SOTTO SANTA MARIA IN AQUIRO

L'ESTERNO

La chiesa di S. Maria in Aquiro, si trova in piazza Capranica. nel centro storico della città e nel rione Colonna, che sorge sulla piazza Capranica che fu in origine, agli inizi dell'VIII secolo, un piccolo oratorio. 

Il termine "in Acyro", che dopo l'anno Mille divenne "in Aquiro", secondo alcuni si deve alla corruzione della parola latina "circus" (stadio per le corse equestri), che in età repubblicana romana doveva trovarsi nell'adiacente Campo Marzio. Secondo altri deriverebbe dal termine latino aqua, da porre in relazione all'acquedotto Vergine che transitava nella vicina via del Seminario.

La chiesa, con il titolo di "Santae Dei Genetricis que appellatur a Cyro", è documentata nel Liber Pontificalis (VI - VII secolo), nella vita di papa Gregorio III (731-741), che la fece restaurare.



I RESTAURI

In seguito papa Gregorio III (731-741) fece restaurare la chiesa dedicata alla Madonna in modo consistente. Secondo alcuni sarebbe stata l'antico titulus Equitii, attribuito però dai più a San Martino ai Monti. Sappiamo poi che nel 1389 papa Urbano VI si riferisce alla chiesa come a Santa Maria della Visitazione.

Nel 1540 Paolo III affidò la chiesa, con annessa una casa, all'Arciconfraternita di prelati e nobili romani promossa da sant'Ignazio di Loyola per l'assistenza agli orfani. Lo stesso pontefice nel 1541, unisce la parrocchia alla fraternita. Nel 1583 il cardinale Antonio Maria Salviati (1537–1602) unì alla fraternita un Collegio, i cui allievi più meritevoli venivano successivamente accolti nel Collegio Romano. Nel 1588 iniziarono i lavori di ristrutturazione dell'intero complesso secondo un progetto di Francesco da Volterra (1535–1594).

Nel 1590 la chiesa aveva una sola abside e due altari minori (consacrati nel 1179 e nel 1295), con navate divise da sedici colonne: sotto di esso vi era un "disegno bizantino, composto . . . di pietruzze porfido e serpentino a rettangoli di volgari lineamenti" (riscoperto nel XIX secolo) ed un muro laterale in opus vittatum. Nel XVI secolo fu affidata alla Confraternita degli orfani, e fu ricostruita in forme rinascimentali e allargata intorno al 1590 dal cardinal Anton Maria Salviati. 

Annesse alla chiesa furono dunque create due nuove strutture assistenziali, l'Orfanotrofio di Santa Maria in Aquiro e Collegio Salviati, fondato dallo stesso cardinale. Nati entrambi nel XVI secolo a seguito del sacco di Roma, oggi sono noti congiuntamente con il nome di "Istituti di Santa Maria in Aquiro" (ISMA).

I lavori, sospesi per la morte dell'architetto Francesco Di Volterra, ripresero nel 1601, sotto la direzione di Carlo Maderno (1556–1629), al quale si deve il progetto della facciata realizzata in collaborazione con Filippo Breccioli (1574-post 1627), poi portata a termine, nel 1774, da Pietro Camporese (1726-1781) 

La facciata fu ultimata nel 1774 da Pietro Camporese che ristrutturò anche la casa degli orfani. Tra il 1861 e il 1866 la chiesa fu interamente restaurata dall'architetto Gaetano Morichini. L'opera d'arte più importante è un dipinto della Madonna con bambino e santo Stefano, del XIV secolo.

L'INTERNO

L'ORFANATROFIO E LA SPECULAZIONE

Il Cardinal Salviati redasse un atto notarile per tutelare le sue donazioni nei secoli con “il divieto assoluto di cambiarne la finalità, vendere, affittare, permutare, dare in enfiteusi, sotto alcun diritto o alcun Stato".
Intervista alla dott.ssa Salviati:
- Secondo Lei perché il Collegio Salviati si è trasformato da immobile per la collettività a un palazzo in uso al Senato?
- “Il “sistema” è stato utilizzato anche per l’ospedale San Giacomo e oggi si sta ripetendo con il Collegio Salviati. Creare il debito è il chiaro strumento per potersi appropriare dei beni pubblici. Stanno creando una situazione debitoria degli IPAB Santa Maria in Aquiro di cui fa parte il collegio così, in seguito, con il pretesto del deficit creato ad arte, potranno vendere il ricchissimo patrimonio immobiliare”.

Leone XII (1823-1829), nel 1826 soppresse la confraternita ridotta a pochi elementi, e affidò la parrocchia ai Padri Somaschi, che tuttora l'amministrano dedicandosi principalmente all'istruzione e all'educazione cristiana della gioventù, in particolare degli orfani e degli abbandonati.

Nella metà del XIX secolo gravi danni provocati dall'umidità imposero complessi lavori di restauro e venne rinnovato da Cesare Mariani (1826–1901) l'impianto decorativo interno con stucchi, bassorilievi e ornati. Nel 1873 la chiesa fu espropriata e incamerata dal demanio del Regno d'Italia, e successivamente passata in quello della Repubblica italiana, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC).

S. MARIA COL BAMBINO E S. STEFANO

LA FACCIATA

La facciata, segnata da paraste corinzie, è suddivisa in due ordini: l'inferiore ha tre portali, dei quali il centrale con un timpano triangolare, e i laterali con timpani curvi e finestrelle riquadrate; l'ordine superiore ha al centro un finestrone balconato ad arco a tutto sesto, sorretto da colonne corinzie. Ai lati due campanili a pianta quadrata con pilastri che sorreggono una cupoletta a cuspide. 

Alla sommità un timpano triangolare che reca al centro, tra due angeli, uno stemma cardinalizio con aquila bicipite e leone rampante. Al di sopra, la croce e due candelabri fiammeggianti in pietra. La cupola emisferica, impostata su un tamburo in muratura dove si alternano nicchie e finestre, è divisa in otto spicchi e sormontata da una lanternina finestrata che venne rivestita in piombo nel 1718.



INTERNO

Vestibolo
La chiesa, con l'abside rivolta a Est, è preceduta da un vestibolo, dove è posto il piccolo battistero e numerose lapidi della scomparsa Chiesa di Santo Stefano del Trullo, e alcune interessanti sepolture, tra cui il Monumento funebre del vescovo Blosio Palladio (1550), in marmo.

La chiesa ha una pianta rettangolare a tre navate, divise da otto pilastri, con tre cappelle per lato.

Navata sinistra
- prima cappella, dell'Angelo Custode, ristrutturata nel 1866 dall'architetto Luca Carimini,
all'altare, pala con Angelo Custode (1867), olio su tela di Ippolito Zapponi.
Monumento funebre dell'arcivescovo Carlo di Montecatini (1699), in marmo, di Domenico Guidi.
- seconda cappella, della Passione di Gesù Cristo, 
altare, Deposizione di Gesù nel sepolcro, dil Maestro Jacobbe.
pareti, Incoronazione di spine e Flagellazione, di Trophime Bigot.
sulla volta, Passione di Gesù Cristo (1635), di Giovanni Battista Speranza.
- terza cappella, dell'Immacolata Concezione, 
altare Apparizione di Maria a s. Bernadette Soubirous (1873), 
pareti, Omaggio del papa all'Immacolata Concezione e Guarigione di un malato di Aurelio Mariani.

Transetto sinistro
la cappella, dedicata a S. Girolamo Emiliani,
altare, San Girolamo presenta gli orfani alla Madonna (1867), di Cesare Mariani,
pareti, Miracolo dell'acqua e San Girolamo in carcere liberato dalla Madonna (1866), di Pietro Gagliardi.

Presbiterio e altare maggiore
Il presbiterio, rialzato di alcuni gradini, si conclude con una profonda abside, 
altare maggiore, Madonna con Gesù Bambino e s. Stefano (XIII secolo), dalla Chiesa di S. Stefano del Trullo.

Transetto destro
- cappella di s. Benedetto Giuseppe Labre, 
altare, Apparizione della Trinità e della Madonna a s. B. Giuseppe Labre (1877),  di V. Pasqualoni.
pareti, Morte di s. B. Giuseppe Labre e S. B. Giuseppe Labre in preghiera nella Chiesa di S. Maria in Aquiro (1866),  di Pietro Gagliardi.

Navata destra
- prima cappella, di san Sebastiano, ristrutturata nel 1866 dall'architetto Raffaele Francisci,
all'altare, San Sebastiano (XVII secolo), olio su tela.
- seconda cappella, del SS. Crocifissso, ristrutturata nel 1864,
altare, Gesù crocifisso (XVII secolo), in legno intagliato policromo.
- terza cappella, dell'Annunciazione, 
altare, Annunciazione di Francesco Nappi;
pareti laterali, Presentazione di Maria Vergine al Tempio e Nascita di Maria Vergine, di Carlo Saraceni.
sulla volta, Incoronazione di Maria Vergine tra angeli e santi (ante 1617), di Carlo Saraceni.

RESTI DEL TEMPIO DI MATIDIA

IL TEMPIO DI MATIDIA

La chiesa di Santa Maria in Aquiro venne costruito sull'area occupata dal Tempio di Matidia, eretto nel 119 dall'imperatore romano Adriano (76–138), in onore della suocera, Salonina Matidia, madre della moglie Vibia Sabina.

Nel 2005 il tempio è stato ritrovato in piazza Capranica, cinque metri sotto il livello stradale, grazie al restauro dell'antico Ospizio degli Orfani o Collegio Salviati (XVI secolo), annesso alla chiesa di Santa Maria in Aquiro, che era stato preso in affitto dal Senato per uffici e servizi. Durante i lavori di consolidamento delle fondamenta sono emersi una gradinata e sei colonne, resti del Porticus Matidiae, la parte frontale del tempio.

Sotto Santa Maria in Aquiro oggi si può ammirare uno scorcio della monumentale costruzione, con le grandi basi delle colonne e la scalinata del tempio, parte del peristilio e della pavimentazione originale, con tracce degli antichi colori.

RESTI DEL TEMPIO DI MATIDIA IN VIA DELLA SPADA DI ORLANDO

"Una scoperta dovuta alla scelta fatta dal Senato di affittare un' ala dell' antico Ospizio degli Orfani dell'Istituto di S. Maria in Aquiro per farne uffici per i senatori: 3000 mq su quattro piani che due anni fa erano praticamente pericolanti. 
«Abbiamo cominciato col consolidare la struttura» spiega il direttore dei lavori Roberto Tartaro «perché la situazione poteva degenerare da un momento all' altro». 
I lavori, commissionati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, insieme con il Senato e la Sovrintendenza dei Beni archeologici, hanno portato alla luce questa scoperta stupefacente. All' inizio, del portico monumentale non era visibile che un tronco di colonna di grandi dimensioni, in marmo cipollino, lungo il vicolo della Spada d' Orlando. 
«Si sapeva dell' esistenza del Tempio di Matidia», spiega Fedora Filippi, della Sovrintendenza dei Beni archeologici «ma non dove fosse. Poi, cominciati i lavori, abbiamo trovato questi tronconi di colonne che, per le dimensioni, non potevano che appartenere a un edificio monumentale. Accanto alla fila di colonne c' è una scalinata: e sotto una platea di calcestruzzo di 8, 9 metri, adatta quindi a reggere un grande tempio»."
(La Repubblica 13 dicembre 2006)

BIBLIO

- Silvio Imperi - Della chiesa di S. Maria in Aquiro in Roma - B. Morini - 1866 -
- Mario D'Onofrio, Claudio Strinati - S. Maria in Aquiro - Le chiese di Roma illustrate - Marietti - Roma - 1972 -
- Claudio Rendina - Le Chiese di Roma. Storia e segreti - col. Tradiz. ital. - Newton & Compton - Roma - 2017 -
- Simona Casalini - S.Maria in Aquiro, l'ultima speculazione: trenta milioni dal Senato e lavori in alto mare - La Repubblica - 30 marzo 2011 -

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