AGER PUBLICUS



AGER ROMANUS E AGER PEREGRINUS

L’ ager romanus, esteso talvolta a indicare tutto il territorio romano di proprietà quiritaria, è in genere identificato con il più antico territorio di Roma, verso la fine dell’età regia. Esso, indicato anche come a. antiquus, rimase pure in seguito la sola sede atta alla celebrazione di alcuni atti solenni della vita pubblica.

Ager peregrinus è il territorio di Stati stranieri alleati o riconosciuti, su cui sussistono legittimi diritti degli stranieri, mentre l’ a. hosticus indica il territorio di Stati in guerra con Roma o, comunque, privi di qualsiasi relazione con essa.



AGER PRIVATUS E AGER PUBLICUS

Nel territorio di Roma, occorre invece distinguere fra ager privatus e ager publicus populi Romani.
L’ ager privatus è costituito dai terreni in piena proprietà privata (dominium ex iure Quiritium), e da quelli oggetto di una durevole signoria dei privati, tenuti però al pagamento di un vectigal (canone periodico) allo Stato (a. privatus vectigalisque).

Nel diritto romano, l'ager publicus, agro pubblico, era costituito da porzioni di territorio (terreni, fondi, latifondi) con lo stato giuridico di proprietà dello stato. L'Ager era esterno alla città, delimitata dal pomerio. L'ager publicus, nel diritto romano, era dunque l'insieme di porzioni di territorio di proprietà dello stato romano. Lo stato acquistava questi territori soprattutto attraverso l'occupazione militare di altri territori ma talvolta anche attraverso opere di occupazione consenziente. 




LA DEDITIO

Nel IV secolo a.c., la città di Capua Vetere venne assediata dai Sanniti, per cui inviò un'ambasceria a Roma chiedendone la protezione, ma il Senato romano, che aveva in precedenza stipulato un trattato di non belligeranza con i Sanniti, fu costretto a respingere la proposta.

Gli ambasciatori della città campana, disperati perchè conoscevano la ferocia e la distruttività dei Sanniti, decisero di consegnare l'intera città, i suoi abitanti, i campi, gli averi e ogni altra cosa, nelle mani di Roma. Era la cosiddetta "Deditio", per cui Capua diventava territorio romano e come tale doveva essere difesa a tutti i costi.

Infatti Roma si sentì obbligata ad intervenire in sua difesa, dando inizio alla I Guerra Sannita, nel 343 a.c. che terminò con la vittoria romana. Nel 338 a.c. poi Roma le concesse la civitas sine suffragio, ovvero la cittadinanza senza l'esercizio del diritto di voto.



AGRO POPLICO

La prima menzione di ager publicus si trova nel II secolo a.c. nello storico romano Lucio Cassio Emina, che lo usa nei suoi Annales, ma pure l'agro poplico nell'Elogio di Polla e agrum poplicum nella Tavola di Polcevera del 117 a.v.. Tuttavia il termine ager publicus non voleva significare "agro publico" ma "agro conquistato" o "devastato". Publicus derivava dal verbo populare che, come Mommsen spiega, originariamente aveva il significato proprio di "devastare". Infatti alcune fonti parlano di questo ager come ager nemico occupato militarmente.


AGRO PUBLICO

L'accezione di "agro publico" si avrà in età gracchiana quando il termine ager publicus sarà usato per la prima volta, nel 111 a.c. anche nella lex agraria epigrafica. Per Tiberio Gracco l'ager publicus si chiamava così per distinguerlo dall'ager privatus cioè i terreni appartenenti a privati. 

Parte dei territorio in ager publicus veniva concessa ai privati, dopo la centurizzazione da parte dei censori, in:
- 1) proprietà piena (ager divisus et adsignatus per limites in centuriis) dietro il pagamento di un compenso allo stato vectigal, 
- 2) una parte veniva concessa solo in godimento. 
- 3) una parte veniva destinata a scopi religiosi, per la destinazione di templi, 
- 4) una parte veniva destinata alla realizzazione di colonie romane o latine.



ADSIGNATIO

L'acquisto della proprietà a titolo originario era basato sul perdurare per un determinato periodo di tempo del possesso di un bene. Esistevano però diverse forme di ager publicus a seconda della adsignatio (assegnazione):

- ager occupatorius: con e senza corrispettivo in denaro (cioè con o senza canone periodico), forse in origine venne assegnato ai soli patrizi, non dava però luogo ad usucapione, in latino usucapio, un modo di acquisto della proprietà a titolo originario basato sul perdurare per un determinato periodo di tempo del possesso sul bene in causa.

ager scripturarius: terreno concesso a pascolo con pagamento della scriptura, una somma fissa per ciascun animale che avrebbe pascolato in quel territorio;

- ager compascuus: simile all'ager scripturarius, ma assegnato a comunità o a soggetti plurimi (spesso proprietari di fondi confinanti), forse anche senza obbligo di un canone in origine, e utilizzato col mandarvi i propri animali a pascolare. Fu un territorio lasciato ai vicini per il pascolo comune degli animali. Fu la lex Sempronia Agraria a sciogliere i dubbi, classificando il compascolo come ager publicus;

- ager quaestorius: venduto dai questori, conservava il carattere di pubblico e il privato acquistava il possesso tutelato da interdetti e revocabile, pagando il vectigal a titolo di ricognizione;

ager censorius: locato dai censori;

- ager vectigalis: sottoposto al pagamento di un vectigal (canone periodico), si assegnava al privato questo ager dapprima per 5 anni e poi, successivamente, in perpetuo.

- agri redditi: denominazione di un terreno demaniale composto da terreni dei paesi conquistati, che veniva restituito ai vinti dietro il pagamento di un tributo.



AGER ROMANUS

I Romani designavano Ager Romanus antiquus il territorio attorno alla città, per un raggio di cinque o sei miglia dal Campidoglio; la zona era delimitata da confini sacri, rimasti inalterati nonostante le successive conquiste, perché ad essi erano connessi gli auspicia. 



AGER ARICINUS

L'ager contiguo ad Aricia, da essa amministrativamente dipendente e gravitante sui laghi di Albano e di Nemi, con i centri moderni di Albano Laziale e di Genzano. Dell’epigrafia del sacro aricina, vi sono
80 epigrafi per lo più sacre, la maggior parte dedicate alla Dea Diana, ovviamente di Nemi.


AGER VEIENTANUS

(INGRANDIBILE)
Ager Veientanus veniva chiamato il territorio immediatamente a nord, di forma più o meno trapezoidale, dominato da Veio. Il limite con l’Ager Romanus era dato da un modesto corso d’acqua, il Cremera, a est giungeva alla sponda destra del Tevere, a nord era delimitato dalle zone di influenza dei Capenati e dei Falisci, a ovest giungeva fino al settore sud-orientale del lago di Bracciano, al limite con un’altra zona di pertinenza etrusca, quella di Caere.

Il territorio è composto dalle vulcaniti dell’apparato sabatino, dalla cui alterazione sono derivati suoli piuttosto fertili, tanto che già prima della conquista romana l’agricoltura aveva prevalso sulla pastorizia. Le ricerche della British School of Rome hanno accertato la presenza di 16 siti abitativi tra il X e il VII secolo a.c., saliti a 137 nei due secoli seguenti. Oltre a Veio, peraltro, si aveva un solo insediamento di una certa entità, sul monte S. Angelo, che limita a est la conca di Baccano.

Dopo la conquista romana solo Veio, nonostante l’iniziale distruzione, sopravvisse come insediamento di tipo urbano, ma si moltiplicarono i siti di popolamento agricolo nelle campagne: oltre 240 secondo gli studiosi inglesi nel II secolo a.c., saliti a oltre 300 agli inizi dell’era cristiana. Col IV secolo cominciò un declino, ulteriormente aggravato con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e le invasioni barbariche.



AGER CAMPANUS

Capua possedeva in origine un territorio vastissimo: l'ager Campanus che si estendeva, a nord, fino alle pendici del monte Massico e includeva anche l'Ager Falernus, che rimase proprietà della città almeno fino al 338 a.c. quando, entrata a far parte della confederazione romana, dovette cedere quel territorio a Roma.

Tra i provvedimenti punitivi contro Capua, presi da Roma nel 211 a.c. durante la II Guerra Punica per l'alleanza della città con Annibale, il più grave fu l'espropriazione dell'intero ager Campanus, la cui estensione doveva essere di 200.000 iugeri, e che fu dichiarato ager publicus.

Poiché però nel 173 a.c. molta terra era tornata in mano ai privati, Roma effettuò la centuriazione del territorio che venne diviso in appezzamenti di 20 actus x 20 (m. 715 x 715) con strade incrociantesi ad angolo retto.

Poichè nel 130 parte della piana Campana era ancora occupata da abusivi e il senato non riusciva a porvi rimedio, una commissione composta da Gaio Gracco, Appio Claudio e Licinio Grasso tresviri agris iudicandis adsignandis, identificò e e delimitò i terreni pubblici.

LE LEGGI ROMANE

LEGGI LICINIE SESTIE

Le Leggi Licinie Sestie del 367 a.c. ponevano dei limiti allo sfruttamento dell'agro Pubblico, ma i ricchi proprietari che da sempre lo occupavano illecitamente si batterono per non farsi togliere questo privilegio aristocratico. Le leggi erano tre:

- De aere alieno: che le usure pagate si computassero a diminuzione del capitale e che i debitori potessero soddisfare i loro creditori in tre rate annue uguali;
- De modo agrorum: che fosse vietato di possedere più di 500 iugeri di ager publicus e di far pascolare sui terreni pubblici più di 100 capi di bestiame grosso e 500 di minuto, e che ci si dovesse servire di una certa aliquota di lavoro libero. Tale disposizione ebbe in realtà fortune alterne, considerando che in epoca successiva a regolare nuovamente la materia fu emessa la lex Sempronia Agraria;
- De consule plebeio.

Quest'ultima consentiva ai plebei di accedere al consolato e nel 342 a.c. i plebei ottennero che uno dei due seggi del consolato fosse riservato ai plebei. Le leggi, scritte dopo la conquista romana di Veio, sancirono che i suoi territori venissero distribuiti tra la popolazione bisognosa, formando 4 nuove tribù. 

La legge stabiliva inoltre la quantità massima di terreno che un privato poteva occupare: 500 iugeri (circa 125 ettari). Pochi anni prima Brenno e i suoi Galli avevano distrutto la città di Roma e molti plebei si erano indebitati per ricostruire le proprie case. Secondo le leggi delle dodici tavole il creditore poteva rendere schiavo il debitore ed anche ucciderlo, dunque molti plebei rischiavano di divenir schiavi. La legge prevedeva che la cifra prestata fosse restituita in tre anni.

TIBERIO E CAIO GRACCO

LEX SEMPRONIA

A causa dell'abbandono delle campagne, una minoranza di nobili. con a capo Tiberio e Caio Gracco, sostenne una riforma per migliorare le condizioni del popolo e bloccare la crisi agraria. Tiberio, nel 133 a.c. riuscì a farsi eleggere tribuno della plebee presentò la lex Sempronia, che prevedeva che a ogni colono fosse dato un lotto di terra quattro volte maggiore di quello tradizionale (30 iugeri, anziché solo 7) che però sarebbe restato proprietà dello Stato.

La legge limitava a 500 iugeri la terra dell’agro pubblico che un senatore o un nobile poteva occupare temporaneamente. Le terre occupate illegalmente, sarebbero state distribuite ai cittadini meno abbienti.
Ma i senatori convinsero o corruppero l’altro tribuno della plebe, collega di Tiberio Gracco, e cioè Marco Ottavio a porre il veto. Allora Tiberio convocò l’assemblea della plebe e lo fece destituire. La riforma fu subito approvata e il triumvirato agrario iniziò i lavori.

Il senato negò allora i finanziamenti necessari ma Tiberio propose di utilizzare il tesoro del re di Pergamo, Attalo III, che era morto lasciando il suo regno in eredità a Roma, per finanziare tutte le spese I senatori accusarono allora Tiberio di avere violato, con la destituzione di Marco Ottavio, il principio di inviolabilità dei tribuni della plebe e di mirare al potere regio.

I senatori assassinarono Tiberio ma dieci anni dopo, nel 123 a.c., il progetto di riforma fu rilanciato dal fratello Gaio, ma fece la stessa fine: un corpo di arcieri cretesi assaltò l’Aventino, dove i riformatori si erano rifugiati e nel massacro morirono Gaio, suicidatosi per non cadere vivo nelle mani dei nemici, e tremila uomini.

Dopo il massacro, il senato smontò le riforme: i lotti di terra già assegnati ai poveri divennero alienabili, e furono riacquistati dai grandi proprietari (spesso con violenza e minacce); si interruppero il recupero dell’agro pubblico e la ridistribuzione ai nullatenenti; i grandi possessori dell’agro pubblico ottennero il diritto di conservare per sempre le terre occupate in cambio di un canone di affitto molto basso, che presto fu del tutto abolito. Per questa legge agraria morirono poi molti altri rappresentanti della plebe, solo Caio Giulio Cesare riuscirà a varare la legge.

BIBLIO

- L. Capogrossi Colognesi, Persistenza e innovazione nelle strutture territoriali dell’Italia romana - Jovene editore - Napoli - 2002 -
- Carcopino J. - The Political Origins of the Agrarian Program - Problems in European Civilization - Lexington - Heath and Company - 1970 -
- Mommsen T. - Storia di Roma antica - Firenze - Sansoni - 1960 -
- Giovanni Rotondi - Leges publicae populi Romani. Elenco cronologico con introduz. sull'attività legisl. dei comizi romani - Milano - Società Editrice Libraria - 1912 -
- Gabba E. - Il tentativo dei Gracchi - Storia romana - 1990 -

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