SOTTO LA BASILICA DI SAN SABA



BASILICA DI SAN SABA

Situata sul "piccolo Aventino", tra Aventino e Celio, oggi piazza Gian Lorenzo Bernini, c'è la basilica di San Saba dedicata a san Saba l'archimandrita, nome riservato al superiore di un monastero, o di una congregazione, soprattutto nelle Chiese cristiane orientali. 

La basilica prese nome dal monastero e relativa chiesa che dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, e furono l'unica presenza abitata della zona. Vi avrebbero abitato san Gregorio Magno e a sua madre santa Silvia, seguendo la regola benedettina e dedicando la loro vita alla preghiera, alla meditazione e all'aiuto dei bisognosi.

Ma la basilica fu a sua volta costruita su un preesistente edificio romano, probabilmente la caserma della “IV Coorte dei Vigili”. secondo alcuni, su una domus patrizia secondo altri visti i ricchi avanzi marmorei troppo lussuosi per una semplice corte dei vigili. Probabilmente l'edificio più antico era la domus romana trasformata poi in corte dei vigili e poi in basilica.

Però Gregorio si stancò di vivere con la madre e se ne andò nella villa paterna, che trasformò in monastero e dove eresse una chiesa dedicata a sant'Andrea (attuale oratorio di Sant'Andrea al Celio). Ma sua madre che non lo mollava gli faceva recapitare ogni giorno un pasto caldo, temendo non fosse in grado di badare a se stesso.  

ORATORIO DI S. ANDREA AL CELIO

L’interno della chiesa è a tre navate, divise da 24 colonne di spoglio appartenenti ad edifici pagani, e concluse da tre absidi; la navata centrale, che risulta essere il doppio di quelle laterali, è illuminata da una serie di otto finestre che si aprono su entrambi i lati. Nell’abside vi sono, oltre alla sedia episcopale, ornata da un grande disco con mosaici cosmateschi, anche il ciborio, sorretto da quattro colonne in marmo nero venato di bianco. Nel 1943 fu sistemata, nella navata destra, parte della “schola cantorum“, che venne ricomposta utilizzando vari frammenti romani che erano stati a loro volta reimpiegati nella navata centrale.

Un’iscrizione che fa un po' sorridere, posta sul portale esterno, sulla sinistra, riporta: “ex qua domo cotidie pia mater mittebat ad clivum Scauri scutellam leguminum“, ossia “da questa casa ogni giorno la pia madre portava una scodella di legumi al Clivo di Scauro“. Il significato di questa scritta sta nel fatto che la madre di S.Gregorio Magno, S. Silvia, portava il cibo al figlio, che abitava nel monastero di S.Andrea, in una tazza di argento (che poi Gregorio donò come elemosina). Insomma era una madre di cui era difficile liberarsi.



- VII secolo - 

Accertata è invece la presenza di alcuni eremiti che, nel VII secolo, si sarebbero insediati sulle rovine di quella che probabilmente era stata la caserma (statio) della IV coorte dei vigili, opportunamente collocata in un luogo da cui si poteva dominare con lo sguardo gran parte del territorio a sudest della città, fra l'attuale Porta San Paolo e Porta San Sebastiano.

Si trattava di monaci orientali, provenienti dalla comunità fondata a Gerusalemme da san Saba e in fuga dalla Palestina travagliata da guerre, stragi e dall'espansione islamica: preso possesso del sito, vi istituirono un monastero dove si effettuava una vivace attività diplomatica verso Costantinopoli e il mondo barbarico affidando ai suoi Egumeni e abati importanti incarichi di ambasceria e negoziazione.

Gli eremiti erano comunque incapaci di mantenersi da soli per cui la loro sopravvivenza venne affidata alla carità cristiana dei fedeli che andavano a trovarli portando loro cibi e provviste, in cambio di consigli sulla loro vita privata, o previsioni o regole di saggezza.


- VIII secolo - 

Veniva chiamato "egumeno" la guida di un monastero nelle Chiese ortodosse, ruolo simile a quello di abate. Tale termine significa "colui che è in carica", equivalente al termine "la guida" in lingua greca.

Papa Adriano I, (700 - 795) poco dopo la sua elezione a pontefice (772), inviò "Pardus egumenum monasterii beati Sabae" presso il re longobardo Desiderio come suo ambasciatore e, successivamente, "Pietro abbatem venerabilis monasterii sancti Sabae qui appellatur Cella nova" come suo delegato alla corte del giovane imperatore Costantino VI.

VIII CORTE DEI VIGILI A ROMA

- XIII secolo - XIV secolo - 

Chiesa e monastero ricevettero così una ricca dotazione di suppellettili, una vasta decorazione di preziosi affreschi (molti oggi staccati a scopo conservativo) e, successivamente, veri e propri possedimenti come, fra gli altri, il castello di Marino (1253) e il castello di Palo (1330).

SAN SABA IN UN STAMPA D'EPOCA

SAN SABA

A circa 17 anni il padre l’incaricò di governare la regione di Hum, ma egli entrò nel monastero russo di S. Panteleimon, dove indossò la tonaca monastica col nome di Saba, in omaggio a s. Saba il Grande (434-532) fondatore del monachesimo in Palestina.

Poi si trasferì nel monastero del monte Athos, dove fu raggiunto dal padre il principe Stefano Nemanja, il quale aveva abdicato, scegliendo di farsi anch’egli monaco, prendendo il nome di Simeone, insieme a numerosi nobili serbi, e tutta la servitù.

Inviato a Costantinopoli, presso l’imperatore Alessio III Angelo (1195-1203) ricevette dall’imperatore nel 1198, il permesso di occupare il monastero diroccato di Chilandari e dipendente da Vatopedi, per ricostruirlo e occuparlo e Saba compose una nuova Regola.

GLI INTERNI DI SAN SABA

Saba abbandonò il Monte Athos nel 1208, ritornando nel monastero di Studenica in Serbia, portando con sé le reliquie del padre e qui diventò egumeno (priore). In seguito fra i due fratelli sorsero delle divergenze, in quanto Saba era tenacemente fedele all’ortodossia bizantina, mentre il fratello era vicino alla Chiesa di Roma, e aveva anche sposata una nobile veneziana.

Saba nel 1216 ritornò sul Monte Athos, nel 1219 si diresse a Nicea in Asia Minore, dove fu consacrato arcivescovo della Serbia formando la Chiesa autonoma serba, convocò un Concilio serbo condannando gli eretici seguaci del movimento dualistico dei Progomeli, provenienti dalla Bulgaria.

Così il consenso pontificio, l’arcivescovo Saba di Serbia, pose sul capo del fratello la corona di re di Serbia, poi partì per Gerusalemme dove visitò i Luoghi Santi, poi raggiunse Nicea dove incontrò l’imperatore bizantino Giovanni III Vatatzes e il patriarca di Nicea Germano II, dai quali ottenne un’ulteriore conferma dell’autonomia della Chiesa Serba.

Saba nel 1233 rinunziò alla sua carica, e s’incamminò in un nuovo viaggio in Oriente e arrivò a Turnovo, capitale della Bulgaria dove si ammalò e morì nel 1235. Dopo due anni le reliquie furono traslate nel monastero di Mjlesevo in Serbia, dove rimasero fino al 1594, quando furono depredate e incendiate dai Turchi.

Fu autore della ‘Vita’ di suo padre s. Simeone Stefano Nemanja e di molti ‘Tipici’ cioè Regole, per tutti i monasteri, destinati ai monaci serbi di quell’epoca; inoltre compilò le norme necessarie per regolare la vita della Chiesa Serba autonoma, è ancora oggi molto venerato in Serbia, oggetto di studi e manifestazioni, non soltanto nel campo religioso e letterario ma anche artistico.

PORTICATO CON RESTI ROMANI

- XVII secolo - 

Al XII-XIII secolo risale la ricostruzione della chiesa nelle forme odierne, soprelevata rispetto alla precedente e molto più ampia. Nonostante le ricerche e i lavori siano stati compiuti a spese esclusive della stato  italiano, oggi la chiesa impedisce ai laici di visitarne i sotterranei che sono tutt'oggi chiusi al pubblico, con tutto che per dimensioni superino la chiesa sovrastante.


- XX secolo -

Ancora all'inizio del '900 la chiesa e il monastero di San Saba erano in piena campagna. e fu solo Il primo piano regolatore di Roma del 1909 che produsse nel 1921 i nuovi rioni popolari di San Saba (posto al margine del grande polmone verde e archeologico del complesso Terme di Caracalla - Circo Massimo - Palatino) e Testaccio, il cui nome deriva dal mons Testaceus, una collina artificiale di 35 metri formata dai cocci (lat. testae), accumulatisi nei secoli come residuo dei trasporti che facevano capo al vicino porto di Ripa grande (Emporium).

La chiesa fu eretta a parrocchia nel 1931 con la "Bolla Incolarum numero" di papa Pio XI. cioè "una lettera del papa, in materia spirituale o temporale, compilata ed autenticata col sigillo pontificio nella cancelleria apostolica". Fino al sec. XI le bolle erano scritte su papiro, poi su pergamena.


Intorno al X secolo la comunità sabaitica, sempre con meno monaci, venne sostituita dai benedettini di Montecassino e, nel 1144, dai cluniacensi che vi introdussero la riforma cluniacense che si estese a tutta la Chiesa cattolica con l'applicazione della regola benedettina, la celebrazione quotidiana della messa, e la regola devozione di ogni singolo monaco. I monasteri vennero sottratti all'autorità vescovile mentre divennero dipendenti dal Papa.

Accanto al ritorno ai princìpi di san Benedetto si ebbero il servizio liturgico e la fede nei molti miracoli operati da san Benedetto da Norcia durante la sua vita terrena, ricordati nei Dialoghi scritti da papa san Gregorio Magno, tra cui sono annoverati anche alcuni miracoli di risurrezione che un po' pongono in ombra la resurrezione di Gesù.

 Il governo del complesso religioso fu affidato prima ai cistercensi (1503) e, dal 1573, al Collegio Germanico-Ungarico retto dai gesuiti, che ne hanno ancor oggi la direzione.

Le architetture medievali della chiesa sono state almeno in parte ripristinate durante i restauri del 1900-1901 e del 1943, anche se la facciata originale è tuttora coperta da una disarmonica costruzione con portico settecentesco (i cui sgraziati pilastri hanno sostituito le colonne originarie), piano superiore con finestre rettangolari (al posto delle antiche bifore e monofore) e loggiato terminale del Quattrocento.


BIBLIO

- Christian Hülsen, Le chiese di Roma nel Medio Evo - Cataloghi ed appunti - Firenze - Olschki - 1927 Ristampa anastatica: Roma - Quasar - 2000 -
- Bolla Incolarum numero -
- Fabrizio Alessio Angeli e Elisabetta Berti (a cura di) - San Saba (Piazza G. L. Bernini) -
- Claudia Cerchiai - RIONE XXI. SAN SABA - I Rioni e i Quartieri di Roma - Roma - Newton Compton Editori - 1990 -
- Carlo Pietrangeli - Insegne e stemmi dei rioni di Roma - in Capitolium - anno XXVIII - Roma, Tumminelli - Istituto Romano di Arti Grafiche - 1953 -



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