MAUSOLEO DI TOR DI QUINTO

MAUSOLEO DI TOR DI QUINTO

Lungo la Via Nomentana all'altezza della Basilica di Santa Agnese nel mezzo delle carreggiate si erge un monumento funerario romano di età traianea che è completamente estraneo al luogo in cui si trova.
Il mausoleo è situato presso viale Tor di Quinto, nell’area di proprietà del distaccamento dei Carabinieri a cavallo, tuttavia il monumento, originariamente costituito da due tamburi gemelli, posti su un alto podio parallelepipedo e realizzati in opera cementizia, era stato costruito lungo la via Flaminia antica, con podio e tamburi interamente ricoperti di marmo.   

Oggi si conserva nel sito originario solo il nucleo di uno dei due tamburi gemelli, mentre il rivestimento marmoreo, in parte recuperato durante gli scavi del 1875, fu successivamente trasportato e quindi ricomposto, dopo attenti studi, dall’archeologo Giacomo Boni sulla via Nomentana, nella proprietà del barone Alberto Blanc.

Come lungo tutte le vie che uscivano da Roma anche lungo la Via Nomentana si seppellivano i defunti in catacombe e mausolei, ma quello di fronte a Sant'Agnese era stato eretto lungo la Via Flaminia, nel tratto dopo Porta del Popolo e Ponte Milvio, con una storia emblematica della poca attenzione con cui a Roma era considerato, e in parte avviene tutt'oggi, il patrimonio archeologico della città.

Nel 1820 il Cardinale Camerlengo Pacca emanò un editto considerato il primo documento organico per la protezione artistica e storica di tutti i manufatti d'arte antichi e moderni, dopo però che la Chiesa aveva distrutto e calcinato migliaia e migliaia di capolavori romani di pitture, scultura, architettura e letteratura antiche.

Con il nuovo Regno d'Italia, in nome dei diritti della proprietà privata, i cittadini furono lasciati liberi di disporre di quanto rinvenuto nelle loro proprietà; solo nel giugno del 1902 venne promulgata una legge di tutela del patrimonio artistico nazionale.

Pertanto, nel dicembre del 1875, il proprietario della tenuta di Tor di Quinto poté autorizzare un certo signor Grilli a fare nella sua proprietà, degli scavi archeologici per quindici giorni e ad appena quattro metri di profondità vennero subito trovati molti massi in marmo "parte ornati e parte semplici" subito riconosciuti come pertinenti ad un monumento funerario.

Grilli nel corso di un anno recuperò capitelli, pezzi di bugnato, cornici intagliate e frammenti di bassorilievo con rosoni, fogliame ed uccelli; al termine del contratto, in accordo con il proprietario del terreno cedette tutto per Lire 7.000 al Cardinale camerlengo Camillo di Pietro, il quale li cedette ad un contrammiraglio che li lasciò ammassati per venti anni in un terreno vicino a Porta del Popolo.

RICOSTRUZIONE DEL MONUMENTO

Nel 1895 i pezzi furono messi in vendita sul mercato antiquario romano e proposti al Museo Nazionale Romano ma il Direttore di allora, Felice Barnabei, non aveva fondi disponibili per l'acquisto  (non hanno mai risorse per i beni archeologici) e si limitò a segnalare l'opportunità al Sindaco di Roma, Principe Emanuele Ruspoli, di acquistarli e usarli per abbellire la passeggiata tra Porta del Popolo e Ponte Milvio che era appena stata finita.

La proposta naturalmente non venne accolta, perchè in Italia i nostri beni culturali non si acquistano e semmai si vendono), ma Giacomo Boni, ispettore della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti e spesso chiamato come consulente nel restauro di edifici storici e artistici, venne assunto dal Ministro degli Esteri del Regno d'Italia, Alberto de Blanc, per ristrutturare il casino nella Via Nomentana che il ministro aveva acquistato per 75.000 lire.

Intanto il proprietario della tenuta di Tor di Quinto, nel dicembre 1875, dopo circa quindici giorni di scavi, rinvenne nei suoi giardini quel patrimonio di resti archeologici, trovò pure uno dei due tamburi (quello che ancor oggi svetta a Tor di Quinto), e i rivestimenti marmorei dell’altro vennero tranquillamente trasportati altrove. 

Messi in vendita vent’anni dopo, sul mercato antiquario romano, e proposti al Museo nazionale Romano (che non li acquistò per carenza di fondi!!!), solo l’attento sguardo dell’archeologo Giacomo Boni, allora ispettore della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, li riconobbe e cercò disperatamente di salvarli. 


Il Boni trasformò totalmente non solo l'edificio del casino De Blanc ma pure il parco pertinente dove propose al principe di ricostruire il monumento romano del quale molti frammenti, tali da poterlo ricostruire quasi per intero, erano ancora presenti sul mercato antiquario romano, e ai quali nessuno sembrava essere interessato.

A suo tempo Barnabei aveva stimato che i circa 50 blocchi di marmo fossero pertinenti ad un unico monumento funebre con una circonferenza di circa 15 metri di cui erano state ritrovate parti pertinenti alla base, al fregio ed alle cornici anche con bassorilievi scolpiti che ne fecero ipotizzare la datazione al II secolo d.c..

Così Giacomo Boni ricostruì uno solo dei due tamburi, realizzando ex novo il basamento in mattoni rossi e il nucleo, decorato dal fregio originale a ghirlande con cippi di coronamento. Il sepolcro è datato in età imperiale, tra il I e il II sec. d.c..

Dunque gli antichi romani edificarono il mausoleo lungo la via Flaminia antica, una strada che dal centro di Roma usciva dalle mura dove era consentito erigere tombe e cimiteri. Situato oggi nell’area di proprietà dei Carabinieri a cavallo, sul sito si trova conservata solo una parte di quell’antico monumento, databile tra il I e il II secolo d.c.

All’altezza di Sant’Agnese invece sorge un'altra “torretta“, simile a quella presente sulla Flaminia e la chiamano, comunque, mausoleo di Tor di Quinto. Il Mausoleo si componeva di due strutture cilindriche verticali alla fine delle quali, probabilmente, sorgeva una piccola volta a cupola. Il podio ricostruito sulla Nomentana ha una forma cubica di circa 5 metri di lato ed il tamburo è alto circa 5 metri. 


Così quando l'archeologo si ritrovò a ristrutturare una delle proprietà del barone Alberto de Blanc, e cioè Villa Blanc su via Nomentana, fece ricostruire quei resti e, all’interno del vasto parco, ripristinò il “Mausoleo di Tor di Quinto“, ovvero la Torre cilindrica parte gemella mancante a Tor di Quinto, che reca ancora rivestimento originale nei blocchi di travertino e in alcuni fregi che si notano soprattutto nella parte alta. 

Per questo motivo, all’altezza di Villa Blanc, in prossimità della Basilica di Sant’Agnese, si può ancora ammirare quel tamburo. Il rivestimento di marmo con i fregi e i cippi di coronamento sono gli originali mentre i mattoni del tamburo e del basamento sono stati inseriti nella ricostruzione; anche i blocchi di tufo sarebbero di fine '800 e nello stile bugnato imitano le scalpellature dei massi di opera quadrata realizzati dagli scalpellini romani antichi.

Originariamente l’intero podio doveva essere in opera cementizia rivestita di marmo con una o più camere ricavate all’interno e sosteneva due tamburi gemelli. Un'apertura esterna rettangolare permette di osservare all'interno una scala a chiocciola, che però non è sicuramente di età romana.

Ma non finisce qui perchè Agostinelli Iorise nel suo libro SPQR scrive: 
Sul territorio dell’attuale quartiere fu ritrovato nel 1875, all’interno di quello spazio del territorio assegnato al distaccamento dei Carabinieri a cavallo dal nuovo istaurato Stato Monarchico, un monumentale sepolcro del primo secolo che, a somiglianza di quello più famoso di Cecilia Metella, era tondo a più tamburi e poggiava su di un alto basamento. 
Questa era la “Torre” posta proprio al “Quinto miglio della via Flaminia” a cui si fece riferimento al fine di donare il nome al quartiere. La solenne struttura parzialmente recuperata fu ricostruita e spostata sulla via Nomentana (vicino Villa Blanc dove è ancora oggi visibile) ad opera dell’archeologo G. Boni e, udite, udite, viene ipotizzato che possa essere un cenotafio postumo dedicato al poeta Publio Ovidio Nasone il quale, proprio sulla collina dove oggi insiste l’area residenziale Fleming, aveva la sua elegante residenza suburbana“.


BIBLIO

- Iorise Agostinelli - S.P.Q.R. da Romolo a Romolo Augustolo. La millenaria storia di Roma antica in 300 pagine - edito da il mio libro self publishing - 2018 -
- M. C. Mancinelli - Cimitero Flaminio - Villa romana - BullCom 94 - 1991/92 -
- Overbeek's - Les restes de l'ancienne Rome - Facultés Universitaires Notre-Dame de la Paix -
- R. Cagnat e V. Chapot - Manuel d'archéol. romaine - II - Parigi - 1920 -
- Boris Pahor - Necropoli - trad. Ezio Martin - Edizioni del Consorzio culturale del Monfalconese - San Canzian d'Isonzo - 1997 -

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