SOTTO VILLA GIULIA



 

LA VILLA

Villa Giulia, considerata, nella metà dell’Ottocento, “l’ottava meraviglia del mondo“ è un prezioso edificio di Roma che si trova lungo il viale delle Belle Arti, alle pendici dei monti Parioli, presso la via Flaminia. 

Costruita da Giovanni Maria Ciocchi del Monte, ovvero papa Giulio III (da cui il nome) tra il 1550 e il 1555, la villa è uno splendido esempio di rinascimentale, sorta come residenza suburbana, analoga ad altri complessi cinquecenteschi di Roma e dintorni.

Fu eretta infatti come residenza estiva al di là del Tevere, dove il papa arrivava in barca e dove amava passare allegramente un giorno di riposo alla settimana, in una zona di Roma detta la 'Vigna Vecchia', addossata all'esterno delle mura cittadine, rimanendo poi, alla morte del papa, proprietà della Curia romana. 

L'EMICICLO

Da lì passò allo Stato italiano con la presa di Roma del 1870 e venne adibita a sede del Museo nazionale etrusco, come resta ancora oggi. Essa è oggi il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, noto anche come ETRU, un museo statale italiano dedicato alle civiltà etrusca e falisca ospitato negli ambienti di villa Giulia e villa Poniatowski a Roma. 

I materiali provenienti dai centri dell'Umbria e del Latium Vetus sono conservati nella vicina Villa Poniatowski. Di proprietà del Ministero della cultura esso è annoverato dal 2016 tra gli istituti museali dotati di autonomia speciale.

TUTTO IL COMPLESSO

Villa Giulia era composta da tre “vigne” (come allora si chiamavano le ville):

- la prima, denominata “Vigna Vecchia”, era la proprietà più antica di famiglia ed era costituita da quella ancora esistente sulla Via Flaminia e trasformata da Pio IV (per questo motivo denominato Palazzina di Pio IV) che si estendeva fino al complesso di quella che divenne poi Villa Poniatowski.

- La seconda, scomparsa, era situata di fronte alla “Vigna Vecchia” ed era indicata come “Vigna del Porto”, perché arrivava alla riva del fiume.

- La terza, denominata “Vigna del Monte” o “Vigna di papa Giulio”, corrisponde all’edifico principale, ovvero l’attuale palazzo di Villa Giulia. Tutto il complesso era inserito in un immenso parco costituito da terreni che Giulio III aveva aggiunto a quelli ereditati dal fratello.


Pertanto la villa attuale è solo una piccola parte di una precedente proprietà, che conteneva tre vigne. Qui fu costruita una villa per papa Giulio III, colto umanista e grande amante delle arti. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Villa Giulia dove organizzò grandi celebrazioni e sontuosi ricevimenti.

Dal Tevere, ove era il porticciolo per la barca del papa, partiva il viale d’accesso al palazzo, la “via Julia Nova”, oggi Via di Villa Giulia dove, all’incrocio con la Via Flaminia, vi era la fontana dell’Ammannati, costituita da un portico ed un prospetto in stile corinzio, a cui la vasca era appoggiata.


Il disegno della Villa fu opera dello stesso papa, anche se poi venne corretto da Michelangelo ed ampliato dal Vignola e dall’Ammannati. Purtroppo alla morte di Giulio III, avvenuta nel 1555, ne segnò il decadimento e la spoliazione: nel 1556 morì anche il fratello ed erede di Giulio III, Baldovino del Monte, cosicché Papa Paolo IV, nel 1557, ne rivendicò la proprietà alla Santa Sede, in quanto a suo dire era stata acquistata con i soldi della Camera Apostolica.

Al progetto e alla realizzazione parteciparono i più grandi artisti dell’epoca: Giorgio Vasari, Jacopo Barozzi da Vignola e Bartolomeo Ammannati. Comunque il progetto iniziale, nel 1551–1553, si deve a Giacomo Barozzi da Vignola, mentre il ninfeo e le altre strutture del giardino, invece, furono progettate da Bartolomeo Ammanati.

IL MUSEO

IL MUSEO

Dal 1889 la villa accoglie il Museo di Villa Giulia che, nato come Museo delle Antichità preromane, in particolare falische, è oggi il più rappresentativo Museo Etrusco, ricco di testimonianze provenienti dall'Etruria Meridionale, ovvero dal territorio compreso tra il Tevere ed il mare Tirreno (alto Lazio). 

Il museo ospita alcune delle più importanti espressione artistiche etrusche insieme a creazioni greche di altissimo livello, importate in Etruria tra i secoli VIII e IV a.c.



Spesso, come testimonia il Vasari, i contatti tra il Papa ed il gruppo degli artisti furono tenuti da monsignor Pietro Giovanni Aliotti, vescovo di Forlì e Maestro di Camera di Giulio III. Giorgio vasari asserisce essere stato l'autore del disegno della Vigna Julia, a cui si deve effettivamente il progetto complessivo dei ogni invenzione e decorazione messe in opera dai vari artisti.

L'esposizione delle opere artistiche riguarda i grandi centri etruschi come Vulci, Cerveteri, Veio, ma pure alcuni siti minori dell’Italia preromana, come quello Agro falisco. 

L’esposizione vanta anche grandi raccolte del seicentesco museo Kircheriano, delle Collezioni Bermann e Gorga e della ricchissima collezione Castellani composta da ceramiche, bronzi e dalle celebri oreficerie antiche e moderne, queste ultime opera degli stessi Castellani, orafi tra i più noti a Roma nella seconda meta del XIX secolo. 



PAPA PAOLO IV CARAFA

Alla morte di papa Giulio, il nuovo papa Paolo IV Carafa, salito al soglio pontificio dopo 22 giorni di pontificato di Marcello II (membro dell'Inquisizione e morto di ictus cerebrale), confiscò tutte le proprietà di papa Giulio. 

La villa fu divisa, la costruzione principale e parte dei giardini divennero proprietà della Camera Apostolica, e la villa fu riservata per l'uso dei Borromeo, nipoti del successivo papa, Pio IV Medici di Marignano. Come tutte le ville suburbane, Villa Giulia aveva un'entrata urbana (sulla via Flaminia, l'antica via romana) e un giardino dietro. 

La villa Giulia, secondo il modello antico romano che le ville rinascimentali ricalcarono, fu dotata di una derivazione sotterranea dell'Acquedotto Vergine (lo stesso della Fontana di Trevi) dando luogo anche a due fontane-abbeveratoio a beneficio (tardivo) della popolazione, poste all'inizio della via di Villa Giulia sulla via Flaminia, dal cardinale Borromeo nel 1672, e da Filippo Colonna principe di Paliano nel 1701.

LE CARIATIDI

IL CASINO

Il casino venne costruito su progetto di Jacopo Barozzi da Vignola nel 1551 - 1553, con la collaborazione di Bartolomeo Ammannati, Giorgio Vasari e Michelangelo Buonarroti. La decorazione pittorica delle pareti fu di Prospero Fontana, Taddeo Zuccari, Pietro Venale e da vari aiutanti. Il papa spese un capitale per abbellire la villa, uno degli esempi più delicati dell'architettura manierista, cioè
dell'architettura europea che si sviluppò tra il 1530 ed il 1610, tra la fine del Rinascimento e l'avvento del Barocco.

Il fronte del casino, del Vignola, è costituito da una facciata a due piani di altezza identica. Ha al centro il uno splendido portale tra due colonne doriche bugnate e due nicchie laterali, con due ali simmetriche e una finestra ciascuna. Varcato il portale si accede prima ad un piccolo atrio e quindi nel portico ad emiciclo sostenuto da otto colonne ioniche di granito, con un grande arco centrale ed altri due alle estremità, affiancati da altri archi più piccoli e bassi.

La volta e le pareti dell’emiciclo conservano preziosi affreschi attribuibili a Prospero Fontana, Taddeo Zuccari e Pietro Venale da Imola: la volta presenta un graticcio con tralci di gelsomino e riquadri con putti; al centro è il Carro del Sole. Segue un pergolato con tralci di uva e viti in cui appaiono piccoli satiri all’interno di tondi e riquadri. 

IL MOSAICO MARINO

Tutta la volta è arricchita da una vegetazione su cui posano innumerevoli uccelli, pavoni, gufi, aironi, scoiattoli e farfalle. Nei pannelli delle pareti, decorati a grottesche su fondi rossi e gialli, sono raffigurati personaggi mitologici, tra cui Marte, Mercurio, Diana, Bacco, Venere ed Apollo

Dall’emiciclo si passa al piazzale, scandito sui due lati da sei colonne ioniche che delimitano cinque archi ciechi.

La facciata ha alle due estremità un pilastro di ordine dorico. Il pianterreno presenta quattro finestre bugnate con timpano triangolare, mentre quelle del piano superiore sono incorniciate e riccamente decorate.


Nella parte posteriore c'è la grande loggia di Ammanati che guarda sopra il primo dei tre cortili e dà accesso al giardino attraverso due fughe di scale in marmo che conducono al Ninfeo dove si può pranzare al fresco come usavano gli antichi romani.

Il livello più basso è dunque costituito dal ninfeo, un complesso scenografico creato da Giorgio Vasari e Bartolomeo Ammannati, al quale si accede tramite due strette scale a chiocciola: qui tutto concorre a creare un luogo impregnato di fascino e di mistero, come le quattro cariatidi che sostengono il balconcino ed il bellissimo pavimento romano a mosaico con Tritone, attorno al quale scorre l’Acqua Vergine che stilla dalle finte rocce emergenti dagli archi marmorei.

Vi sono così ben tre livelli di logge coperte e decorate con statue di marmo e balaustre, intorno ad una fontana centrale scolpita da Vasari e da Ammannati che rappresenta le divinità dei fiumi e le cariatidi.


Nell'arco a tre fornici inquadrati da quattro colonne ioniche, sull’ultima delle quali, a destra, vi è la firma dell’architetto: “BARTHOLOMEO AMANNATO ARCHITETTO FIORENTINO”. Il recinto del primo giardino diventa tutt'uno con il secondo edificio, che porta al cortile centrale,
mentre il terzo giardino, situato alla fine dell'asse principale, è all'italiana.  

Il Casino della Vigna, come a volte veniva chiamato, ed i suoi giardini erano posti al centro di vigne ben articolate. Gli ospiti papali sarebbero saliti su barche alle porte del Vaticano e trasportati sul Tevere al grande approdo riservato, per godere i piaceri e le magnificenze della villa, per passeggiare nei giardini e per mangiare i lussuosi pasti nel ninfeo.


La parete di fondo presenta una serliana che si apre verso il terzo cortile e dalla quale si scorge, con un notevole effetto scenico, la statua di Igea, la Dea della Salute e delle Guarigioni, copia romana di un originale attico.

Dalla loggia due rampe curvilinee conducono al secondo livello, caratterizzato da una parete a paraste doriche tra le quali si aprono due nicchie che un tempo ospitavano statue; oggi rimangono soltanto due statue raffiguranti divinità fluviali poste nei vani che si aprono ai lati del motivo centrale.

L’edifico della “Vigna Vecchia” fu concesso da Pio IV ai nipoti Borromeo come residenza, mentre l’edificio principale fu utilizzato saltuariamente come luogo di accoglienza per sovrani e grandi personalità in attesa di fare il loro ingresso a Roma attraverso la vicina “Porta Flaminia“: tra gli altri, nel 1565 vi fu ospitata la Regina Cristina di Svezia.


L'edificio fu restaurato nel 1769 su iniziativa di papa Clemente XIV e destinato ad uso dell'esercito (per acquartieramento, magazzinaggio e anche lazzaretto; vi ebbe sede anche la Scuola di veterinaria, per la cui comodità venne realizzato l'accesso a cordonata alla fontana bassa del ninfeo, utilizzata per abbeverare i cavalli).

Nel 1870 l'edificio divenne proprietà del Regno d'Italia, come sede di raccolta e poi di esposizione dei materiali rinvenuti nel territorio tra i monti Cimini e il Tevere, nel quadro di un ampio programma di esplorazioni archeologiche condotto sull'antico territorio di Falerii (1888-89). 

Iniziò così la destinazione museale della villa, alla quale negli anni trenta furono aggiunte due ali esterne per ospitare le collezioni e i servizi. Nel cortile destro così ottenuto è stata costruita la riproduzione di un tempio etrusco.


Nel 1889 fu destinato ad accogliere materiale archeologico sulle antichità preromane di popoli come Etruschi ed Italici. Nel 1939 il museo venne interamente dedicato alla civiltà etrusca: oggi, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, noto anche come ETRU, è riconosciuto come uno dei musei etruschi più importanti al mondo, ricco di capolavori come il Sarcofago degli Sposi, l’Apollo di Veio e numerosi reperti della famosa Raccolta Castellani di oreficeria antica.

IL SARCOFAGO DEGLI SPOSI DI CERVETRI

I GIOIELLI DI VALLE GIULIA

I capolavori di valle Giulia, del resto famosi nel mondo, sono:

- il Sarcofago degli Sposi da Cerveteri (VI a.c.), una coppia di coniugi a grandezza quasi naturale che si adagiano felicemente come se fossero ad un pranzo, Il Sarcofago risale al 530-520 a.c. e fu scoperto nel 1881 in 400 frammenti, nella necropoli della Banditaccia a Cerveteri. L’opera, un’urna destinata ad accogliere i resti materiali dei defunti, raffigura una coppia di coniugi distesi su un letto (kline) con il busto sollevato frontalmente nella tipica posizione del banchetto.        
                                                        
L’uomo cinge con il braccio destro le spalle della donna, così che i loro volti risultano molto vicini, mentre la disposizione delle mani e delle dita suggerisce l’originaria presenza di oggetti perduti, come una coppa per bere vino o un piccolo vaso da cui versare profumo.

CISTA FICORONI
- la statua di Apollo. una scultura in terracotta dipinta da Veio (VI sec. a.c.): la statua risalente al 510-500 a.c. ornava, insieme ad altre statue, la sommità del tetto del Tempio di Portonaccio a Veio, dedicato alla Dea etrusca Menervea (Atena). Ritrovata in vari frammenti nel 1916, la scultura in terracotta policroma era collocata di fronte a quella di Eracle (Ercole) nella raffigurazione della contesa per il possesso della cerva sacra di Delfi dalle corna d’oro. Le statue sono state attribuite al Maestro dell’Apollo, un artista ignoto di Veio appartenente all’officina del famoso scultore etrusco Vulca.
 
- l’altorilievo frontale ricostruito da Pyrgi con Tideo, uno dei Sette contro Tebe, che divora il cranio di Melanippo già morto, nell'episodio della Tebaide, poema epico perduto del Ciclo Tebano.

- Le lamine d’oro scolpite in lingua etrusca e fenicia da Pyrgi (V sec. a.c.),
 
- l’Apollo dello Scasato da Falerii (IV sec. a.c.),
 
- il Centauro in nenfro da Vulci (sec. VI a.c.).

- I resti di un tempio rinvenuto nei pressi di Alatri

- Le collezioni Barberini, Castellani e Pesciotti

- la Cista Ficoroni, cofanetto cilindrico portagioielli di rame e impropriamente detto in bronzo, finemente cesellato e sormontato da un coperchio con tre sculture, h di 77 cm. Il migliore reperto conosciuto, per dimensioni, qualità, decorazione e conservazione, di cista etrusco-italica.

- l'Olpe Chigi, una ceramica greca policroma (h 26 cm) realizzata a Corinto da un anonimo artista intorno al 640 a.c. e trovata in Etruria, presso Veio.


Nel 2012, il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia ha aperto alcuni ambienti anche all'interno della vicina villa Poniatowski, storica dépendance papale. Il 31 marzo 2013 il museo ha subito un furto che ha colpito parte della collezione Castellani.

C'è nella villa Giulia un giardino quadrangolare al centro del quale è posta una fontana in porfido rosso, ed è il luogo dove si svolge dal 1953 la serata conclusiva del famoso “Premio Strega”. Come già detto, all’angolo di Via Flaminia con Via di Villa Giulia è situata la grande fontana, un tempo isolata, che Papa Giulio III fece erigere nel 1552 da Bartolomeo Ammannati. 

Per i giochi d’acqua del suo ninfeo, il Papa si servì dell’Acqua Vergine, il cui condotto passava vicino a piazza di Spagna, facendo costruire dal Vignola una deviazione sotterranea che, rifornendo la fontana sulla Via Flaminia, arrivava fino alla villa.
SEZIONI DEL MUSEO


BIBLIO

- Anna Maria Moretti Sgubini - Il Museo Nazionale etrusco di Villa Giulia, guida breve - 1999 -
- R. B. Bandinelli, E. Paribeni - L'arte dell'antichità classica. Grecia - Torino - UTET Libr. - 1986 - 
- Lucos Cozza - La grande pianta di Falerii esposta nel Museo di Villa Giulia - OpRom 15 - 1985 -
- Matteo D'Acunto - Il mondo del vaso Chigi Pittura, guerra e società a Corinto alla metà del VII secolo a.c. -  Berlin - De Gruyter - 2013 -
- R. B. Bandinelli, A. Giuliano - Etruschi e Italici prima del dominio di Roma - Milano - Rizzoli -1976 -
- Caere. Scavi di R. Mengarelli - a cura di B. Pace, R. Vighi, G. Ricci, M. Moretti - in Mon. Ant. Lincei - XLII - 1955 -



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