« Quando divampò questo immane conflitto i romani attraversavano un periodo di difficoltà, mentre il partito rivoluzionario dei giudei era allora al culmine delle forze e dei mezzi e approfittò di quel momento di confusione per insorgere, sì che per la gravità degli sconvolgimenti la situazione in Oriente destò negli uni speranza di acquisti, negli altri timore di perdite. »
(Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica, I, 4, 2)
LA SITUAZIONE
Poco dopo lo scoppio della rivolta giudaica, nel 67, Vespasiano assediò la quasi inespugnabile fortezza di Iotapata, dove si era rinchiuso Giuseppe, divenuto poi Flavio. I romani costruirono un terrapieno e tormentarono con ben 160 macchine d’assedio (per questo chiamate tormenta) i difensori.
«... tra gli uomini che si trovavano sulle mura attorno a Giuseppe un colpo staccò la testa facendola cadere lontano tre stadi. All’alba di quel giorno una donna incinta, appena uscita di casa, fu colpita al ventre e il suo piccolo venne scaraventato a distanza di mezzo stadio, tanto era la potenza della balista. Tutto il settore delle mura, dinanzi al quale si combatteva, era intriso di sangue, e lo si poteva scavalcare attraverso una scalata sui cadaveri. »
L’operato dei romani in Giudea era stato pessimo, tanto da far dire a Tacito che “ la capacità di sopportazione dei giudei non andò oltre il periodo in cui fu procuratore Gessio Floro ”. Fu proprio sotto di lui che scoppiò la rivolta, nel 66 d.c., dopo altre avvisaglie (come quando Caligola cercò stupidamente di installare i suoi ritratti nel tempio).
L’obbligo dei tributi, i sacrifici all’imperatore, il presidio romano, l’investitura del sommo sacerdote, l’amministrazione della giustizia data in ultima istanza al governatore romano, le sopraffazioni, la violazione dei precetti, nonostante l'edificazioni dei monumenti e i nuovi commerci instaurati, portarono la popolazione, e specialmente la frangia dei zeloti, a fomentare prima e poi far scaturire la ribellione.
Nel maggio del 66 Gessio Floro confiscò parte del tesoro del tempio come contributo alla tassazione romana, provocando la ribellione di tutta la Giudea, nonostante i tentativi di riconciliazione di alcuni giudei come quello dello stesso re Agrippa II.
«... tra gli uomini che si trovavano sulle mura attorno a Giuseppe un colpo staccò la testa facendola cadere lontano tre stadi. All’alba di quel giorno una donna incinta, appena uscita di casa, fu colpita al ventre e il suo piccolo venne scaraventato a distanza di mezzo stadio, tanto era la potenza della balista. Tutto il settore delle mura, dinanzi al quale si combatteva, era intriso di sangue, e lo si poteva scavalcare attraverso una scalata sui cadaveri. »
(Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica, III, 7.22, 245-249)
IL TEMPIO DI GERUSALEMME CON LA FORTEZZA ANTONIA CERCHIATA IN ROSSO |
Infine i romani apriranno una breccia nelle mura e le assalteranno da più parti con le scale, incontrando una strenua resistenza. Dopo diversi anni di duri conflitti i romani riuscirono a cingere d’assedio Gerusalemme. Le operazioni erano guidate da Tito, mentre il padre Vespasiano si era recato ad Alessandria per seguire gli sviluppi della guerra civile (infatti gli eserciti orientali e danubiani marciavano verso l’Italia).
Sarà Tito, seguendo le indicazioni di un disertore, a guidare una incursione notturna che permise alle legioni di penetrare in città. I romani, provati dai duri scontri, si daranno a un massacro, mentre Giuseppe, nascosto in una grotta, si salverà dal suicidio collettivo con l’inganno, dandosi poi a Vespasiano cui avrebbe predetto l’impero, ricevendo poi da lui la cittadinanza e il nome di Flavio. Grazie alla sua sopravvivenza conosciamo molti degli eventi bellici della guerra.
I romani riuscirono a prendere l’Antonia (dove prima della guerra risiedeva la guarnigione romana), ma non riuscivano ad avanzare ulteriormente nel piazzale sottostante, che portava al tempio (difeso strenuamente). Fu allora che intervenne il centurione Giuliano.
IL CENTURIONE GIULIANO
Il centurione Giuliano (... – Gerusalemme, 70) è stato un militare romano, al servizio dell'esercito romano come centurione, caduto valorosamente durante l'assedio di Gerusalemme del 70 d.c.. I romani avevano riconquistato la fortezza Antonia, un edificio che sorgeva presso il lato settentrionale del tempio di Gerusalemme, sede della guarnigione romana che controllava la città, e stavano combattendo nei pressi del Tempio di Gerusalemme.
Giuseppe Flavio racconta di un ausiliario che si offrì per primo di scalare la torre Antonia durante l’assedio di Gerusalemme:
Per questi motivi essi affrontano le battaglie con la massima calma; nessun panico li fa uscire dai ranghi, nessuna paura li vince, nessuna fatica li affligge, portandoli così, sempre, ad una vittoria sicura contro i nemici. Non si sbaglierebbe chi chiamasse le loro manovre, battaglie senza spargimento di sangue e le loro battaglie esercitazioni sanguinarie. »
(Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica, III, 5.1.71-75)
L'imperatore Tito venne definito da Svetonio "amore e delizia del genere umano", e Tacito "felice nella sua brevità". Fu da tutti giudicato un buon Imperatore. Tito nacque nel 41, e fu educato da Britannico cui lo legava un'amicizia profonda.
I giudei stavano avendo ragione dei legionari che rischiavano di perdere la posizione. Giuliano, centurione di origine italica e proveniente dalla Bitinia (Asia Minore), di robusta corporatura e di grande forza fisica, scese dalla fortezza, lanciandosi tra gli avversari con scudo e gladio.
Di slancio attaccò i nemici, uccidendo tutti coloro che si ponevano sul suo cammino. Molti giudei osservando la scena scappavano terrorizzati. Anche il generale Tito si fermò a guardarlo colpito da tanta forza e tanta audacia.
Tuttavia mentre combatteva inciampò sul terreno scivoloso e cadde, presto se ne accorsero i fuggitivi e tornarono indietro. Flavio Giuseppe narra che era seduto sul terreno e che protetto ancora dalla sua armatura continuava a uccidere nemici:
« Il centurione Giuliano grande esperto nell’uso delle armi, con una prestanza fisica ed una forza d’animo superiore a tutti quelli che io conobbi nel corso di questa guerra, vedendo che i Romani stavano ormai cedendo e opponevano una resistenza sempre più debole, trovandosi sull’Antonia al seguito di Tito, saltò giù e da solo respinse i Giudei che stavano avendo la meglio fino all’angolo del piazzale interno.
Davanti a lui tutti scappavano, poiché appariva come un uomo di forza e coraggio superiori. Mentre i nemici fuggivano in ogni direzione, uccideva tutti quelli che raggiungeva, sotto lo sguardo ammirato di Tito Cesare e il terrore dei Giudei.
Egli come gli altri soldati aveva i sandali con sotto numerosi chiodi e, mentre correva, scivolò sul pavimento e cadde con un gran rumore dell’armatura, tanto che gli avversari ormai in fuga, si voltarono indietro a guardare. Si alzò dall’Antonia un urlo dei Romani, in ansia per la sua sorte, mentre i Giudei lo circondarono e lo colpirono da ogni parte con lance e spade.
Egli riuscì a ripararsi da molti colpi con lo scudo e più volte cercò di rimettersi in piedi, ma non vi riuscì poiché gli assalitori erano troppo numerosi, e pur rimanendo disteso riuscì a ferirne molti con la sua spada. Ci volle non poco tempo per ucciderlo, poiché aveva tutti i punti vitali difesi da elmo, corazza e teneva il collo incassato fra le spalle. Alla fine con tutte le membra amputate, e senza che nessuno provasse ad aiutarlo, morì. »
(Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica, VI, 1.8.83-88)
I LEGIONARI ROMANI
« I romani riguardo alla loro organizzazione militare, essi hanno questo grande impero come premio del loro valore, non come dono della fortuna. Non è infatti la guerra che li inizia alle armi e neppure solo nel momento del bisogno che essi la conducono, al contrario vivono quasi fossero nati con le armi in mano, poiché non interrompono mai l’addestramento, né stanno ad attendere di essere attaccati. Le loro manovre si svolgono con un impegno pari ad un vero combattimento, tanto che ogni giorno tutti i soldati si esercitano con il massimo dell’ardore, come se fossero in guerra costantemente.
(Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica, III, 5.1.71-75)
IMPERATORE TITO |
L'IMPERATORE
Tito rimase impressionato per questo gesto di estremo coraggio, osservando a quale fine orribile fosse andato incontro il suo centurione, massacrato sotto gli occhi di tanti suoi compagni d'arme. Avrebbe voluto accorrere in sua difesa, ma da dove si trovava non ne ebbe la possibilità. Così Giuliano lasciò grandissima fama di sé non solo presso i Romani e Tito, ma anche presso il nemico, che s'impadronì delle sue spoglie e riuscì a respingere i Romani fin dentro l'Antonia.
Tito rimase impressionato per questo gesto di estremo coraggio, osservando a quale fine orribile fosse andato incontro il suo centurione, massacrato sotto gli occhi di tanti suoi compagni d'arme. Avrebbe voluto accorrere in sua difesa, ma da dove si trovava non ne ebbe la possibilità. Così Giuliano lasciò grandissima fama di sé non solo presso i Romani e Tito, ma anche presso il nemico, che s'impadronì delle sue spoglie e riuscì a respingere i Romani fin dentro l'Antonia.
I SEGNI DEL DESTINO
La sua morte non fu però vana. I romani riuscirono ad arrivare al tempio, ultimo baluardo di resistenza. Il 7 settembre del 70 cadeva il palazzo di Erode a Gerusalemme: Tito completava la conquista della città. Presa dopo un lungo assedio, con gli assediati che furono costretti anche ad atti di cannibalismo per sopravvivere, vide anche la distruzione del Tempio, incendiato accidentalmente durante gli scontri, e da cui i romani cercarono di recuperare tutti i tesori possibili prima che crollasse.
La sua morte non fu però vana. I romani riuscirono ad arrivare al tempio, ultimo baluardo di resistenza. Il 7 settembre del 70 cadeva il palazzo di Erode a Gerusalemme: Tito completava la conquista della città. Presa dopo un lungo assedio, con gli assediati che furono costretti anche ad atti di cannibalismo per sopravvivere, vide anche la distruzione del Tempio, incendiato accidentalmente durante gli scontri, e da cui i romani cercarono di recuperare tutti i tesori possibili prima che crollasse.
« Quasi fossero stati frastornati dal tuono e accecati negli occhi e nella mente, non compresero gli ammonimenti del Dio, come quando sulla città apparvero un astro a forma di spada e una cometa che durò un anno, o come quando, prima che scoppiassero la ribellione e la guerra, essendosi il popolo radunato per la festa degli Azzimi nell’ottavo giorno del mese di Xanthico (marzo), all’ora nona della notte l’altare e il tempio furono circonfusi da un tale splendore, che sembrava di essere in pieno giorno, e il fenomeno durò per mezz’ora: agli inesperti sembrò di buon augurio, ma dai sacri scribi fu subito interpretato in conformità di ciò che accadde dopo.
Durante la stessa festa, una vacca che un tale menava al sacrificio partorì un agnello in mezzo al sacro recinto; inoltre, la porta orientale del tempio, quella che era di bronzo e assai massiccia, sì che la sera a fatica venti uomini riuscivano a chiuderla, e veniva sprangata con sbarre legate in ferro e aveva dei paletti che si conficcavano assai profondamente nella soglia costituita da un blocco tutto d’un pezzo, all’ora sesta della notte fu vista aprirsi da sola. Le guardie del santuario corsero a informare il comandante, che salì al tempio e a stento riuscì a farla richiudere. »
(Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica, VI, 288-294)
Flavio Giuseppe aggiunge che il futuro imperatore rimase profondamente commosso quando dalla torre vide morire colui che un attimo prima era al suo fianco. Il centurione Giuliano, come Sabino il Siriano, entrò nei Campi Elisi degli eroi, cadendo con orgoglio e onore non solo davanti ai suoi compagni, ma anche di fronte ai nemici.
« [Tito] diede ordine a chi era preposto a farlo, di leggere i nomi di tutti quelli che avevano compiuto particolari gesti di valore durante la guerra. E quando questi si facevano avanti, egli, chiamandoli per nome, li elogiava, si congratulava con loro delle imprese compiute quasi fossero le proprie, li incoronava con corone d’oro, distribuiva poi collane d’oro e piccole lance d’oro e vessilli d’argento. A ciascuno poi concesse di essere promosso al grado superiore. Distribuì anche dal bottino una grande quantità di argento, oro, vesti e altri oggetti.
Quando tutti furono ricompensati Tito scese tra grandi acclamazioni e si recò a compiere i classici e rituali sacrifici per la vittoria. Presso gli altari vi era un gran numero di buoi ed egli, dopo averli sacrificati, li distribuì all’esercito affinché banchettasse. Passò poi con i suoi generali a festeggiare per tre giorni. »
(Giuseppe Flavio, La Guerra Giudaica, VII, 1.3.13-17)
- Giuseppe Flavio - La Guerra Giudaica - III IV -
- Giulio Firpo - Le rivolte giudaiche - Bari - Laterza - 1999 -
- Giovanni Brizzi - 70 d.c. La conquista di Gerusalemme - Roma-Bari - Laterza - 2015 -
- Martin Goodman - Roma e Gerusalemme. Lo scontro delle civiltà antiche - Roma-Bari - Editori Laterza - 2009 -
- Francesco Angiolini - Delle opere di Giuseppe Flavio dall'originale greco tradotte e illustrate con note dall'abate Francesco Angiolini Piacentino - Tomo I - Volume VI - 1792 -
- Jean-Baptiste-Louis Crevier - Storia degl'imperatori romani da Augusto sino a Costantino del signor Crevier professore di retorica nel collegio di Beauvais - Tomo I - Volume XVI -
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