SEMNONI (Nemici di Roma)

GERMANIA MAGNA E IMPERO ROMANO

I Semnoni, da non confondere con i Senoni, erano una grande popolazione germanica degli Herminones (dettti anche Suebi o Svevi, un popolo germanico proveniente dall'area del Mar Baltico), di cui Tacito scrisse nella sua Germania che erano numerosi, e occupavano la maggior parte della Germania Magna. « La prosperità dei Semnoni porta a loro autorità. Essi abitano in cento paesi e grazie a questa enorme moltitudine, essi credono di essere la più importante stirpe dei Suebi. » 
(Tacito, De origine et situ Germanorum, XXXIX)   

Erano tribù germaniche stanziate sulle rive dell'Elba, uno dei maggiori fiumi dell'Europa centrale, insieme a Marcomanni, Quadi, Ermunduri e Longobardi. almeno fino al III secolo, confinando a ovest con i Cherusci, a nord con i Longobardi, ad est con i Vandali e a sud con gli Ermunduri. Erano considerati, come rimanda Tacito, i più nobili ed antichi tra le popolazioni dei Suebi.

Le tribù germaniche non avevano una città nè abitazioni collegate, ma vivevano in profonde e oscure foreste, piene di bestie; avevano capanne di legno circondate da uno spazio per il pericolo di incendi. Scavavano grotte sotterranee che riempivano con molto sterco. Non innalzavano templi, poichè adoravano gli dei nei boschi sacri. Era venerato soprattutto Mercurio a cui immollavano anche vittime umane.

Essi erano un insieme di popoli di lingue germaniche simili, nati dalla fusione fra gruppi di origine indoeuropea e gruppi autoctoni di origine paleo-mesolitica e neolitica, provenienti da Scandinavia meridionale, Jutland in Danimarca, Germania settentrionale, che dal I millennio si diffusero occupando un'ampia area dell'Europa centro-settentrionale, dalla Scandinavia all'alto corso del Danubio e dal Reno alla Vistola.

« In un periodo determinato che regolarmente ricorre si raccolgono gli inviati di tutti i popoli congiunti da legami di sangue, in una foresta sacra agli antenati, per antico e religioso terrore.

Qui ne celebravano il rito, con l'uccisione di un uomo in nome della tribù, un rito barbaro e orrendo. Vi è anche un altro modo per celebrare il culto del bosco sacro.

Nessuno vi può entrare se non completamente legato, dimostrando la propria inferiorità e il dominio del nume su di lui. se per caso qualcuno cade, nessuno può aiutarlo a risollevarsi.

Questo rito vuole rappresentare che da là ebbe origine la stirpe, che là regna il dio di tutte le cose, che tutto gli deve obbedienza e ne è suddito. »
(Tacito, De origine et situ Germanorum, XXXIX, 1-4.)

SEMNONI

AUGUSTO

« Allargai i confini di tutte le province del popolo romano, con le quali erano confinanti popolazioni che non erano sottoposte al nostro potere. Pacificai le provincie delle Gallie e delle Spagne, come anche la Germania nel tratto che confina con l'Oceano, da Cadice alla foce del fiume Elba. La mia flotta navigò l'Oceano dalla foce del Reno verso le regioni orientali fino al territorio dei Cimbri, dove né per terra né per mare giunse alcun romano prima di allora, e i Cimbri e i Caridi e i Sennoni e altri popoli germani della medesima regione chiesero per mezzo di ambasciatori l'amicizia mia e del popolo romano. »
(Augusto, Res gestae divi Augusti, 26.)

« La Germania intera fu attraversata dai nostri eserciti. Furono vinti popoli di cui si conosceva a mala pena il nome, vennero nuovamente sottomesse le tribù dei Cauci. Furono vinti i Longobardi, gente addirittura più feroce della ferocia germanica. Da ultimo l'esercito romano con le insegne fu condotto a 400 miglia dal Reno, fino al fiume Elba, che scorre tra le terre dei Semnoni e degli Ermunduri. »
(Velleio Patercolo, Storia di Roma, II, 106.)

Dopo un ventennio di campagne militari in Germania, Augusto, occupati nell'anno 6 tutti i territori compresi tra il Reno e l'Elba, escluso la Boemia dei Marcomanni, venne in contatto con i Semnoni, che si trovavano ad est dell'Elba. La sconfitta del 9 nella foresta di Teutoburgo, dove persero la vita per un tradimento ben tre legioni romane a opera di Arminio, costrinsero Augusto a riportare i confini imperiali sul Reno, più a ovest. I Semnoni si salvarono così dall'occupazione dell'Impero romano.


TIBERIO

Pochi anni più tardi, nel 18, Arminio, principe dei Cherusci, dopo aver raccolto sotto il suo comando molte tribù germaniche (Longobardi, i Semnoni e altre tribù suebiche del regno di Maroboduo), mosse guerra ai Marcomanni. Lo scontro tra le due fazioni avvenne nel 18 o 19, e ce lo descrive Tacito:

ALTARE DI AUGUSTA
«  In nessun altro luogo mai avvenne scontro tra forze di maggior mole, né più incerto fu l'esito. Da entrambe le parti, sbaragliata l'ala destra, la battaglia si sarebbe forse combattuta di nuovo se Maroboduo non avesse posto l'accampamento in alto sui colli. Questo fu il segnale della sua disgrazia. Sguarnito l'esercito lentamente, a causa delle diserzioni continue, egli dovette rifugiarsi presso i Marcomanni, e mandò a Tiberio ambasciatori per chiedere l'intervento romano. »
(Tacito, Annales, II, 46)

Ma Tiberio decise di non intervenire presso i germani, e i Semnoni rimasero all'interno della coalizione di Arminio, fino a quando questi non fu ucciso da una congiura nel 21. All'epoca di Tacito il popolo dei Semnoni si trovava ad est del medio corso del fiume Elba attorno al 50, durante l'Impero di Claudio.

(L'altare di Augusta è un altare romano eretto nel 260/261 ad Augusta Vindelicum, capitale della provincia romana della Rezia, per commemorare la vittoria romana dell'Impero delle Gallie su Semnoni e Iutungi. Fu scoperto nell'agosto 1992 ad Augusta ed è conservato all'Alamannenmuseum Ellwangen)



DOMIZIANO

Poco prima dell'inizio della seconda fase della guerra suebo-sarmatica del 92, sembra che Domiziano abbia tentato di isolare le due tribù suebe di Quadi e Marcomanni, cercando nuove alleanze nelle vicine popolazioni germaniche settentrionali di Lugi e Semnoni.

« Masio, re dei Semnoni, e Ganna, una vergine sacerdotessa che in Germania succeduta a Velleda), si presentarono a Domiziano, e dopo aver ricevuti gli onori da parte dell'imperatore, ripartirono »
(Dione Cassio, LXVII 5, 3). Ciò però provocò la reazione dei Quadi, i quali a loro volta cercarono alleanze con i vicini Sarmati Iazigi, tanto da prepararsi ad attraversare il Danubio ghiacciato al principio del 92.

INVASIONI DEL III SECOLO (Di Cristiano64 - Wikipedia)


MARCO AURELIO

La guerra di fine II secolo contro l'Impero romano da parte di una coalizione militare di una decina di popolazioni germaniche e sarmatiche (dai Marcomanni della Moravia, ai Quadi della Slovacchia, alle popolazioni vandaliche dell'area carpatica, agli Iazigi della piana del Tisza, fino ai Buri di stirpe suebica del Banato), fu dovuta ad agitazioni interne e alle migrazioni di popoli per l'aumento della popolazione nell'antica Germania, per giunta attratti dalle ricchezze e dagli agi del mondo romano.

Nel 166/167, avvenne il primo scontro lungo le frontiere della Pannonia ad opera di poche bande di predoni longobardi e osii, che, grazie al pronto intervento delle truppe di confine, furono prontamente respinte. La pace stipulata con le limitrofe popolazioni germaniche a nord del Danubio furono gestite direttamente da Marco Aurelio e Lucio Vero, recatisi fino nella lontana Carnuntum nel 168. 

La morte prematura del fratello Lucio nel 169, e il venir meno ai patti da parte dei barbari, portò una massa gigantesca a riversarsi in modo devastante nell'Italia settentrionale fin sotto le mura di Aquileia, il cuore della Venetia, era dai tempi di Mario che una popolazione barbara non assediava dei centri del nord Italia.

Marco Aurelio combatté una lunga ed estenuante guerra contro le popolazioni barbariche, prima respingendole e "ripulendo" i territori della Gallia cisalpina, Norico e Rezia nel 170-171, poi contrattaccando in territorio germanico, fino al 175. L' imperatore dovette risiedere per numerosi anni lungo il fronte pannonico, senza mai far ritorno a Roma. 

L'apparente tregua sottoscritta con queste popolazioni, in particolare Marcomanni, Quadi e Iazigi durò però solo un paio d'anni. Alla fine del 178 Marco Aurelio fu costretto a fare ritorno nel castra di Brigetio da dove, fu condotta l'ultima campagna nella primavera successiva del 179. 

« I Quadi essendo poco disposti a sopportare la presenza di forti romani costruiti nel loro territorio tentarono di migrare tutti insieme verso le terre dei Semnoni. Ma Marco Aurelio Antonino che ebbe queste informazioni in anticipo della loro intenzione di partire per altri territori, decise di chiudere loro tutte le vie di fuga, impedendone la loro partenza. »
(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXII)

La successiva morte dell'imperatore romano nel 180 pose fine ai piani espansionistici romani ed alle preoccupazioni degli stessi Semnoni, che con l'occupazione dei Marcomanni da parte di Marco si sarebbero trovati "vicini" ad un impero così potente, a rischio di essere anch'essi inglobati.

GERMANI

LE INVASIONI DEL III SECOLO

Negli anni 258-260 iniziarono le invasioni in Occidente di Franchi, Alamanni (tra cui i Semnoni), Marcomanni, Quadi, Iazigi e Roxolani. Alcune tribù dei Semnoni, andarono a costituirsi nel nucleo originario della federazione di tribù nota come Alemanni (o Alamanni), insieme alle tribù di Catti, Ermunduri, Naristi e Iutungi, in parte andandosi a stanziare fino alla valle del Neckar, dopo l'abbandono degli Agri decumates da parte dei Romani (260 circa).

Nel 260 i territori che formavano una rientranza tra Reno e Danubio, a sud del limes germano-retico, detto Agri decumates, furono abbandonati a vantaggio delle popolazioni sveve degli Alamanni, tra cui parte degli stessi Semnoni. A quest'anno sembra appartengano i segni di distruzione lungo i Limes a Kempten, Bregenz, Grenoble e Losanna e la riapertura della fortezza legionaria di Vindonissa e dei forti ausiliari di Augusta Raurica, Castrum Rauracense e la moderna Basilea. 

Un'iscrizione rinvenuta ad Augusta Vindelicorum ricorda una vittoria romana contro le genti germaniche di Semnoni e Iutungi, nell'anno in cui Postumo era già Augusto e console insieme ad un certo Honoratiano.



V E VI SECOLO

Furono secoli spaventosi per i romani, mentre una parte dei Semnoni era confluita nella federazione degli Alemanni, altri si unirono alle popolazioni suebiche che nel V secolo, insieme a Vandali ed Alani, sfondando la frontiera romana a Magonza e da lì invadere la Gallia. Una parte dei Suebi, chiamati Suebi del nord, sono menzionati nel 569 sotto il re franco Siegbert I, nell'attuale Sassonia-Anhalt. I Suebi, alleati a Sassoni e Longobardi, sono menzionati anche in Italia nel 573.

Mentre i Vandali e gli Alani si scontravano con i Franchi alleati di Roma per il dominio sulla Gallia, i Suebi di re Ermerico si diressero a sud, traversando i Pirenei e il paese dei Baschi, e penetrarono in Spagna, che era fuori dal controllo imperiale sin dal tempo della ribellione di Geronzio e Massimo nel 409, devastando per due anni le province occidentali e meridionali. Successivamente i conquistatori che erano non più di 30.000, ottennero da Roma lo status di foederati, in cambio del giuramento di fedeltà all'imperatore Onorio nel 410.

Nel 411, l'imperatore assegnò loro delle terre a sorteggio; ai Suebi e ai Vandali asdingi toccò la Gallaecia, regione nord-occidentale della penisola iberica, ai Vandali silingi la Betica ed agli Alani, la fazione più numerosa, la Lusitania e la Chartaginensis (con capitale Cartagena). Insieme alla provincia autonoma della Britannia, il reame dei Suebi in Galizia fu il primo dei sub-regni romani che si formarono dalla disintegrazione dell'Impero Romano d'Occidente e fu il primo ad avere una propria zecca.

Del mondo dell'Impero Romano che aveva insegnato la civiltà al mondo era rimasto molto poco, Molto venne distrutto e sepolto, l'amor di patria, il culto degli Dei e il gusto dell'arte vennero lentamente sepolti nel rigore religioso e nella barbarie.


BIBLIO

- Dione Cassio - Storia romana -
- Strabone - Geografia - 
- Tacito - De origine et situ Germanorum - 
- Tacito - Annales -
- Tolomeo - Geografia -
- Velleio Patercolo - Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo -
- Brian W.Jones - The emperor Domitian - Londra e New York - 1993 -
- Fischer-Fabian, S. - I Germani - Milano - Garzanti - 1985 -

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