TRIBUNO CONSOLARE |
Nome: Quinto Servilio Prisco Fidenate. ovvero Quintus Servilius Priscus
Nascita: ... - ... V secolo a.c.
Morte: ... - ... V secolo a.c.
Politico: tribuno consolare nel 402/398/395/390/388/386
Gens: Servilia
Per Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso la magistratura dei tribuni consolari fu creata, insieme alla carica di censore, nel "conflitto degli ordini" onde permettere ai plebei l'accesso alle più alte cariche del governo senza riformare la carica di console che il patriziato difendeva come riservata al suo ordine.
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 18.)
PRIMO TRIBUNATO CONSOLARE
Nel 402 a.c. Quinto Servilio Fidenate venne eletto tribuno consolare con Gaio Servilio Strutto Ahala, Lucio Verginio Tricosto Esquilino, Quinto Sulpicio Camerino Cornuto, Aulo Manlio Vulsone Capitolino e Manio Sergio Fidenate.
Mentre Roma assediava Veio vennero in soccorso della città contingenti di Capenati e Falisci, che attaccarono la zona comandata da Sergio Fidenate, mettendolo subito in difficoltà, anche per l'arrivo di rinforzi veienti.
L'astio tra Sergio Fidenate e Lucio Verginio, che comandava l'accampamento più vicino alle zone del combattimento, causarono la disfatta per l'esercito romano, che vide distrutto l'accampamento dove risiedevano i soldati di Sergio Fidenate.
«L'arroganza di Verginio era pari all'ostinazione di Sergio, il quale, per non dare l'impressione di chiedere aiuto al suo avversario, preferì lasciarsi vincere dal nemico piuttosto che vincere grazie all'intervento di un concittadino. Il massacro dei soldati romani presi nel mezzo durò a lungo.»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 8.)
Allora il Senato decise di anticipare la nomina dei tribuni consolari alle calende di ottobre, invece che alle idi di dicembre, e in quell'anno il presidio armato di Anxur fu sopraffatto dai Volsci. le cose andavano male per Roma.
SECONDO TRIBUNATO CONSOLARE
Nel 398 a.c. Quinto Servilio Fidenate per la sua saggezza, valore e capacità venne eletto nuovamente tribuno consolare con Lucio Valerio Potito, Marco Furio Camillo (il salvatore della patria), Lucio Furio Medullino, Marco Valerio Lactucino Massimo e Quinto Sulpicio Camerino Cornuto.
I romani continuarono nell'assedio di Veio e, sotto il comando di Valerio Potito e Furio Camillo, saccheggiarono Falerii e Capena, alleate degli etruschi. Intanto si alzarono le acque del lago Albano, e venne interrogato l'oracolo di Delfi, anche se un vecchio augure di Veio, aveva vaticiniato:
«i Romani non si sarebbero mai impadroniti di Veio prima che le acque del lago Albano fossero tornate al livello di sempre.»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 15)
TERZO TRIBUNATO CONSOLARE
Nel 395 a.c. Quinto Servilio Fidenate, amato dal popolo e stimato da molti senatori, venne ancora rieletto tribuno consolare con Publio Cornelio Scipione, Cesone Fabio Ambusto, Lucio Furio Medullino, Publio Cornelio Maluginense Cosso e Marco Valerio Lactucino Massimo.
Ai due fratelli, Cornelio Maluginese e Cornelio Scipione, fu affidata la campagna contro i Falisci, che però non portò a risultati definitivi, mentre a Valerio Lactuciono e Quinto Servilio toccò la campagna contro i Capenati, che furono vinti e costretti a chiedere la pace.
In città, dove infuriavano le polemiche sulla suddivisione del bottino ricavato di Veio dell'anno prima, si inasprirono ancor più gli animi per la proposta del tribuno della plebe Veio Tito Sicinio di trasferire parte della popolazione romana a Veio, con la ferma opposizione del senato.
QUARTO TRIBUNATO CONSOLARE
Nel 390 a.c. nuovamente Quinto Servilio venne eletto tribuno consolare, stavolta con Quinto Fabio Ambusto, Cesone Fabio Ambusto, Numerio Fabio Ambusto, Quinto Sulpicio Longo e Publio Cornelio Maluginense.
A Quinto Servilio, e agli altri Tribuni, Tito Livio addossa le maggiori responsabilità della sconfitta romana alla battaglia del fiume Allia, prologo del Sacco di Roma ad opera dei Galli Senoni condotti da Brenno. E Quinto Servilio, insieme agli altri Tribuni consolari, fu tra i più strenui sostenitori della proposta di lasciare Roma per stabilirsi a Veio, dopo che i Galli erano stati sconfitti.
«Dopo averla salvata in tempo di guerra, Camillo salvò di nuovo la propria città quando, in tempo di pace, impedì un'emigrazione in massa a Veio, non ostante i tribuni - ora che Roma era un cumulo di cenere - fossero più che mai accaniti in quest'iniziativa e la plebe la appoggiasse già di per sé in maniera ancora più netta»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 4, 49.)
QUINTO TRIBUNATO CONSOLARE
Nonostante tutto nel 388 a.c. Quinto Servilio venne ancora eletto tribuno consolare, stavolta con Tito Quinzio Cincinnato Capitolino, Lucio Giulio Iullo, Lucio Lucrezio Tricipitino Flavo, Lucio Aquilio Corvo e Servio Sulpicio Rufo.
I tribuni per rivalsa contro gli assalitori guidarono i romani in una serie di razzie nei territori degli Equi e in quelli di Tarquinia, dove presero con la forza Cortuosa e Contenebra, che furono saccheggiate.
«Con un secondo esercito, invasero invece il territorio di Tarquinia, dove presero con la forza le città etrusche di Cortuosa e Contenebra. A Cortuosa non vi fu lotta: con un attacco a sorpresa la presero al primo urlo di guerra e al primo assalto, per poi saccheggiarla e quindi darla alle fiamme.»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", VI, 4.)
«Contenebra resse invece l'assedio per alcuni giorni, ma l'incessante impegno armato, giorno e notte, senza alcuna tregua ebbe ragione dei suoi abitanti. Siccome l'esercito romano era stato diviso in sei contingenti ciascuno dei quali combatteva per sei ore a turno mentre gli assediati erano così pochi che toccava sempre agli stessi uomini stremati il cómpito di opporsi a forze sempre fresche, alla fine questi ultimi cedettero, e i Romani furono in grado di irrompere in città»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", VI, 4.)
- Tito Livio - Ab Urbe Condita - V -
TRIBUNI CONSOLARI
I "tribuni militum consulari potestate", cioè i tribuni militari con potestà consolare, o semplicemente i tribuni consolari, aventi quindi i poteri di un console, vennero istituiti durante il cosiddetto "conflitto degli ordini" che nella Repubblica romana iniziò nel 444 a.c. e poi si riaccese dall'anno 398 a.c. al 394 a.c. e dall'anno 391 a.c. fino al 367 a.c.IL CONFLITTO DEGLI ORDINI
Si trattò di uno scontro politico dibattuto e combattuto fra i plebei e i patrizi al tempo della Repubblica, per un principio di equità della plebe che voleva il diritto alle alte cariche governative e alla parità politica.
Ci vollero ben due secoli per raggiungere quel risultato che divenne diritto solo nel 287 a.c. con la lex Hortensia, o lex Hortensia de plebiscitiis. Questa legge imporrà infatti che le deliberazioni prese durante il Concilio della plebe, vincolassero il popolo romano, equiparando così i Plebiscita dei concilia plebis tributa, alle leges rogatae, deliberate dai comitia centuriata.
Per Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso la magistratura dei tribuni consolari fu creata, insieme alla carica di censore, nel "conflitto degli ordini" onde permettere ai plebei l'accesso alle più alte cariche del governo senza riformare la carica di console che il patriziato difendeva come riservata al suo ordine.
IL PRIMO TRIBUNO CONSOLARE PLEBEO
La prima nomina avvenne nel 444 a.c. ma solo nel 400 a.c. venne nominato un plebeo, Publio Licinio Calvo Esquilino, alla magistratura del tribunato consolare.
« tuttavia - solo per esercitare il diritto di cui godevano - non si andò più in là dell'elezione a tribuno militare con poteri consolari di un unico plebeo di nome Publio Licinio Calvo. Gli altri eletti erano patrizi e si trattava di Publio Manlio, Lucio Titinio, Publio Melio, Lucio Furio Medullino e Lucio Publilio Volsco. La plebe stessa si stupì di aver ottenuto un tale successo, non meno dell'eletto in persona, uomo privo in precedenza di cariche, semplice senatore anziano e già piuttosto avanti con gli anni. Non si conosce con certezza il motivo per il quale fosse toccato proprio a lui l'onore di godere per primo dell'ebbrezza di quel nuovo incarico.»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 12.)
La prima nomina avvenne nel 444 a.c. ma solo nel 400 a.c. venne nominato un plebeo, Publio Licinio Calvo Esquilino, alla magistratura del tribunato consolare.
« tuttavia - solo per esercitare il diritto di cui godevano - non si andò più in là dell'elezione a tribuno militare con poteri consolari di un unico plebeo di nome Publio Licinio Calvo. Gli altri eletti erano patrizi e si trattava di Publio Manlio, Lucio Titinio, Publio Melio, Lucio Furio Medullino e Lucio Publilio Volsco. La plebe stessa si stupì di aver ottenuto un tale successo, non meno dell'eletto in persona, uomo privo in precedenza di cariche, semplice senatore anziano e già piuttosto avanti con gli anni. Non si conosce con certezza il motivo per il quale fosse toccato proprio a lui l'onore di godere per primo dell'ebbrezza di quel nuovo incarico.»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 12.)
Publio Licino sarebbe stato eletto, per il suo secondo tribunato militare, nel 396 a.c., se non vi avesse rinunciato a favore del figlio, Publio Licinio Calvo Esquilino.
«Se però con i miei colleghi voi scegliete gli stessi uomini di allora trovandoli ancora migliorati grazie al peso dell'esperienza, in me invece non potrete più avere lo stesso Publio Licinio di una volta perché di quell'uomo adesso sono rimasti solo l'ombra e il nome. Il fisico non ha più forza, vista e udito si sono indeboliti, la memoria vacilla e la lucidità mentale si è affievolita».
«Se però con i miei colleghi voi scegliete gli stessi uomini di allora trovandoli ancora migliorati grazie al peso dell'esperienza, in me invece non potrete più avere lo stesso Publio Licinio di una volta perché di quell'uomo adesso sono rimasti solo l'ombra e il nome. Il fisico non ha più forza, vista e udito si sono indeboliti, la memoria vacilla e la lucidità mentale si è affievolita».
Poi, stringendo a sé il figlio, aggiunse: «Eccovi un giovane che è il perfetto ritratto dell'uomo che tempo fa voi avete voluto fosse il primo plebeo a ricoprire la carica di tribuno militare. Questo giovane che io ho cresciuto secondo i miei princìpi di vita lo offro e lo consacro al paese come mio legittimo sostituto e supplico voi, o Quiriti, affinché affidiate a lui che la richiede e per il quale io aggiungo le mie raccomandazioni questa carica che mi è stata offerta senza che io la sollecitassi»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 18.)
LEGES LICINIAIE SESTIAE
La scelta della forma di governo, consoli o tribuni consolari, di un dato anno, la decideva il popolo al momento delle elezioni, per cui Roma talvolta era guidata da consoli e talvolta dai tribuni consolari, vale a dire scegliendo più le "persone" che i "tipi di carica".
Il numero dei tribuni consolari variò da 3 a 6 ma poiché venivano considerati anche colleghi dei censori, talvolta si parla di "otto tribuni". L'elezione dei tribuni consolari finì nel 367 a.c., con l'approvazione delle leges Liciniae Sextiae, con cui la plebe riuscì ad ottenere l'accesso alla carica di console, regolamentato poi dalla lex Genucia del 342 a.c.
La scelta della forma di governo, consoli o tribuni consolari, di un dato anno, la decideva il popolo al momento delle elezioni, per cui Roma talvolta era guidata da consoli e talvolta dai tribuni consolari, vale a dire scegliendo più le "persone" che i "tipi di carica".
Il numero dei tribuni consolari variò da 3 a 6 ma poiché venivano considerati anche colleghi dei censori, talvolta si parla di "otto tribuni". L'elezione dei tribuni consolari finì nel 367 a.c., con l'approvazione delle leges Liciniae Sextiae, con cui la plebe riuscì ad ottenere l'accesso alla carica di console, regolamentato poi dalla lex Genucia del 342 a.c.
PRIMO TRIBUNATO CONSOLARE
Nel 402 a.c. Quinto Servilio Fidenate venne eletto tribuno consolare con Gaio Servilio Strutto Ahala, Lucio Verginio Tricosto Esquilino, Quinto Sulpicio Camerino Cornuto, Aulo Manlio Vulsone Capitolino e Manio Sergio Fidenate.
Mentre Roma assediava Veio vennero in soccorso della città contingenti di Capenati e Falisci, che attaccarono la zona comandata da Sergio Fidenate, mettendolo subito in difficoltà, anche per l'arrivo di rinforzi veienti.
L'astio tra Sergio Fidenate e Lucio Verginio, che comandava l'accampamento più vicino alle zone del combattimento, causarono la disfatta per l'esercito romano, che vide distrutto l'accampamento dove risiedevano i soldati di Sergio Fidenate.
«L'arroganza di Verginio era pari all'ostinazione di Sergio, il quale, per non dare l'impressione di chiedere aiuto al suo avversario, preferì lasciarsi vincere dal nemico piuttosto che vincere grazie all'intervento di un concittadino. Il massacro dei soldati romani presi nel mezzo durò a lungo.»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 8.)
Allora il Senato decise di anticipare la nomina dei tribuni consolari alle calende di ottobre, invece che alle idi di dicembre, e in quell'anno il presidio armato di Anxur fu sopraffatto dai Volsci. le cose andavano male per Roma.
LUCIO FURIO MEDULLINO |
Nel 398 a.c. Quinto Servilio Fidenate per la sua saggezza, valore e capacità venne eletto nuovamente tribuno consolare con Lucio Valerio Potito, Marco Furio Camillo (il salvatore della patria), Lucio Furio Medullino, Marco Valerio Lactucino Massimo e Quinto Sulpicio Camerino Cornuto.
I romani continuarono nell'assedio di Veio e, sotto il comando di Valerio Potito e Furio Camillo, saccheggiarono Falerii e Capena, alleate degli etruschi. Intanto si alzarono le acque del lago Albano, e venne interrogato l'oracolo di Delfi, anche se un vecchio augure di Veio, aveva vaticiniato:
«i Romani non si sarebbero mai impadroniti di Veio prima che le acque del lago Albano fossero tornate al livello di sempre.»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 15)
TERZO TRIBUNATO CONSOLARE
Nel 395 a.c. Quinto Servilio Fidenate, amato dal popolo e stimato da molti senatori, venne ancora rieletto tribuno consolare con Publio Cornelio Scipione, Cesone Fabio Ambusto, Lucio Furio Medullino, Publio Cornelio Maluginense Cosso e Marco Valerio Lactucino Massimo.
Ai due fratelli, Cornelio Maluginese e Cornelio Scipione, fu affidata la campagna contro i Falisci, che però non portò a risultati definitivi, mentre a Valerio Lactuciono e Quinto Servilio toccò la campagna contro i Capenati, che furono vinti e costretti a chiedere la pace.
In città, dove infuriavano le polemiche sulla suddivisione del bottino ricavato di Veio dell'anno prima, si inasprirono ancor più gli animi per la proposta del tribuno della plebe Veio Tito Sicinio di trasferire parte della popolazione romana a Veio, con la ferma opposizione del senato.
QUARTO TRIBUNATO CONSOLARE
Nel 390 a.c. nuovamente Quinto Servilio venne eletto tribuno consolare, stavolta con Quinto Fabio Ambusto, Cesone Fabio Ambusto, Numerio Fabio Ambusto, Quinto Sulpicio Longo e Publio Cornelio Maluginense.
A Quinto Servilio, e agli altri Tribuni, Tito Livio addossa le maggiori responsabilità della sconfitta romana alla battaglia del fiume Allia, prologo del Sacco di Roma ad opera dei Galli Senoni condotti da Brenno. E Quinto Servilio, insieme agli altri Tribuni consolari, fu tra i più strenui sostenitori della proposta di lasciare Roma per stabilirsi a Veio, dopo che i Galli erano stati sconfitti.
«Dopo averla salvata in tempo di guerra, Camillo salvò di nuovo la propria città quando, in tempo di pace, impedì un'emigrazione in massa a Veio, non ostante i tribuni - ora che Roma era un cumulo di cenere - fossero più che mai accaniti in quest'iniziativa e la plebe la appoggiasse già di per sé in maniera ancora più netta»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 4, 49.)
QUINTO TRIBUNATO CONSOLARE
Nonostante tutto nel 388 a.c. Quinto Servilio venne ancora eletto tribuno consolare, stavolta con Tito Quinzio Cincinnato Capitolino, Lucio Giulio Iullo, Lucio Lucrezio Tricipitino Flavo, Lucio Aquilio Corvo e Servio Sulpicio Rufo.
I tribuni per rivalsa contro gli assalitori guidarono i romani in una serie di razzie nei territori degli Equi e in quelli di Tarquinia, dove presero con la forza Cortuosa e Contenebra, che furono saccheggiate.
«Con un secondo esercito, invasero invece il territorio di Tarquinia, dove presero con la forza le città etrusche di Cortuosa e Contenebra. A Cortuosa non vi fu lotta: con un attacco a sorpresa la presero al primo urlo di guerra e al primo assalto, per poi saccheggiarla e quindi darla alle fiamme.»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", VI, 4.)
«Contenebra resse invece l'assedio per alcuni giorni, ma l'incessante impegno armato, giorno e notte, senza alcuna tregua ebbe ragione dei suoi abitanti. Siccome l'esercito romano era stato diviso in sei contingenti ciascuno dei quali combatteva per sei ore a turno mentre gli assediati erano così pochi che toccava sempre agli stessi uomini stremati il cómpito di opporsi a forze sempre fresche, alla fine questi ultimi cedettero, e i Romani furono in grado di irrompere in città»
(Tito Livio, "Ab Urbe Condita", VI, 4.)
Intanto a Roma i tribuni della plebe volevano discutere sulla suddivisione dell'agro pontino, strappato ai Volsci nell'anno passato.
MARCO FURIO CAMILLO |
SESTO TRIBUNATO CONSOLARE
Ancora due anni dopo, nel 386 a.c. Quinto Seervilio fu eletto tribuno consolare con Marco Furio Camillo, Lucio Orazio Pulvillo, Servio Cornelio Maluginense, Lucio Quinzio Cincinnato Capitolino e Publio Valerio Potito Publicola.
In quell'anno Anzio si rivoltò contro Roma, sostenuta da Latini ed Ernici, il Senato decise allora di affidare le operazioni belliche a Furio Camillo per quanto avanti negli anni, che accettò ma volle con sé il collega Publio Valerio.
Ancora due anni dopo, nel 386 a.c. Quinto Seervilio fu eletto tribuno consolare con Marco Furio Camillo, Lucio Orazio Pulvillo, Servio Cornelio Maluginense, Lucio Quinzio Cincinnato Capitolino e Publio Valerio Potito Publicola.
In quell'anno Anzio si rivoltò contro Roma, sostenuta da Latini ed Ernici, il Senato decise allora di affidare le operazioni belliche a Furio Camillo per quanto avanti negli anni, che accettò ma volle con sé il collega Publio Valerio.
A Quinto Servilio fu affidato il compito di organizzare un esercito da porre nella campagna romana, a difesa della città da possibili attacchi degli Etruschi. Invece Lucio Quinzio ebbe il compito di presidiare le mura cittadine, e Lucio Orazio di organizzare tutto l'approvvigionamento di guerra. Infine a Servio Cornelio venne affidata l'amministrazione della città che egli eseguì con scrupolo ed onore, e non fu pertanto inferiore ai combattenti.
BIBLIO
BIBLIO
- Tito Livio - Ab Urbe Condita - V -
- Eutropii Breviarium - Historia Romana - Bien - 1821 -
- Andrea Giardini - con F. Pesando - Roma caput mundi. Una città tra dominio e integrazione - Milano - Electa - 2013 -
- Antonio de Puente y Franco, José Francisco Díaz - Historia de las leyes, plebiscitos y senadoconsultos más notables des de la fundación de Roma hasta Justiniano - 1840 -
- Antonio de Puente y Franco, José Francisco Díaz - Historia de las leyes, plebiscitos y senadoconsultos más notables des de la fundación de Roma hasta Justiniano - 1840 -
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