch’egli diventa un martire di Ravenna e il suo sepolcro nei pressi della città, diviene fonte di grazie.

La moglie Valeria avrebbe voluto riprendere il corpo del marito, ma i cristiani di Ravenna glielo impediscono (?), allora cerca di ritornare a Milano, ma incontra una banda di "villani idolatri", che la invitano a sacrificare con loro al Dio Silvano; essa rifiuta e viene percossa così violentemente muore tre giorni dopo.

A parte la Passio critta non si sa quando nè si sa da chi, molti studiosi ritengono che la narrazione sia in parte fantasiosa, riconoscendo nei personaggi citati, altre figure di martiri omonimi venerati sia a Milano che a Ravenna.



BIBLIO

- Monumenta Germaniae Historica, Concilia aevi Karolini (742-842) - a cura di Albert Werminghoff - Hannover e Lipsia - 1906 -
- M. Armellini - Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX - Roma - 1891 -
- C. Rendina - Le Chiese di Roma - Newton & Compton Editori - Milano - 2000 -

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