Il cibo da strada si dice fosse nato prima in Egitto, poi in Gracia e poi a Roma, ma lo street food come noi lo intendiamo é nato a Roma. Inizialmente il cibo che veniva preparato e servito era il pesce fritto; ma l'usanza passando dai greci ai romani si trasformò completamente.
Roma era una delle città più grandi del mondo, nel 300 d.c. aveva già raggiunto un milione di abitanti, e il suo impero ne controllava 50 milioni, pertanto il cibo era un grande business e i Romani erano formidabili nel fare affari. Roma era il paese delle possibilità, chiunque sapesse fare qualcosa a Roma trovava da vivere, soprattutto col cibo.
PRANZARE IN STRADA
Infatti nell'antica Roma mangiare cibo di strada era una consuetudine giornaliera. La colazione si faceva a casa, spesso in piedi ed era molto frugale poi si scappava al lavoro. Finito il lavoro si correva alle terme e si mangiava nelle terme stesse o in strada, ma sempre sulle bancarelle. Solo a cena si mangiava a casa con la famiglia e con gli amici e i vari invitati.
Per strada c'era un'infinità di negozietti: thermopolia, popinae e cauponae, dove venivano preparate zuppe, carni, pesci, insalate, sformati, pane, pizze, focacce, frutta secca, dolci. Queste strutture, alcune ancora visibili a Pompei, erano composte da un bancone che conteneva i dolia, grandi recipienti in cui erano conservati i cibi e su un lato altri vasi con altre pietanze e un fuoco dove scaldarle. Erano vere e proprie bancarelle che vendevano cibo, come nelle strade delle nostre città nelle feste e nelle sagre.
PRANZARE ALLE TERME
Ma soprattutto si mangiava nelle terme. Le prime terme a Roma si ebbero alla fine del III secolo a.c. iniziando da quelle private, i "Balnea" , di derivazione greca, che però erano tutt'altro. I primi balnea pubblici erano poco spaziosi, senza le decorazioni alle pareti e riscaldati solo da qualche braciere, con piccole vasche dove vi si versava acqua precedentemente scaldata da forni a legna, dove potevano fare bagni caldi anche quelli che non aveva la possibilità i farlo nella propria casa.
Poi i Balnea a Roma si ampliarono e si moltiplicarono: nel 33 a.c. da un censimento di Agrippa a Roma se ne contavano 170, che divennero 1000 nel IV secolo d.c. oltre a 11 grandi Terme imperiali. Con Agrippa, alla fine della Repubblica, venne reso gratuito l'accesso ai balnea e proprio Agrippa tra il 25 ed il 19 d.c. fece costruire nel Campo Marzio, nei pressi del Pantheon il primo grande edificio balneare al quale si dette il nome di "Termae".
Purtroppo delle Terme di Agrippa non ci rimane niente, queste si distinguevano dai balnea per essere più grandi, per la perfezione degli impianti, per il numero delle stanze, per il sistema di riscaldamento e per la ricchezza delle decorazioni.
LE DECORAZIONI DELLE TERME
Da Seneca sappiamo che le pareti delle terme erano dotate di grandi specchi circolari, di marmi alessandrini e di Numidia, di mosaici, con soffitto di vetro o di marmo di Thaos, statue e colonne preziose ornavano gli ambienti.
I pavimenti delle terme erano di marmi pregiati, marmi bianco candido o colorati, con i marmi delle zoccolature e delle specchiature parietali che si accompagnavano a pitture e scene di vario genere.
Diffusi nelle terme erano anche i "mosaici" a tessere in bianco e nero, o a colori distesi sui pavimenti, o come rivestimento interno delle vasche con motivi di pesci.
Ovunque c'erano statue e colonne, immagini di divinità, ritratti di uomini illustri, copie e rielaborazioni di capolavori famosi, o nuovi capolavori. Le terme erano bellissime e gratuite a tutti. Ma nelle terme ni prendevano solo i bagni, non si faceva solo palestra e non si faceva solo SPA, cioè massaggi di relax o di bellezza.
I DIVERTIMENTI DELLE TERME
Nelle terme c'era tutto: le sale dove gli avvocati dibattevano a favore dei propri clienti facendosi anche pubblicità per attirarne di nuovi e molti spettatori ci andavano per curiosità perchè la retorica era un'arte, e partecipavano applaudendo o fischiando.
Ma c'erano pure le biblioteche per sedersi e leggersi un bel libro, o per scrivere una lettera o un nuovo libro. C'erano inoltre i bagni pubblici dove fare i propri bisogni perchè i Romani non si facevano problemi a farli in pubblico, anzi conversavano piacevolmente e facevano o ricevevano per l'occasione anche inviti a pranzo.
Peraltro nelle terme avvenivano pure spettacolini teatrali dove i nuovi autori e i nuovi attori si facevano conoscere. C'erano inoltre le sarte che facevano vestiti per le matrone o modificavano quelli usati. Ma soprattutto non mancavano le bancarelle dove si vendeva di tutto, ma soprattutto il cibo.
LE FESTE DEI ROMANI
I Romani dominarono il mondo combattendo molto ma lavorando poco. I Romani avevano 45 giorni di feriae publicae e 22 giorni di festività singole obbligatorie. Inoltre avevano 12 giorni di ludi singoli e 103 di ludi raggruppati su più giorni. La distinzione tra dies festi, le feriae publicae, e dies profesti riguardava il lavoro. I dies religiosi: Calende (sacre a Giunone), None e Idi (sacre a Giove), erano festivi.
I riti servivano a propiziarsi gli Dei affinché proteggessero lo Stato. Il calendario delle festività era proclamato al popolo dai sacerdoti all'inizio di ogni mese. Se due feste cadevano nello stesso giorno si annunciava quale festività era operante, ma talvolta se ne festeggiava più di una insieme.
Le feste ai templi avevano in comune il rito di rievocazione della dedicatio, cioè a quale Dio era dedicato, chi ne aveva fatto la dedica alla divinità, chi l'aveva offerto o chi avesse ordinato di costruirlo e in quale occasione. Insomma circa la metà dell'anno non era lavorativa. I Romani erano quel che oggi si chiamerebbe in gergo: sfaticati o fancazzisti. Eppure governarono il mondo.
A Roma c'erano molti templi, sorti dai culti ma soprattutto dai generali combattenti, che quando temevano le sorti di una battaglia facevano voto di erigere un tempio dedicato al Dio che gli avesse donato la vittoria.
La fede dei Romani negli Dei era piuttosto viva, anche se non richiedeva un'attenzione costante come la odierna. I compiti erano affidati ai sacerdoti, i laici assistevano e pregavano solo in caso di necessità. mancava la mentalità per cui occorresse amare o temere gli Dei. Gli Dei dovevano essere onorati ma non si doveva strafare o si era tacciati di fanatismo.
Le feste di solito duravano vari giorni, con riti, preghiere, sacrifici e giochi pubblici gratuiti, si svolgevano nei circhi, con gladiatori, o con corse di bighe o di cavalli, o con battaglie navali, o sfide atletiche. Anche queste erano gratuite perchè erano dedicate a uno o più Dei, facendo parte di una festa religiosa.
Di solito l'ambiente termale era posto sul piano terra, ma con ambienti anche nel piano superiore aperti al pubblico, come nelle Terme di Caracalla. Il recinto esterno delle terme, era destinato a diversi usi, e vi erano: biblioteche, auditori, tribunali, sale d'esposizione e di ritrovo, latrine, ninfei, giardini e viali alberati o con portici.
Quando era giorno festa i Romani, finiti i festeggiamenti andavano alle terme, poi uscivano per assistere ai ludi, alle corse ecc. e rientravano alle terme o se era giunto il tramonto se ne tornavano a casa, perchè le terme chiudevano al tramonto.
Ma se non era giorno festivo i Romani, terminato il lavoro correvano alle terme e lì mangiavano, perchè il lavoro a Roma finiva a mezzogiorno.... i Romani lavoravano veramente poco, per questo si diceva che sapevano vivere. Pertanto giunti alle terme pranzavano nei vari localini ma soprattutto nelle bancarelle. Il cibo si pagava ma ce n'era per tutte le tasche, ma le terme non si pagavano. Una cosa era certa, i Romani erano molto ma molto puliti, non usavano molto il sapone ma si lavavano in un'acqua corrente in continuo movimento.
IL CIBO DEI ROMANI
Il cibo delle terme era dunque cibo da strada, street food, un cibo di diverse provenienze perchè i Romani commerciavano molto, importando ed esportando prodotti tra oriente e occidente, ma una cosa era certa: alcuni cibi di oggi non c'erano.Quel che si trovava ad ogni angolo erano i lupini, le strade erano piene di bucce di lupini che i romani e le romane mangiavano e sputavano ovunque. Nei negozietti si trovavano cibo già cotto da scaldare o meno, per bere vino e più raramente birra, ma sulle bancarelle vere e proprie il cibo più consueto sembrava fosse:
- Pane Artolaganus - un pane particolare fatto di farina, olio, uva passa, mandorle spellate, miele, mosto cotto, pepe e sale. Era molto saporito, un po' dolce e si vendeva a fette.
- Frittelle di formaggio - erano fatte con albumi d’uovo montati a neve, mescolati poi con i tuorli, miele, formaggio caciofiore sminuzzato, pepe e sale. Il tutto fritto in olio caldo uscendone dorate e croccanti.
- Savillum - un impasto di farina, ricotta, miele e papavero, con salsa di alici e bagnato dal mulsum, il famoso vino romano al miele. Il tutto cotto al forno e tagliato a fette.
- Murena fritta - con erbe selvatiche, sale, pepe, aceto, aneto, bacche di ruta, farina e fritto nell'olio.
- Isicia - polpetta di carne con polpa di pane, uova, formaggio ed erbe selvatiche, con bacche di ginepro e salsa di alici.
- Polpette di carne - carne trita di maiale (o manzo) con mollica di pane ammorbidita nel vino, pepe, pinoli e salsa di acciughe.
- Lagana - antica lasagna cotta al forno, con larghe strisce di pasta ottenute da farina di frumento, con strati di carne e spezie. Insomma l'antesignana delle moderne lasagne.
- Ofellae - spezzatini di pollo infarinati e cotti nell'olio, insaporiti con curcuma.
Poi c'erano i dolci:
- Dactyli farsiles (datteri farciti) - datteri snocciolati e riempiti di pinoli e noci triturati, con aggiunta di pepe, fritti poi nel miele.
- Dulcia simulae (paste di semolino) - si mescola il semolino già cotto con latte, miele, pinoli, uova, pepe.
- Crustula (biscotti) - acqua farina, uova, sciroppo di barbabietola, sale e pepe.
- Buccellae silinginae (bocconcini di segala), si cuoce al forno un composto di segale, farina, uovo, miele, uva essiccata, noci tritate e pezzetti di datteri.
- Globus - antesignana delle nostre bombe fritte
- Luncunculus - antesignano del bigné.
- Fichi secchi - farciti con pinoli e zucchero d'uva.
Ma non mancavano i gelati da strada, in particolare la granita!
- La granita - è un dolce freddo al cucchiaio, le cui origini vengono solitamente fatte risalire alla dominazione araba in Sicilia. ma nulla di più errato, la granita è di origine romana. Certamente non c'era la granita di caffè, ma di frutta ce n'erano diverse, dalle ciliege, al ribes, alle pere, e perfino all'ananas, che i romani conoscevano ampiamente come dimostrano vari mosaici. In quanto al ghiaccio ce n'era un servizio particolare, per cui dei commercianti salivano coi muli sui monti innevati e lo portavano a Roma dove veniva sotterrato in recipienti di metallo. Veniva poi tritato e associato a frutta varia.
- Le Terme di Caracalla, le Terme Surane e le Terme deciane vennero usate come cimiteri, come ricovero per pellegrini, forestieri e ammalati da parte di enti religiosi,
- Le Terme Alessandrine o Terme di Nerone a Campo Marzio furono adibite a diaconia con annesso cimitero fino ai secoli X e XI.
- Le altre Terme furono adibite a vigne ed orti, e a cave di materiali più o meno pregiati che venivano riciclati per le nuove costruzioni, venivano anche prelevati i marmi per farne calce in calcare approntate sul posto.
Nel Rinascimento, artisti come il Bramante, Michelangelo, Raffaello e Sangallo attenti alle antiche vestigia, proposero di ripristinare la Roma dei Cesari in quella dei Papi, e le terme furono oggetto dei loro studi, disegni e ricerche, lasciandoci cosi delle preziose testimonianze utili per conoscere quanto poi il tempo avrebbe distrutto.
Lo stesso Michelangelo trasformò l'area basilicale delle Terme di Diocleziano nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, Michelangelo la realizzò tra gli anni 1563 e 1566 con un semplice geniale adattamento nel rispetto dell'antico edificio. Ma l'Impero Romano era morto per sempre, con la sua gloria e le sue straordinarie bellezze.
- Scriptores rei rusticae, seu Cato, Varro, Columella, Palladius Rutilius Taurus, Venetiis, apud Nicolaum Ienson - editio princeps - 1472 -
- Opere di Caelius Apicius - PHI Latin Texts - Packard Humanities Institute -
- Caelius Apiciu - De Coquinaria -
- Marco Gavio Apicio - De opsoniis et condimentis - Amstelodami - apud Janssonio-Waesbergios- 1709
- Nico Valerio - La tavola degli Antichi, Mondadori - Milano - 1989 -
- Antonella Dosi, François Schnell - A tavola con i Romani antichi - Quasar - Roma - 1984 -
- Rosaria Ciardiello, Ivan Varriale - Cibus, I sapori dell'antica Roma - Valtrend - Napoli - 2010.-
Fantastico !
ReplyDelete😍🥰
ReplyDeletemolto e poco interessante
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