Cáparra era un'antica città romana che si trovava nella provincia della Lusitania in territorio Hispanico.La città sorgeva su un promontorio che domina il fiume Ambroz, affluente del fiume Alagón. Il sito archeologico si trova oggi al confine tra i comuni di Oliva de Plasencia e di Guijo de Granadilla, nella provincia di Cáceres (comunità autonoma spagnola di Estremadura). Caparra appartenne al conventus iuridicus della capitale provinciale, Augusta Emerita e si trovava sul percorso della via Delapidata (oggi via de la Plata).
Si parla della città di Caparra:- nella Naturalis historia di Plinio il Vecchio (23-79 d.c.), che nomina tra gli stipendiari (che pagavano a Roma un tributo), i Caperenses;
- nella Geografia di Claudio Tolomeo [II secolo), che la cita come Kapasa o Kapara e la elenca tra le città dei Vettoni;
- nell'Itinerario antonino (inizi del III secolo)
- nella Cosmografia ravennate (VII secolo).
Alcuni frammenti ceramici hanno condotto ad ipotizzare che la città romana fosse sorta su un insediamento più antico, del quale tuttavia non sono state rinvenute tracce archeologiche.
- nella Geografia di Claudio Tolomeo [II secolo), che la cita come Kapasa o Kapara e la elenca tra le città dei Vettoni;
- nell'Itinerario antonino (inizi del III secolo)
- nella Cosmografia ravennate (VII secolo).
Alcuni frammenti ceramici hanno condotto ad ipotizzare che la città romana fosse sorta su un insediamento più antico, del quale tuttavia non sono state rinvenute tracce archeologiche.
MUNICIPIUM FLAVIUM CAPARENSIS
Nel 74 d.c. le provincie ispaniche ottennero da un editto dell'imperatore Vespasiano la concessione della cittadinanza di diritto latino e poi ad una certa data dell'età flavia la città divenne un municipio con il titolo di ''Municipium Flavium Caparensis". Secondo il diritto latino i magistrati cittadini accedevano alla cittadinanza romana e venivano iscritti alla tribù Quirina.
La città si sviluppò appunto in quest'epoca, a cui appartengono i resti dei maggiori edifici pubblici. In seguito poi alla vittoria di Settimio Severo su Clodio Albino le autorità cittadine eressero un monumento a Giulia Domna, del quale si conserva la dedica.
La città decadde e si spopolò progressivamente in epoca successiva. Le testimonianze delle iscrizioni sui miliari della via Delapidata, rinvenuti presso la città, mostrano che la strada era stata riparata ancora sotto Massimiano (286-305) e sotto l'usurpatore Decenzio (350-353).
Nel 74 d.c. le provincie ispaniche ottennero da un editto dell'imperatore Vespasiano la concessione della cittadinanza di diritto latino e poi ad una certa data dell'età flavia la città divenne un municipio con il titolo di ''Municipium Flavium Caparensis". Secondo il diritto latino i magistrati cittadini accedevano alla cittadinanza romana e venivano iscritti alla tribù Quirina.
La città si sviluppò appunto in quest'epoca, a cui appartengono i resti dei maggiori edifici pubblici. In seguito poi alla vittoria di Settimio Severo su Clodio Albino le autorità cittadine eressero un monumento a Giulia Domna, del quale si conserva la dedica.
La città decadde e si spopolò progressivamente in epoca successiva. Le testimonianze delle iscrizioni sui miliari della via Delapidata, rinvenuti presso la città, mostrano che la strada era stata riparata ancora sotto Massimiano (286-305) e sotto l'usurpatore Decenzio (350-353).
La città era di piccole dimensioni, con un'estensione dell'abitato recintato da mura di circa 15 o 16 ettari, ma sono state rinvenute abitazioni anche in un sobborgo esterno alle mura verso nord-est, il che dimostra che sotto la protezione romana la città si sentiva alquanto sicura.
Aveva pianta regolare, all'uso romano, con strade ortogonali, impostate sull'asse dell'antica via Delapidata, che la attraversava da nord a sud in qualità di decumano massimo. Alle estremità del decumano erano state aperte porte di accesso monumentali, una delle quali si era conservata fino al 1728.
ARCO DI CAPARRA
L'arco di Cáparra è un arco onorario romano, fine I secolo, inizi del II, situato a Cáparra che divenne Municipium Flavium Caparensis, presso Oliva de Plasencia nella provincia di Cáceres della comunità autonoma della Spagna di Estremadura.
DOVEVA ESSERE MOLTO SIMILE ALL'ARCO DI TARRACO |
Venne edificato in blocchi di granito locale, e sorgeva sulla antica via romana detta via Delapidata (oggi via de la Plata), sul decumano massimo, presso il foro della città e un complesso termale. Esso ha pianta quadrata (8,60 x 7,35 m) e in origine raggiungeva un'altezza di oltre 13 m. Sui quattro piloni si conservano lesene corinzie agli angoli e piedritti da cui partono gli archivolti, sorretti da un unico piedistallo. Lo spazio centrale è coperto con una volta a crociera.
Su due dei piedistalli disposti davanti ai piloni su uno dei lati, che dovevano sorreggere statue equestri, si legge un'iscrizione di dedica da parte di Marco Fidio Macer, un importante personaggio locale noto anche da altre iscrizioni, ai genitori e alla moglie. L'arco di Cáparra, di carattere privato, venne eretto in epoca flavia da un eminente cittadino in onore dei genitori e della moglie. L'arco è situato in prossimità del foro cittadino, dotato di una curia e di una basilica civile sul lato sud.
RESTI DELLE TERME |
LE TERME
A nord ovest si trova un complesso termale, di 33 x 36 metri, che costeggia il decumano massimo, costruito anch'esso in epoca flavia, dotato di una palestra sul lato sud e costeggiato da taberne sul lato nord. L'accesso al complesso avveniva da un cardine sul lato ovest.
ANFITEATRO
Nella zona a sud-est, all'esterno delle mura, si trova un anfiteatro, costruito con due muri ovali concentrici con riempimento in terra sopra il quale sorgevano le gradinate per gli spettatori. Conquistare il popolo attraverso giochi circensi o altri spettacoli e forme di intrattenimento, significava conquistarlo organizzando accattivanti serate di gala all'interno del circo, dedicate a corse di cavalli e carri.
Nella zona a sud-est, all'esterno delle mura, si trova un anfiteatro, costruito con due muri ovali concentrici con riempimento in terra sopra il quale sorgevano le gradinate per gli spettatori. Conquistare il popolo attraverso giochi circensi o altri spettacoli e forme di intrattenimento, significava conquistarlo organizzando accattivanti serate di gala all'interno del circo, dedicate a corse di cavalli e carri.
Roma programmava così infinite mostre e spettacoli di animali e umani nell'anfiteatro, oppure svolgeva eventi culturali nel teatro, i due edifici deputati all'intrattenimento popolare, ma anche destinati a romanizzare le popolazioni conquistate lontane dalla capitale dell'Impero.
In tal modo Roma introduceva una parte della cultura romana sia ludica che figurativa che, insieme ai piaceri delle terme dotate di biblioteca, pian piano conquistava i popoli conquistati facendo perdere il loro aspetto tribale e romanizzandoli.
Sia il circo che il teatro erano installazioni di ispirazione greca, invece l'anfiteatro appare come un'invenzione completamente latina e pure etrusca. In fondo si tratta di un edificio costruito sull'unione di due teatri, con una pianta semicircolare.
Sia il circo che il teatro erano installazioni di ispirazione greca, invece l'anfiteatro appare come un'invenzione completamente latina e pure etrusca. In fondo si tratta di un edificio costruito sull'unione di due teatri, con una pianta semicircolare.
VETRO A PROTEZIONE DEL SITO DI CAPARRA |
Mentre lo spazio centrale, denominato arena, restava la sede dei giochi e il luogo in cui si giocavano gli scontri ludici, attorno ad esso si costruivano le tribune, racchiuse tra le due ellissi concentriche che avrebbero costituito la pianta dell'edificio: un interno che segnava il spazio per l'arena e uno esterno che indica i limiti dell'edificio.
Il podio era il muro che separava le tribune dall'arena, rialzato rispetto al luogo di gioco per una migliore visione dello spettacolo e per la salvaguardia degli spettatori. Come nei teatri e nei circhi, anche l'anfiteatro aveva dei vomitori, per facilitare l'ingresso e l'uscita degli spettatori dalle tribune, e negli anfiteatri più grandi c'erano fosse o sotterranei, dove attendevano le belve e i lavori di manutenzione.
L'arena era sopraelevata rispetto al luogo di gioco per una migliore visione dello spettacolo e salvaguardando gli spettatori, collocati in una delle tre apposite tribune: inferiore, medio e superiore.
C'erano tre tipi di spettacoli negli anfiteatri romani. Gli umani, o combattimenti tra gladiatori, ricevevano il nome di "munera". Le "venationes" si riferivano a spettacoli di animali e combattimenti tra belve, ed infine le "naumaquias", più eccezionali e poco frequenti, consistenti in scontri navali.
BIBLIO
- Plinio il Vecchio - Naturalis historia, IV -
- Tolomeo - Geographia - ed. Müller - II -
- E. C. Martín - Cáparra después de los romanos. Historia de una despoblación - Norba - 1989-1990 -
- E. C. Martín - Leyenda y arqueología de las ciudades prerromanas: Cáparra - Leyenda y arqueología de las ciudades prerromanas de la Península Ibérica - Madrid - 1994 -
- Enrique Cerillo Martín, "Capara, municipio romano" - Sociedad y cultura en Lusitania romana - Mérida - 2000 -
- Nünnerich-Asmus - El arco cuadrifronte de Cáparra (Cáceres) - Un estudio sobre la arquitectura flavia en la Península Ibérica - Madrid - 1996 -
- Jaime Río-Miranda Alcón - La ciudad romana de Cáparra - Municipium Flavium Caparense - Cáceres - 2011 -
- Jaime Río-Miranda Alcón - La ciudad romana de Cáparra - Municipium Flavium Caparense - Cáceres - 2011 -
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